La voce dell'agronomo

L'olio d'oliva è una materia troppo seria per lasciarla agli chef

Preoccupa il livello di conoscenza dei cuochi stellati italiani per la bandiera del Made in Italy. Dire che gli oli del sud sono più “pesanti” e più “acidi” è un chiaro sproposito. Meno studi televisivi e più conoscenza della materia prima. Ecco il nostro consiglio a Ilario Vinciguerra

09 febbraio 2015 | Alberto Grimelli

L'affermazione secondo cui “l'olio ligure è leggero, come quelli del nord” mentre “quelli del sud sono più pesanti e tra virgolette più acidi” ha fatto infuriare mezzo mondo olivicolo.

Il primo a scandalizzarsi di fronte allo sproposito di Ilario Vinciguerra, chef stellato e ospite televisivo della trasmissione Rai “Detto Fatto”, è stato l'assessore pugliese all'agricoltura che ha invitato il cuoco a una visita in Puglia e a una disfida della bruschetta.

Un finale a tarallucci e olio, che però dovrebbe far riflettere sul livello di conoscenza della materia prima extra vergine da parte dei cuochi.

Se uno chef stellato scivola così, cosa accade normalmente nelle osterie, trattorie e ristoranti di mezza Italia?

La dichiarazione di Vinciguerra ha sollevato, come ovvio e doveroso, una levata di scudi. La trasmissione era seguita da milioni di italiani e il danno non è trascurabile.

Siamo sicuri però che il danno provocato dall'incuria nell'uso dell'olio, in cucina e sui tavoli, da parte di migliaia di ristoratori in Italia sia meno importante e possa venir trascurato?

E' dovuta intervenire una norma di legge inserita nella comunitaria bis per far giungere sui tavoli degli avventori degli oli in bottiglie non rabboccate, non senza vibranti proteste della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi). Questo, forse, anche perchè, nonostante una norma le vieti dal 2008, si continuano a vedere ampolle in giro per i ristoranti italiani.

Si tratta di provvedimenti discussi e discutibili ma necessari se non interviene un po' di senso civico, di appartenenza all'Italia e alla sua cultura gastronomica, oltre che rispetto per il consumatore e il produttore.

Il problema, probabilmente, parte da lontano, dalle scuole alberghiere, dove l'olio è olio, in latte da 5 litri (quando va bene) e di pessima qualità. E' così che si insegna a rispettare una bandiera del Made in Italy? E' così che lo si fa apprezzare?

L'obiezione più comune a questa tirata d'orecchi è che gli chef non possono avere una conoscenza approfondita di ogni materia prima, di ogni alimento usano in cucina. Sarebbe impensabile chiedere una tale cultura enciclopedica.

Forse è vero ma l'olio extra vergine di oliva non è un alimento qualunque, non è una materia prima qualunque.

Non è neanche questione di bandiera del Made in Italy o di colonna portante della Dieta Mediterranea.

L'olio extra vergine d'oliva, in cottura o a crudo, serve per moltissime ricette. E' la base di molte pietanze.

E allora? Forse è proprio il caso di ricominciare dalle basi.

 

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