Editoriali 04/09/2015

Expo2015, un guadagno sicuro per l'agroalimentare di qualità?

Tanti, tantissimi gli interrogativi sull'Esposizione universale milanese. Fuori dai luoghi comuni l'Italia fa una bella figura ma per beneficiare nel tempo di questi sforzi nazionali occorre proiettare oltre la fine della manifestazione gli investimenti fatti


Expo Milano 2015 è sicuramente un grande evento per il Belpaese. Tema di Expo difficilmente assegnabile a un altro paese che non fosse l'Italia.
Bravissimi (amici professionisti) i giovani che hanno redatto e motivato la candidatura. Una relazione di altissimo pregio, difficilmente imitabile, assolutamente dedicata alla storia antica, cultura, civiltà della nutrizione e alimentazione lungo lo Stivale ma con uno sguardo lucido, preciso al futuro del cibo nel mondo, suoi effetti e sua importanza, suo valore aggiunto di crescita di un paese emergente, sua strategia ineluttabile per salvaguardia, tutela, no spreco, no abuso di suolo e di alimenti. Veramente un contesto di alto profilo. Elitario? Difficile da costruire e da presentare in forma fisica e concreta? Certamente SI, se si voleva realizzare un Sito-Expo fra il valore del cibo per debellare la fame nel mondo e la necessità della produttività per utilizzare al meglio i terreni coltivabili e allevabili. Difficilissimo trasferire concetti, impegni, sociologia, civiltà, benessere, tutela attraverso la costruzione e l'allestimento di padiglioni temporanei e arredi esterni di piazzette, cardo, decumano, fontane, tendoni e vialetti. L'Italia ci ha provato: presentare una idea-progettuale ambiziosa di base per la vita futura di un pianeta di 10 miliardi di persone dopo il 2080 con eredità programmatiche e indirizzi da trasmettere insieme a interessi logistici, aree agricole e fabbricabili, multinazionali, infrastrutture non abbattibili e strutture da recuperare, destinazione d'uso dell'area, occupazione, nuove imprese e contributo al Pil nazionale. Non facile. Era più corretto puntare su una dislocazione di temi e spazi in più luoghi attorno a Milano, qualche punto di riferimento in altre metropoli? Sfruttare strutture e immobili già costruiti? Meglio pensare prima al dopo-Expo che farlo diventare una diatriba fra scelte di parte e condizionate?

Tutto questo per dire che al momento i numeri di expovisitatori e expoturisti stanno dando, seppur con qualche camouflage sugli ingressi con tessere lavoratori, ragione alla indagine della Bocconi del 2012 e al bilancio predisposto dal Ceo Sala.

Forse 20 milioni tondi di ingressi non li saranno, ma poco ci manca. Ma per raggiungere tale volume il dentro-Expo si è sempre più, dalla idea originale alla inaugurazione, adattato a essere - come correttamente i promoter di Expo spa hanno sempre sottolineato - un megacirco, un fantasmagorico luna park, un casinò e un effimero appariscente virtuale quartiere temporaneo di 144 paesi, 65 padiglioni, 230 punti ristoro-assaggio (alcuni gratis gestiti direttamente da enti territoriali, altri a costo-piatto contenuto intorno ai 5-10 euro, altri a prezzi elitari in padiglioni esotici e di paesi lontani), 400 eventi al giorno, tanti piccoli e grandi spettacoli lungo i due viali. Vedere code agli ingressi, i tornelli che vanno in tilt, 150-190 mila persone presenti in certi giorni sanciscono e testimoniano il successo.....ma sicuramente i temi originari, motivazionali, il background messo in pista si è un po' perso.

In convegni più o meno seguiti ( poco pubblicizzati e poco documentati e poco presentati) in tanti padiglioni si è parlato di nutrizione, pianeta, cultura, dieta, sanità, nuovi cibi...tutto è scritto nella Carta di Milano (speriamo non in un'altra Carta di Kyoto), ma la sensazione è quella di vedere expovisitatori e expoturisti più a caccia dell'assaggio strano o gustoso o esotico o difficile da provare tutti i giorni. In più con una diversità di comportamento. Corretta la definizione di Disneyland......Gli stranieri sono venuti per visitare il padiglione del proprio paese, quello dell'Italia, mediamente un altro Paese lontano per poi fare il secondo o terzo giorno a Milano e dintorni visto che nel raggio di 30-50 km sono
programmati altri 200 eventi giornalieri, agosto compreso. Questi stranieri, spesso, sono già stati ad un'altra Expo negli ultimi 20 anni. Difficile per costoro uscire dalla cerchia dell'area vasta metropolitana, fra mostre e negozi.

Due luoghi forse hanno prevalso come fuori-Expo: i laghi a nord di Milano e il fiume Po. Entrambi legati al tema acqua "valore primario" sia vitale che alimentare, sia fattore della biodiversità reale di territorio che motore della s-fame nel mondo. Mentre dentro-Expo la biodiversità spesso è limitata ai menù dei ristori. Al momento gli italiani sono la gran parte, oltre il 67% degli ingressi, moltissimi giovani lombardi-milanesi si presentano dopo le 19 di sera ( anche 5 volte al mese visto che con 14 euro hanno metro-ingresso-assaggi). Sito-Expo pienissimo nel mese d'agosto grazie agli sconti, alle promozioni, agli inviti aziendali e di enti pubblici con tanti immigrati ritornati in Italia: tutti curiosi di vedere gli altri paesi, soprattutto quelli più "diversi", ma poi felici di trascorrere le vacanze con i parenti italiani. Certamente dentro-Expo vince il contapassi di ogni visitatore.

Dal nostro osservatorio economico e turistico, possiamo dire che la curiosità, gli assaggi gratis, gli ingressi scontati e i selfie vincono tutti i confronti.

Il Paese Italia fa in ogni caso bella figura: dove si sente parlare italiano c'è qualità, formalità, cura, attenzione, disponibilità....meno organizzazione, meno programmazione, meno capacità turistico-attrattiva. Bravissimi in Corea e Brasile, per esempio. Alcuni padiglioni e piazzette sono un po' "ridotte", in un quartiere dove l'eccezionalità doveva e deve giocare il ruolo della attrazione, soddisfare la curiosità, inculcare domande, scrutare nei desiderata del pubblico , in base al pubblico.

Dentro-Expo è soprattutto una presenza di famiglie, giovanissimi, single, gruppi numerosi da ogni parte. Ottimo il lavoro del padiglione scuola-giovani con il Miur. Certamente l'agroalimentare italiano, in termini di immagine, visibilità, presenza (il padiglione Zero merita una visita), di assaggi e piatti nei vari ristoranti più o meno regionali si conferma leader grazie anche ai padiglioni Coldiretti e Slow Food.

Si fa capire, forse è poco incisivo e pregnante sul percorso storico culturale, su evoluzione e ricerca del valore aggiunto, su spiegazione del perché di certe scelte difficili in termini di produzione.

Per beneficiare nel tempo di questi sforzi nazionali (investimenti) dipenderà tantissimo da come e cosa diventerà e cosa ricorderà il sito-Expo, degli allestimenti, dei brand utilizzati dai diversi soggetti pubblici e privati presenti.

L'albero della vita va a Brescia: molto dipenderà dalla location e dalla pubblicità e valorizzazione che faranno. Bene la piccola Zolla di Piacenza che torna a Piacenza, ma dove sarà posta, budget di pubblicità, contesto ambiente, rete con altro, city brand. Ha visto lungo chi ha regalato il padiglione per attività sportive o beneficenza o chi rimonta il proprio a casa. Dentro-Expo doveva essere vissuto come un momento per attrarre leadership e presentare opportunità d'imprese e distretti in modo che ci fosse subito occasione di incontri nei territori produttivi e quindi nel tempo sfruttare i contatti, quotidianamente vivendo da novembre 2015 un fuori-Expo continuo. Con il dentro-Expo non è stato possibile fare differenze fra qualità di prodotto.

Il fuori-Expo è servito invece proprio a far toccare con mano i luoghi veri della produzione. Il dentro-Expo doveva servire per catapultare fuori per spiegare che cosa è una Dop e una Docg, perché il mondo globale non lo sa ancora. Difficile captare l'attenzione con mille occasioni curiosi: più facile spiegare in una cantina lungo il fiume Po o lungo le colline
moreniche dei laghi che differenza c'è fra un Franciacorta e un Prosecco e perché prosecco e franciacorta non sono replicabili in Brasile o in Germania."

Il tempo stringe, il Decumano è lungo, fermati che assaggiamo una...cosa!" purtroppo questo è stato un dialogo più volte sentito in questi primi 100 giorni di Expo Milano 2015.

di Giampietro Comolli

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