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In fase di mietitura crolla il prezzo del grano duro
L’indice dei future sul grano duro alla Borsa di Chicago ha perso quasi il 10% dopo le notizie speculative di presunte stime abbondanti sul prossimo raccolto in Canada
15 luglio 2022 | C. S.
Il crollo di 45 euro/ton. del grano duro alla Borsa merci di Bari rischia di mettere in ginocchio gli agricoltori, già vittime dei folli aumenti dei costi di produzione e della siccità. Il pesante deprezzamento va contro ogni logica, in un momento di stallo del mercato cerealicolo dopo il conflitto ucraino e con il prezzo della pasta aumentato del 17% (il frumento duro ne è il principale ingrediente). Cia-Agricoltori Italiani lancia, dunque, l’allarme per il forte ribasso delle quotazioni, condizionate dagli effetti speculativi della finanza internazionale: da 565 euro/ton. alle attuali 520, nell’arco di una sola settimana. L’indice dei future sul grano duro alla Borsa di Chicago è, infatti, schizzato dopo le notizie -fatte girare "ad arte"- di presunte stime abbondanti sul prossimo raccolto in Canada. Secondo Cia, tali stime, molto affrettate (la trebbiatura in Nord America si effettua fra tre/quattro mesi), vengono pubblicizzate al solo scopo di indurre i cerealicoltori italiani a vendere subito, con la logica conseguenza del calo dei prezzi.
Le attuali quotazioni del grano duro sono ben lontane da quelle di qualche settimana fa e gli imprenditori agricoli ne reclamano, pertanto, il giusto prezzo, condizione essenziale per la copertura dei costi di produzione fortemente maggiorati. Se il costo medio di produzione per un ettaro di grano duro si attestava, secondo Cia, sui 700 euro, oggi ne occorrono almeno 1200. La gran parte di questi aumenti è da riversare sull’aumento del costo del carburante agricolo (schizzato a 1,60 euro al litro), per cui Cia lamenta nel Decreto Aiuti la mancata proroga del credito d’imposta. A questo si aggiunge il calo della produzione, con rese che saranno inferiori di circa il 35% alle medie degli ultimi anni, diretta conseguenza del prolungato periodo di siccità. In queste condizioni, sarà difficile seminare nuovamente frumento duro in autunno, col risultato di una maggiore dipendenza di materie prime dall’estero e un danno alla filiera della pasta 100% Made in Italy.
“Sulla corsa verso l’alto dei prezzi del grano duro può avere inciso una scommessa che sta ora producendo distorsioni lungo la filiera. Le notizie, forse filtrate ad arte, di ritorni su buoni livelli di produzione in Nord America, dopo la forte contrazione dello scorso anno, hanno spinto molti agricoltori italiani a vendere velocemente, generando così un eccesso di offerta sul mercato”.
A parlare così a margine dell’Assemblea generale di Confagricoltura è Carlo Maresca, presidente della Federazione nazionale cereali alimentari della Confederazione.
“In queste ultime ore si registra una repentina discesa del prezzo del grano duro che non trova giustificazioni in una campagna di raccolta che ha fatto segnare sul territorio nazionale un calo medio di produzione di circa il 30%. Il rischio, alimentato anche dalla grande speculazione finanziaria che approfitta della crisi internazionale in corso, è che ci sia un vero e proprio crollo nel valore del grano duro, che produrrebbe effetti devastanti per l’agricoltura nazionale”.
A proposito di speculazione, Confagricoltura ricorda che il mercato dei futures sulle materie prime – oro escluso – valeva, all’inizio del 2022, 390 miliardi di dollari, il 30% in più nel giro di un anno.
“Per questo - conclude il presidente Maresca - riteniamo necessario che ci sia in tutta Italia un’attenta verifica dell’andamento delle quotazioni sui diversi mercati. Dobbiamo in tutti i modi evitare che, ancora una volta, siano gli agricoltori a pagare dazio per manovre speculative che nulla hanno a che fare con uno sviluppo serio e sostenibile di un comparto strategico per l’economia italiana. Un comparto che, come tutta l’agricoltura, ha dovuto far fronte a un aumento dei costi di produzione senza precedenti e che, per evitare un tracollo, necessita della collaborazione tra tutte le parti della filiera”.
Speculazioni sui mercati finanziari, Chicago in testa, e il cartello degli acquirenti che da un paio di settimane non acquistano più prodotto, spingono sotto quota 500 euro/tonnellata il prezzo del grano duro italiano del nuovo raccolto, a livelli che non si raggiungevano da ottobre 2021.
Lo comunica Consorzi Agrari d’Italia – CAI in base alla rilevazione della Borsa Merci di Bologna, punto di riferimento per la contrattazione fisica dei prodotti agricoli.
Il grano duro di alto valore proteico oscilla infatti tra 497 e 502 euro/tonnellata, in ribasso di 30 euro rispetto alla settimana scorsa.
Grano tenero e altri cereali, invece, restano sostanzialmente invariati.
La situazione, secondo Consorzi Agrari d’Italia, alla luce anche della mancata quotazione della Borsa Merci di Foggia, rischia di diventare insostenibile per tante aziende agricole che hanno investito in questi mesi nonostante l’aumento dei costi di gasolio e concimi dovuto al caro energia e alla guerra in Ucraina.
In questo momento complicato, CAI - come primo player nazionale - è impegnata nella creazione di contratti di filiera in grado di garantire un prezzo equo agli agricoltori e prodotti di qualità ai trasformatori.
Tuttavia, è necessario un richiamo alla responsabilità di tutti i protagonisti della filiera affinché si possa essere veramente uniti in questo momento difficile.
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