Bio e Natura

MA QUANTO E’ GUSTOSO IL MIELE! ORA E’ ANCHE RINTRACCIABILE. IN ETICHETTA

E' stata accolta con qualche perplessità una direttiva comunitaria che nelle intenzioni doveva essere a favore del miele di qualità, invece come al solito ha lasciato spazio a denominazioni piuttosto equivoche. Il mercato resta intanto deludente e l'Ismea segnala un calo generale dei listini

23 ottobre 2004 | Francesca Racalmuto

Dal 21 luglio è entrata dunque in vigore la direttiva comunitaria 110/2001. Molte novità sulle confezioni, tra cui la rintracciabilità, a garanzia della provenienza; ma sorgono alcune perplessità. Vediamo.

Una nuova etichetta
La direttiva comunitaria parla chiaro: il miele è alimento puro, privo perciò di additivi o di altre aggiunte. Per questo la normativa europea impone che in etichetta sia tra l’altro indicata la provenienza o comunque la specifica che riferisce intorno alla miscela di mieli.
Inoltre, sempre nella stessa direttiva, vengono fissate sia le denominazioni, sia le caratteristiche dei vari tipi di miele in commercio, con la formulazione dei parametri chimico-fisici di riferimento.

In etichetta si deve leggere anche l'origine regionale, territoriale o topografica, come pure l'origine floreale o vegetale, e i criteri di qualità. Viene poi riportata la data di consumo preferenziale, smentendo così il radicato pregiudizio di chi vuole il miele sempre buono da utilizzare, quando invece, proprio come accade con ogni altro prodotto naturale, con il passare del tempo si va per forza di cose degradandosi.


Il miele spesso lo si gusta volentieri, in più contesti d’impiego, ma si ignorano purtroppo gli aspetti più elementari. Sono da fare perciò le dovute precisazioni, rispetto al modo con cui può essere estratto dagli alveari, per esempio: miele di favo; miele con pezzi di favo o sezioni di favo nel miele; miele scolato; miele centrifugato; miele torchiato.

Tra tutti il miele migliore è quello centrifugato e decantato a basse temperature, in quanto conserva al meglio le proprietà nutrizionali che lo caratterizzano, senza che possano essere degradate per via dell'eccessivo calore.
Purtroppo, come spesso accade con le normative, sono permesse anche due dizioni sulle quali c’è molto da discutere. Per esempio, la denominazione di "miele filtrato", con cui si definisce il miele prodotto in virtù di una tecnica, la microfiltrazione, che lo impoverisce rendendolo una banalissima miscela di zuccheri spoglia dagli apporti pollinici e dalle sensazioni organolettiche che configurano il miele nella categoria di un alimento sano e salubre. Oppure, altra dizione permessa, e quanto mai discutibile, è quella di "miele per uso industriale - unicamente a uso culinario": si tratta di un prodotto di qualità piuttosto discutibile che si può utilizzare solo come ingrediente per altri prodotti alimentari, anche se nell’elenco degli ingredienti si deve quanto meno riportare l'intera definizione prevista dal legislatore.
Insomma, cosa concludere? Che le normative sono fatte per ingarbugliare la realtà in quanto espressione di interessi particolari. Chi potrà difendere a questo punto il consumatore, oltre che il produttore? Gran bel dilemma.

Intorno alla provenienza
Non tutto il miele è uguale, la provenienza gioca un ruolo fondamentale. Le caratteristiche mutano in base alla zona di produzione e al tipo di fiori “bottinaio” dalle api. Per questo, almeno in questo caso, l’Unione europea ha ritenuto necessario far riportare in etichetta la zona d'origine, là dove il miele è stato raccolto.
Ecco le nuove dizioni:
- "miele italiano", per quello raccolto in alveari collocati nel nostro Paese;
- "miscela di mieli originari della CE", o: "miscela di mieli non originari della CE", o in alternativa: "miscela di mieli originari e non originari della CE".

Il mercato
Secondo quanto riferisce l’Ismea, purtroppo, nonostante le novità introdotte dal legislatore, l’avvio del mercato mielicolo nazionale si presenta in modo incerto e deludente. Contro ogni aspettativa gli scambi a settembre sono stati piuttosto contenuti, con un’eccessiva disponibilità di prodotto che ha fatto registrare diminuzioni sensibili dei prezzi, disincentivando di conseguenza gli apicoltori a vendere.
Sempre da fonti Ismea si segnala in particolare un calo generale dei listini compreso tra il 10 e il 20 per cento rispetto allo scorso anno, con quotazioni che oscillano tra 3,70 e 3,75 euro il chilo per il miele di acacia e che si attestano su 2,80 euro il chilo per il prodotto di castagno e poco più di 2,50 euro per melata di metcalfa e millefiori scuro. Prezzi nella norma si segnalano solo per il miele di agrumi e l’eucalipto (tra 3 euro e 3,20 il chilo).
Riguardo ai paesi produttori dell’Est europeo, secondo l’ismea la raccolta non è stata abbondante, specie per il miele di acacia e il millefiori. In particolare, in Ungheria la produzione risulta piuttosto contenuta, con rese medie per alveare comprese tra i 10 e i 15 chilogrammi. Scarso il raccolto in Romania dove le condizioni climatiche avverse hanno penalizzato le rese. Fuori dall’Europa si segnalano, al contrario, ampie disponibilità in Argentina, Brasile e Cina.
In Italia, comunque, gli esiti produttivi confermano i buoni risultati di acacia, agrumi, tiglio e cardo, con raccolti nella media per castagno, millefiori, melata di metcalfa e sulla. Piuttosto scarsa al contrario la produzione di eucalipto, girasole, rododendro e tarassaco con rese, in molti casi, inferiori a cinque chilogrammi per alveare.

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