Bio e Natura
Non un'arte nè una tecnica. Ecco quando i sensi possono diventare una scienza
Dal controllo qualità alla valutazione del profilo emozionale dei prodotti alimentari come conseguenza del profilo sensoriale e dell’immagine percepita dei prodotti. Il successo sul mercato di un alimento non si misura ma si valuta
01 giugno 2013 | Erminio Monteleone
L’apprezzamento delle proprietà sensoriali condiziona il successo e la scelta di un prodotto alimentare. Appare pertanto del tutto scontato l’interesse per la valutazione di queste proprietà al fine di utilizzare le informazioni derivate per innovare, ottimizzare e controllare la qualità sensoriale di un prodotto. Occorre quindi disporre di metodi adeguati per stimare l’effetto di materie prime e condizioni di processo sul profilo sensoriale potenzialmente percepibile al consumo ed inoltre stimare l’effetto della variabilità sensoriale sui responsi affettivi (per esempio sul gradimento) espressi dai consumatori.
Le scienze sensoriali individuano il campo di ricerca fondato sulla raccolta e l’analisi di responsi sensoriali ed affettivi ai prodotti alimentari (tabella 1). Esse acquisiscono domande di ricerca dalle scienze e tecnologie alimentari e forniscono risposte utilizzando un approccio interdisciplinare, che spazia dalla chimica molecolare alla psicologia cognitiva come riassunto. La definizione di metodi che permettono di descrivere e quantificare le proprietà sensoriali di un prodotto permette infatti di studiare la relazione tra dati sensoriali e dati di composizione chimico-fisica del prodotto, così come di capire il peso delle differenze sensoriali tra i prodotti nel determinare la preferenza da parte di segmenti di individui con specifiche caratteristiche socio-economiche, socio-cognitive ed attitudinali.
Si usa distinguere i metodi di valutazione sensoriale in “affettivi” e “analitici”. In tabella 2 sono riportati i principali metodi e test di valutazione sensoriale dei prodotti. I primi si utilizzano per esaminare le reazioni, in termini di gradimento o preferenza, dei soggetti verso i prodotti valutati. In questi test, differentemente dai metodi analitici, l’attenzione è tutta spostata sui soggetti e sulle differenze individuali tra essi, allo scopo di stimare le possibilità di successo di un prodotto per le sue proprietà sensoriali. I secondi, i test analitici, si applicano invece con l’obiettivo di studiare le differenze percepibili tra più prodotti della stessa tipologia anche attraverso la definizione del loro profilo sensoriale mediante il ricorso a metodi descrittivi.
Nei test descrittivi l’interesse è tutto rivolto alle proprietà del prodotto, limitando o tenendo sottocontrollo le differenze individuali tra i soggetti che partecipano alle valutazioni. Nella descrizione sensoriale di un prodotto, esperienza e addestramento predispongono ad un’attenzione selettiva verso specifiche sensazioni attraverso un processo di scomposizione della complessità sensoriale percepita. Al contrario, la valutazione di un prodotto al momento del consumo è un processo di sintesi, cioè di riduzione della complessità ad un unico. Questa differenza spiega perché è inappropriato far esprimere un giudizio di preferenza a soggetti addestrati a descrivere le proprietà sensoriali di un prodotto, come pure chiedere ad un consumatore di valutare le differenze tra due o più prodotti in termini di puntuali proprietà sensoriali.
Il profilo sensoriale di un prodotto alimentare, ottenuto grazie all’analisi descrittiva, viene elaborato sulla base della descrizione e quantificazione, in termini di intensità, delle proprietà relative all’aspetto, l’odore, il flavour e alla consistenza.
Una delle ragioni più diffuse per disporre del profilo di un prodotto è la verifica della conformità ad uno standard dato, come avviene nel controllo qualità. Risponde a questo scopo anche la valutazione del profilo al fine di stabilire la conformità di un prodotto a norme volontarie (es. prodotti a Denominazione di Origine Protetta) o ad una norma cogente (olio di oliva). È necessario però rimarcare che la descrizione del profilo sensoriale è necessaria anche ad altri scopi che sono stati riassunti nella tabella 3. Questo elenco è sufficiente a mettere in evidenza che le valutazioni sensoriali rappresentano l’elemento di continuità tra due dimensioni altrimenti scollegate: quella della produzione (tradizionalmente campo di indagine delle scienze naturali) e quella delle persone (campo di indagine delle scienze umane e della psicologia cognitiva). Per questa sua natura la raccolta delle informazioni sulle proprietà sensoriali di un prodotto non è sostituibile da nessun altro approccio o metodo.
Considerata l’utilità delle valutazioni sensoriali, va segnalato che nessuno degli obiettivi indicati può essere raggiunto se i dati non sono raccolti controllando i fattori che ne limitano la validità. A questo riguardo si rimanda alla letteratura specializzata ed a coloro che si approcciano non da tecnici al problema suggeriamo la lettura dell’Atlante Sensoriale dei Prodotti Alimentari (Milano, Tecniche Nuove, 2013) curato dalla Società Italiana di Scienze Sensoriali.
Nel corso degli ultimi venti anni le scienze sensoriali hanno conosciuto un grande sviluppo segnato dalla definizione di molti metodi, approcci ed interessi nuovi. Non vi è dubbio che uno degli strumenti più utilizzati negli studi “sensoriali” sia costituito dalle mappe percettive. Si tratta di rappresentazioni grafiche, generalmente bidimensionali, che mostrano le relazioni di similitudine e differenza tra un determinato numero di prodotti. Esse sono ottenute sottoponendo i dati relativi al profilo sensoriale dei prodotti oggetto di studio a diverse tecniche statistiche multivariate, tra cui la più comunemente utilizzata è l’analisi delle componenti principali (PCA). Queste tecniche permettono di individuare le principali differenze tra i prodotti e di stabilire a quali specifiche proprietà sensoriali sono dovute. Per questa caratteristica le mappe sono considerate efficaci strumenti di indagine. In figura 1 è riportato un esempio di mappa percettiva riferita ad 11 campioni di vini monovarietali. Le differenze e le similitudini tra i prodotti sono facilmente interpretabili: più i prodotti sono simili per le loro proprietà sensoriali e più sono vicini sulla mappa, al contrario prodotti molto diversi tra loro sono collocati in punti distanti della mappa. Inoltre possono essere proiettati sul piano i vettori corrispondenti ai descrittori sensoriali che contribuiscono a spiegare le differenze tra i prodotti, permettendo così di interpretare le direzioni lungo la mappa.
Risulta facile comprendere che le mappe percettive possono essere usate per diversi e importanti scopi. Possono essere utilizzate a fini esplorativi per formulare delle ipotesi o anche per confermare ipotesi precedentemente formulate. Esse sono uno strumento indispensabile per studiare efficacemente le relazioni tra dati del profilo sensoriale e caratteristiche chimico-fisiche dei prodotti o dati di preferenza dei consumatori. Più in dettaglio possono essere impiegate per:
- comparare un prodotto con quelli concorrenti;
- evidenziare l’effetto di modifiche della composizione di un prodotto;
- definire in quale direzione modificare le proprietà sensoriali di un prodotto;
- selezionare i prodotti su cui condurre test affettivi con i consumatori.
Nel campo dei metodi utili a “mappare” similitudini e differenze tra prodotti per le proprietà sensoriali, all’analisi descrittiva, metodo centrale e fondamentale, si sono affiancati metodi rapidi e meno costosi e pertanto utili per raggiungere importanti obiettivi in condizioni di limitate risorse economiche, disponibilità di tempo e quantità di campione. Questi metodi (tabella 4) differiscono dall’analisi descrittiva convenzionale in quanto non richiedono una fase di generazione di un vocabolario descrittivo condiviso tra i componenti di un panel di valutazione e non prevedono una fase di calibrazione per la valutazione dell’intensità delle sensazioni che descrivono il profilo di una determinata tipologia di prodotto. Essi si basano su valutazioni individuali dei componenti del panel affidando al ricorso a metodi di analisi multivariata la ricerca di un consenso espresso sottoforma di mappa percettiva.
I metodi rapidi si basano sulla valutazione “olistica” delle similitudini complessive tra i prodotti (ad esempio sorting e projective mapping o napping) oppure sulla valutazione di specifiche proprietà sensoriali, lasciando ad ogni componente del panel la libertà di utilizzare un proprio vocabolario descrittivo.
Ovviamente i metodi rapidi sono applicabili per un numero di obiettivi limitato rispetto all’analisi descrittiva.
Tra i metodi analitici più recenti merita di essere citato il Temporal Dominance of Sensations. Questo metodo consente di visualizzare le curve di frequenza di dominanza delle sensazioni che descrivono un prodotto, cioè le curve che descrivono la frequenza con cui, istante per istante, per un tempo paragonabile a quello del reale consumo del prodotto, una sensazione è percepita come prevalente tra i soggetti costituenti il panel di valutazione. In figura 2 è riportata la rappresentazione grafica delle curve TDS di un olio. Appare evidente la potenzialità di questo metodo per descrivere il potenziale “impatto” sensoriale di un prodotto così come la funzionalità di un ingrediente in una ricetta o preparazione alimentare. Non a caso il TDS è stato di recente applicato per lo studio dell’effetto della combinazione di oli a diverse matrici alimentari (Dinnella et al. 2012).
Ma è nel campo della raccolta dei responsi affettivi dei consumatori verso i prodotti alimentari che negli ultimi venti anni si è espressa a pieno l’evoluzione delle scienze sensoriali. Il passaggio dall’analisi dei punteggi medi di un prodotto all’analisi delle differenze individuali di gradimento dei consumatori verso prodotti diversi per proprietà sensoriali ha segnato, a metà degli anni ‘90, l’avvio dei cosiddetti studi di sensory & consumer science. Da allora l’approccio fondamentale per l’ottimizzazione e l’innovazione di prodotto, centrato sull’utilizzo delle mappe di preferenza, si è consolidato nelle azioni riportate nello schema di figura 3.
Le mappe di preferenza sono ancora una volta di una mappa percettiva (figura 4), ottenuta in base ai punteggi di gradimento dei consumatori. La posizione dei prodotti indica similitudini e differenze di gradimento tra gli stessi, mentre il posizionamento dei consumatori sulla mappa consente di identificare per ogni soggetto la direzione di massimo gradimento e di individuare cluster di soggetti caratterizzati dallo stesso orientamento nell’espressione del gradimento.
La possibilità di segmentare i consumatori per gradimento ha spinto l’interesse a investigare gli elementi che condizionano le differenze identificate. Si è passati così dalla raccolte delle classiche informazioni socio-demografiche all’uso di scale “socio-cognitive” e di valutazione di tratti psicologici ed attitudinali di derivazione della consumer science (tabella 5).
La disponibilità di questi strumenti ha fatto sì che negli studi di gradimento dei prodotti si passasse dall’analisi del solo effetto della variabilità sensoriale testata in condizioni di laboratorio, all’investigazione dell’effetto sul gradimento delle informazioni circa la natura dei campioni (origine, marchi, carattere biologico della produzione ecc.) o del contesto di consumo.
Dall’inizio dell’attuale decennio emerge inoltre un nuovo interesse nel campo delle valutazioni sensoriali. La valutazione del profilo emozionale dei prodotti alimentari come conseguenza del profilo sensoriale e dell’immagine percepita dei prodotti. Questi recenti studi sono destinati a rappresentare la nuova frontiera nell’analisi delle prestazioni dei prodotti alimentari e a diventare la cerniera di comunicazione tra il marketing e la produzione nel processo di innovazione dei prodotti. In figura 5 è riportato, a titolo di esempio il profilo sensoriale di una crema spalmabile al cioccolato ed il profilo emozionale associato.
Come riportato in una recente review (Tuorila & Monteleone, 2009), grazie alla grande evoluzione degli ultimi anni, le scienze sensoriali sono in grado di fornire un valido apporto nell’affrontare molte problematiche legate alla produzione e al consumo dei prodotti alimentari con importanti ricadute economiche e sociali.
Infine, allo scopo di fornire un esempio del possibile contributo delle scienze sensoriali alla valorizzazione della qualità degli oli extra vergini, in tabella 6 si riportano alcuni obiettivi di interesse per il settore e gli strumenti utilizzati dalle scienze sensoriali per raggiungerli.
Bibliografia
Dinnella, C., Masi, C., Zoboli, G., Monteleone, E. (2012). Sensory functionality of extra-virgin olive oil in vegetable foods assessed by Temporal Dominance of Sensations and Descriptive Analysis. Food Quality and Preference, 26, 141–150
Naes., T. Brockhoff, P.B. and Tomic, O. (2010), Statistics for sensory and consumer science, Chichester, John Wiley & Sons Ltd.
Martens, M. (1999). A philosophy for Sensory Science. Food Quality and Preference, 10, 233-244.
Tuorila H. & Monteleone E. (2009). Trends in Food Science and Technologies, 20, 54-62.
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04 giugno 2013 ore 10:33I SENSI e l'OGGETTIVITA'
Tutto bello, interessante,affascinante e coinvolgente, ma quanta sofferenza nel tenersi sullo specchio della "oggettivizzazione" del soggettivo per eccellenza, ovvero i sensi!
Quanto stride leggere di "scienze" sensoriali per chi è stato, galileianamente, educato ai cardini scientifici di ogni disciplina (misurabilità, sperimentazione, ripetibilità, base matematica, indipendenza dai sistemi di riferimento, etc.)
Comunque sia, certo, un olio non potrà mai ridursi ad un listato di freddi valori d'analisi chimica, sarà sempre anche profumo, amaro e piccante, ricordi di erba o di mandorla, di valli o di casali, di storia o di emozioni, sapendo riconoscere la morchia da un avvinato, ma, proprio per questo, non potrà mai essere un valore valido e uguale per tutti, in ogni stagione ed ad ogni latitudine.
Raffaele Giannone