Editoriali

Come nasce un quadro da un piatto

30 ottobre 2010 | Gualtiero Marchesi



I piatti, in particolare quelli ispirati all’arte nascono da un’associazione visiva, quando l’immagine del quadro entra in contatto con la materia usata dal cuoco e con le sue mani.
All’inizio è soprattutto una superficie, un volume, una tavolozza di colori.
Poi l’immaginazione si mette al lavoro e cerco come rendere quell’effetto, quell’emozione.

In quel momento, pur facendo una cosa diversa, avverto fortissima la vicinanza con l’altro, pittore o scultore che sia.
Ma l’aspetto più divertente è che a volte manca un dettaglio e allora è il caso a mettersi in moto come con l’Animella alla Fautrier.

L'opera di Fautrier alla quale si è ispirato Marchesi

Il corto circuito iniziale è avvenuto con uno dei quadri di Jean Fautrier, uno degli esponenti della corrente l’Informel, che appartiene alla serie Otages, realizzata mentre si nascondeva, cercando di sfuggire ai nazisti.
Pittura materica, dipinta mentre, utilizzando la spatola e lasciando poi cadere della polvere di colore a volte tenue a volte no.

Pittura, quindi, che si fa volume e, nel mio caso: cucina della verità, della forma e quindi della materia.
Dopo aver pensato all’animella come centro della composizione del piatto mi mancava tutto il resto.

Il progetto languiva da qualche giorno fino a che non mi cadde lo sguardo su una teglia dove avevano preparato una salsa per i ragazzi della cucina.
Era fatta con olio, soia, carote grattugiate, sesamo ed era perfetto.

Così è nata l’Animella alla Fautrier, la cui foto apre la mostra che è stata allestita al Parlamento Europeo di Bruxelles.


Animella alla Fautrier

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