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L'olio di oliva lo fa il produttore, il mercato lo fa il consumatore

L'olio di oliva lo fa il produttore, il mercato lo fa il consumatore

Mi chiedo perché i panel di “assaggio” li fanno gli assaggiatori e non i consumatori: invece di insegnare ai consumatori come si fanno gli assaggi, bisogna insegnare ai produttori come fanno i consumatori a valutare gli oli. La lettera di Gigi Mozzi

07 agosto 2025 | 12:00 | T N

Caro Sodano
ci conosciamo poco, ma abbastanza per pensare di essere, sul terreno dell’olio extravergine, buoni amici.

Credo che Einstein avesse ragione quando diceva che l’uomo è come la bicicletta: quando smette di pedalare, prima o poi, cade.

Di mio penso che cade anche quando per pedalare in avanti, guarda lo specchietto retrovisore, per vedere cosa è successo ieri: sono convinto che oggi è il primo giorno del mio futuro e non l’ultimo del mio passato.

Prima del famoso convegno Aifo di Sorrento, c’era stato un convegno a Salerno, dove ci siamo conosciuti e dove avevo parlato di come segnare una differenza tra l’olio di oliva  (meglio extravergine) prodotto in Italia e l’olio importato: sapevo poco di olio, ma le differenze erano, e sono, così rilevanti  perchè riguardano non solo gli obiettivi generali (costi o qualità) ma anche di materia prima (i territori e le cultivar) e di processi (la lavorazione delle olive o il solo imbottigliamento), sono differenze organizzative, di posizionamento e di comunicazione (impedite dalla legislazione e dalle incursioni semantiche degli industriali verso gli artigiani).

Non era tanto tempo fa, ma erano tempi diversi: da allora, tutto quello che poteva andare male, è andato peggio.

Hai fatto un lavoro eccezionale: limpido e chiaro a tutti perché, di tuo, sei un grande comunicatore.

È un peccato se ti vorrai veramente fermare: mancano solo due o tre cose, di cui abbiamo “dialogato” anche indirettamente, per arrivare dove volevi.

La prima è un oggetto misterioso: il consumatore (non il cliente-distributore o il cliente-ristoratore, loro casomai sono partner).

Il consumatore è talmente sconosciuto che ogni volta che ne parlo, chi mi ascolta, mi guarda come si guardano i polli spennati.

Salvo quelli che fanno finta e pensano che sia sufficiente mettere la targhetta Ferrari per trasformare la mitica Fiat 500 in un bolide:  e cercano di spiegarmelo.

Il prodotto lo fa il produttore, ma il mercato lo fa il consumatore  finale: non ci sono compromessi.

La seconda è una scatola trasparente: il modello organizzativo che raccoglie un gruppo capace di disegnare concretamente i confini di un mercato, non è il Consorzio (che pure ha il vantaggio di recuperare opportunità finanziarie) ma la Rete d’Impresa orizzontale (che non recupera finanziamenti, ma crea valori di mercato).

Talmente grandi, che basta guardare “la Rete d’Impresa delle Imprese”, il Made in Italy: anche se in gran parte è ancora virtuale, guarda solo la potenza che esprime e i risultati che potrà raggiungere.

La volta che abbiamo parlato di Reti d’Impresa, non sono stato capace: colpa mia, mi spiace.

La terza è una candela: che illumina la caratteristica principale dell’ “olio” (da olive e no), che non è un prodotto finito, ma un ingrediente.
Sarà che lo sanno tutti, ma allora mi chiedo perché i panel di “assaggio” li fanno gli assaggiatori e non i consumatori: invece di insegnare ai consumatori come si fanno gli assaggi, bisogna insegnare ai produttori come fanno i consumatori a valutare gli oli. 

Qualcuno direbbe che “si deve cambiare la narrazione”.

Certo, se guardi indietro, hai tutte le ragioni per fare quello che intendi:
ma se avessi voglia, anche solo per prova, di continuare a pedalare nella direzione che sai,
pensando che oggi è il primo giorno del tuo futuro e non l’ultimo del tuo passato,
sono certo che completerai i pochi metri che ti separano dal risultato che volevi raggiungere.

Gigi Mozzi

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