Editoriali

Non esiste più l’olio di oliva di eccellenza, non esistono più bravi olivicoltori e frantoiani, non esistono più assaggiatori competenti

Non esiste più l’olio di oliva di eccellenza, non esistono più bravi olivicoltori e frantoiani, non esistono più assaggiatori competenti

La degenerazione dei concorsi oleari è lo specchio dei tempi. Tutti contenti, tutti felici in un mondo virtuale dell’olio di oliva che non discrimina, non distingue, non identifica ma standardizza e livella. La complicità diventa connivenza per il solo appagamento fine a sè stesso, subitaneo e immotivato

24 giugno 2024 | Alberto Grimelli

Sono nato e cresciuto in un mondo basato sulla competizione, presupposto indispensabile per la crescita individuale e della società.

Se prendevi un brutto voto a scuola, dovevi studiare di più. Se perdevi la partita a calcetto, ti dovevi allenare di più. Si guardava ai più bravi con un misto di invidia, rabbia e spirito di rivalsa. Poi, certo, c’è sempre stato chi cercava di prendere scorciatoie, barando. Restava comunque lo spirito competitivo.

Raggiungere l’obiettivo, il traguardo fissato dava gioia ma, spesso in età più adulta, lo stesso percorso per arrivarci, gli sforzi e i sacrifici, erano motivo di orgoglio e di soddisfazione.

Il mondo è cambiato e a dominare la scena non è più la competizione ma l’appagamento, fine a sè stesso, subitaneo e immotivato.

Il mondo digitale ne è la massima espressione, con i social che fanno vedere solo le notizie e i contenuti più affini a sé. Vedere, leggere, sentire e relazionarsi solo con chi la pensa allo stesso modo dà sicurezza e appagamento, fa emettere endorfine al cervello e saremo stimolati a ritornare sul servizio che dona tali sensazioni. Un circolo vizioso e irreale che condiziona e dirige.

La rivoluzione dell’intelligenza artificiale, con i suoi servizi sempre più personalizzati e profilati, ci proporrà sempre più solo quello di cui avvertiamo il bisogno, che siano beni, servizi o opinioni. Accarezzerà dunque il nostro ego, senza obbligarci a un percorso, magari lungo e tortuoso, per arrivare al risultato e all’appagamento connesso.

Quale relazione con i concorsi oleari?

Anche i concorsi oleari si sono adeguati ai tempi, passando da una logica di competizione a una di appagamento.

La pioggia di medaglie ne è la massima esemplificazione. Tutti premiati, tutti bravi, tutti appagati.

La medaglia d’oro, il premio e il riconoscimento non sono più il traguardo di un percorso di miglioramento, di innovazione, di studio, di fatica. Si partecipa al concorso non per misurarsi ma per sentirsi al pari dei più bravi, tutti ricompensati con la stessa pergamena. Non esistono più i più bravi, i “mostri sacri”, esempi e modelli, perché questi ricevono lo stesso premio di chi ha fatto l’olio per la prima volta. Costui si sente quindi già arrivato prima ancora di partire. Un senso di appagamento sublime, che cancella ogni logica competitiva.

Gli assaggiatori, anch’essi, si sono ben adeguati ai tempi. Non fanno più selezione. Hanno abdicato al ruolo di essere i promotori della massima qualità, adattandosi a divenire i cantori di un mondo autoreferenziale che ha abbandonato ogni logica competitiva, per abbandonarsi all’illusione dell’autocelebrazione. D’altronde l’assaggiatore che elargisce menzioni a tutti sarà ugualmente gratificato con un riconoscimento di competenza e professionalità da coloro che ha appagato.

E così si chiude il cerchio: il giudice appaga il concorrente che, a sua volta, appaga il giudice. Tutti contenti, tutti felici in un mondo virtuale che non discrimina, non distingue, non identifica ma standardizza e livella.

Gli oli extravergine di oliva premiati ai concorsi sono dei copia-incolla. Sappiamo tutti anche perché. A volte è lo stesso olio, presentato da produttori diversi. Altre volte è la stessa “ricetta” che gli assaggiatori dei concorsi oleari passano ai loro assistiti.

E il consumatore?

E’ utile cercar di capire se sceglie il meglio o se preferisce il marchio, il bollino, così sentendosi appagato di aver scelto il meglio.

Ovvero bisogna comprendere se il processo di selezione del consumatore si basa su logiche competitive o di puro appagamento, fine a sè stesso, subitaneo e immotivato.

In quest’ultimo caso l’eccellenza, la ricerca e l’innovazione diventano accessori e secondari a moda, trend e puro esercizio di stile, con il virtuale che prende il sopravvento sul reale.

Resta da capire quanto questo castello sulle nuvole potrà reggere, quanto la coscienza umana sorreggerà l’inganno che si autoinfligge, e non solo nel mondo dell’olio di oliva.

E tu, ora che mi hai visto come sono veramente, riesci ancora a guardarmi?

George Orwell

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Danilo Scatizzi

05 agosto 2024 ore 16:34

Complimenti per l'articolo. Sono pienamente d'accordo. Purtroppo il volare basso e la falsità riempiono sempre di più questo delizioso mondo dell'olio-
Ancora un grazie

Marco Antonucci

01 luglio 2024 ore 10:10

Questa testata ha più volte ospitato miei scritti legati al mondo "economico" dei concorsi e al "metodo" di lavoro di alcune giurie e ovviamente mi trova d'accordo, soprattutto nell'analisi lucida e semplice sul prossimo futuro. Mi permetto di integrare l'argomentazione con un fatto accadutomi qualche anno fa. Una quindicina di produttori (non indico la zona in cui operano perché non è importante) che venivano costantemente scartati da guide, concorsi locali e nazionali, invece di porsi la semplice domanda "perchè il mio olio viene scartato da tutti?" e attivare una verifica chimica ed organolettica per comprendere le ragioni di tale pessimo risultato, hanno pensato di unirsi - con il patrocinio di un'associazione che operava in campo oleario - e pubblicare la loro guida agli extrvergini, dove ovviamente si incensavano vicendevolmente esaltando primissime spremiture a freddo non filtrate, terroir, mulini in pietra e tradizione millenaria. La guida oggi non esiste più perchè dopo avere raccolto altri produttori di "extravergine lampante" era diventata in poco tempo un manuale degli oli da non acquistare. La guida non c'è più, ma i produttori continuano imperterriti nel realizzare olio difettato, probabilmente nell'attesa di un nuovo strumento riabilitativo....

Alberto Grimelli

29 giugno 2024 ore 16:39

Il tema che ho voluto affrontare in questi pensieri andava ben oltre i concorsi oleari, piuttosto interessandosi del tema dell’appagamento nella società contemporanea e dei suoi circoli viziosi che, a mio avviso, fanno regredire un professionista, un’azienda, un comparto e un’intera società.
Circoli viziosi, tipo premio-appagamento azienda-appagamento assaggiatore, non sono costruiti su basi oggettive e neanche soggettive ma puramente utilitaristiche e strumentali.
L’essere umano che diventa strumento pur di raggiungere un appagamento (pensiamo ai like su Facebook o simili) è un decadimento che mina le stesse basi dell’umanità, sulla scia di un neo-nichilismo corrosivo.
Stante la tendenza emergente, è necessario capire come e quanto il fenomeno si estenderà anche alla percezione dell’olio, e del mondo collegato, da parte dei consumatori.
Qui, e vi ringrazio, entrano in scena le vostre riflessioni, con i rispettivi punti di vista e prospettive di osservazione.
Cerco di volare un po’ più alto per avere una prospettiva d’insieme.
Al netto delle ristrettezze di bilancio famigliari, un consumatore che acquista olio extravergine di oliva (e non olio di semi per esempio) lo fa perché comunque ha fiducia nel prodotto, ovvero nella categoria commerciale. Altri si fideranno del bollino DOP, altri di quello Slow Food etc, in linea con le proprie esigenze, cultura e portafoglio.
La fiducia non è la motivazione di acquisto ma la premessa dell’acquisto. Ovvero senza fiducia decadono anche le varie e variegate motivazioni che possono spingere un consumatore a scegliere nei segmenti dell’extravergine.
Quello che ho definito neo-nichilismo corrosivo premia l’ego, e fin qui ci si potrebbe pure sorvolare, ma soprattutto tende appagare immotivatamente. E quando un professionista, azienda, comparto è appagato tende a esaurirsi, perché si esaurisce ogni slancio all’innovazione, alla ricerca, al nuovo e, in definitiva, al miglioramento di sé e del prodotto. E’ inevitabile arrivare a una fase di involuzione in cui, addirittura, si va peggiorando, con il rischio di creare un clima di sfiducia complessivo (i concorsi sono tutti uguali… l’olio è tutto uguale…).
Il titolo, volutamente provocatorio, non descrive l’attualità ma un futuro, secondo me prossimo, se non saremo in grado di invertire la tendenza, abbattendo il neo-nichilismo, e riappropiandoci di una filosofia positivista.

Alessandro Vujovic

29 giugno 2024 ore 12:22

Sono d'accordo, per la mia modesta esperienza e per i tanti giudizi che ricevo da amici del settore, molto più critici - sull'argomento- rispetto al sottoscritto, con questa accurata analisi del Direttore Alberto Grimelli, che ,nel tempo, si sia puntato più sull'appagamento, premiando tutti, rispetto a premiare i migliori con una ottica di selezione meritocratica. Questo perché c'è una pletora di concorsi e se un produttore viene valutato negativamente, con un metodo meritocratico, andrà poi a cercare un altro concorso che appaga le sue aspettative. E l'altro concorso avrà anche modo di fidelizzare il concorrente.
Anche gli assaggiatori si sono adeguati a questo mondo autoreferenziale abbandonando la logica della competizione meno premiante rispetto alla logica appagante.
Il "cerchio magico" si è chiuso, dove "l'organo giudicante" appaga il "concorrente alla selezione" che a sua volta rivolgendosi a quella commissione giudicatrice lo appaga e diventa fidelizzato perché il cerchio appaga tutti e fa collezionale le pergamene da mettere in bella mostra.
Concludo con una domanda che rivolgo al Direttore, quale osservatore attento ed esperto in questo settore: ma quali ripercussioni hanno questi concorsi sul mercato ? La gente crede che un olio possa essere migliore per qualità e possa giustificare un prezzo maggiore, rispetto ad altri, se il suo produttore ha la parete piena di pergamene e di medaglie? Buonagiornata

Francesco Donadini

29 giugno 2024 ore 09:05

gentile Direttore e sig. Moschini, ci sarebbero altre novità importanti nel panorama economico dell'olio EVO: i monovarietali, la conoscenza dei gusti degli oli evo e le filiere colte delle associazioni di produttori per dare slancio ad un comparto che ha solo e sempre ragionato di prezzo. Agli imbottigliatori la conoscenza del prodotto non ha mai giocato alcun ruolo, ha sempre dato fastidio. I concorsi sono sempre stati contentini per i veri produttori ma per mercati limitatissimi. Gestire i frantoi in purezza (monovarietali) fa scoprire le potenzialità dei gusti dell'Olio Evo, come per i vini che prima erano solo rossi e bianchi. Con 50 anni di ritardo sul vino, l'olio EVO e alcuni grosse associazioni di produttori stanno proponendo un nuovo approccio sul gusto monovarietale e il giusto abbinamento con il cibo, questa si che è una novità importante. Una conoscenza che il consumatore cerca. Certamente non il cliente del libero servizio, del prodotto standardizzato e ultraprocessato, ma quello del retail, che trova un servizio nuovo, un consiglio di qualità. E' purtroppo vero che il consumatore del cibo è sempre più diseducato verso la qualità e spende sempre di più, ma non sul cibo. Il motto "meno si fa conoscere meglio si vende", dovrebbe scomparire sulla tavola. Spero che GD e GDO abbiano un briciolo di serietà e capiscano che la cultura del consumatore è l'unica cosa che può garantire la loro sopravvivenza. I concorsi sugli oli dovrebbero puntare non alle medaglie ma agli abbinamenti più virtuosi e diventare un vanto per le stesse catene distributive. Hanno perso l'opportunità con il vino e sono nate le Enoteche, e nessuno compra il vino di qualità in GD e GDO. Ora con l'olio EVO avrebbero un'opportunità (inoltre è un ingrediente oltremodo salutare), ma non penso che sapranno comprenderla. Nasceranno le Evoteche!

Marco Moschini

25 giugno 2024 ore 09:41

Gentile Direttore, riprendo un passaggio della sua riflessione: ...E’ utile cercar di capire se sceglie il meglio o se preferisce il marchio, il bollino, così sentendosi appagato di aver scelto il meglio...
Come retailer ritengo che sia fondamentale ed indispensabile raccogliere tutte le informazioni necessarie per avere un quadro il più chiaro possibile delle dinamiche con cui oggi il nostro cliente prima, consumatore poi a casa, sceglie ed acquista una bottiglia di olio dai nostri scaffali.
Cambio quindi l’utilità che lei sottolinea con l’obbligatorietà che invece è inevitabile, se vogliamo non solo comprendere le dinamiche d’acquisto, ma soprattutto mappare la profilazione del cliente tipo, assicurando quindi, ad ogni tipologia rilevata e catalogata, il prodotto a loro più adatto, tenendo ben saldo dei principi base, ovvero:
1. Ogni cliente ha a disposizione un portafoglio più o meno ricco;
2. Ogni consumatore ha una percezione propria del sentito della qualità dell’olio;
3. La cultura sull’olio è molto variegata, incredibilmente più di quello che noi operatori pensiamo; vi sono clienti che poco comprendono sulla reale qualità di un olio rispetto ad un altro, ve ne sono altri che, grazie anche al cambio di paradigma culturale, esigono sempre più uno scaffale che proponga anche dei prodotti di qualità.
4. Oggi vi è necessità di rendere chiara e leggibile una proposta commerciale perché il cliente non è più disposto a scendere a compromessi, esige molto più di ieri la trasparenza sulla qualità dell’offerta, che sia individuabile e ben leggibile sulla bottiglia, che è la principale fonte di comunicazione da cui il consumatore trae queste informazioni.
Concludo, sottolineando che oggi, mentre scrivo, ho una certezza inconfutabile: la leva del prezzo d’acquisto per il mio cliente è ancora la spinta determinante con cui lui fa il suo acquisto. Il portafoglio mensile è sempre più svuotato dai diffusi rincari, molto spesso speculativi dalle fonti produttive, e sempre più in difficoltà nel trovare una quantità di denaro sufficiente per potergli permettere di comprare anche l’olio extra vergine.
Molto spesso, sempre più frequentemente, anche i 10€ di differenza fanno la differenza nel proprio bilancio. Fine della discussione, come dicono in molti: game over.