Bio e Natura

Contro la crisi un modello culturale e di business: le fattorie didattiche

Sono già più di duemila le imprese agricole che si dedicano a questa attività in Italia, traendone una fonte di reddito interessante. Anche la cultura contadina è, in fondo, una risorsa rinnovabile

11 maggio 2013 | Francesco Presti

Le fattorie didattiche in Italia sono 2362, un numero ragguardevole se si pensa che nel 2000 erano solamente 251, secondo dati ufficiali. Questo dato può essere visto come una delle conseguenze positive generata dalla crisi e l’avvio di attività didattiche da parte di una azienda agricola può essere una reale opportunità economica, culturale e sociale.

Tuttavia la storia delle fattorie didattiche inizia da lontano e in tempi non sospetti: nei paesi scandinavi agli inizi del ’900 era già usanza insegnare la vita rurale a chi viveva nelle città e fu sulla spinta di un certo Club 4H che le fattorie didattiche presero avvio su scala nazionale. Le quattro “h” rimandano alle parole inglesi head (testa), health (salute), heart (cuore), hand (mani). Un nome ancora attualissimo!

In Italia manca una normativa nazionale di riferimento, sono quindi le amministrazioni regionali che stabiliscono i criteri per poter essere accreditati come fattoria didattica; la regione che ha fatto da apripista è stata l’Emilia Romagna che alla fine degli anni novanta ha avviato vari progetti che hanno poi dato vita alla “Carta della Qualità”.

La “Carta della Qualità” è un documento (da cui altre amministrazioni regionali hanno poi preso spunto) che stabilisce i requisiti da soddisfare per garantire un'accoglienza qualificata ai visitatori e ottenere la qualifica di fattoria didattica. I criteri generali sono molteplici: si va dalla scelta del metodo di produzione biologico o integrato all’accoglienza in ambienti adeguati dal punto di vista dell’igiene e della sicurezza, dalla qualità dell’offerta didattica alla formazione degli operatori.

La valenza ecologica e pedagogica di queste esperienze è nota, in un ambiente accogliente e con l’attività pratica i bambini possono sperimentare, provare e guardare attività che sono lontanissime dalle nuove tecnologie che sembrano suscitare un interesse sempre maggiore nei giovanissimi. Questo vuoto di sapere può essere colmato dagli operatori del mondo rurale capaci di cogliere l’opportunità, e in questo senso la fattoria didattica si può configurare come strumento di lotta alla crisi.

Svolgere attività didattiche, offrire tempo, spazio e competenze per divulgare tradizioni rurali, insegnare antichi mestieri, intensificare il legame con i propri territori attraverso la conoscenza delle tradizioni gastronomiche. Sono tutti esempi di come rendere la cultura una risorsa. Si tratta di attività svincolate dalla produzione, che talvolta necessitano di piccoli o grandi investimenti ma che non producono beni materiali, producono conoscenza. Viene trasmesso sapere attraverso un’esperienza. È cultura.

E la cultura è una risorsa rinnovabile. Ma non tutti hanno presente questo concetto.

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