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Mancano 100 mila lavoratori per l'agricoltura italiana
Coldiretti e Cia concordano sulla stima del fabbisogno di manodopera per il comparto primario italiano alla vigilia del decreto flussi. Preoccupa lo sblocco delle pratiche relative al 2021 e l’emanazione delle direttive 2022
31 maggio 2022 | C. S.
All`agricoltura italiana servono almeno centomila lavoratori stagionali per garantire le campagne di raccolta estive di frutta e verdura. E’ quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che l’arrivo del grande caldo accelera la maturazione nei campi e rende ancora più urgente far fronte alla carenza di manodopera. Occorre – sottolinea la Coldiretti – velocizzare il rilascio dei nulla osta necessari per consentire ai lavoratori extracomunitari, ammessi all’ingresso con il decreto flussi, di poter arrivare in Italia per lavorare nelle imprese agricole al più presto. Le imprese agricole – continua la Coldiretti - hanno bisogno dei lavoratori richiesti ma, ad oggi, non sono stati ancora rilasciati i nulla osta da parte degli Sportelli Unici. Dal Trentino al Veneto passando per l’Emilia fino ad arrivare in Basilicata la situazione – precisa la Coldiretti - è divenuta drammatica con il rischio concreto di perdere i prodotti ormai maturi. Non è possibile che per colpa della burocrazia – precisa la Coldiretti - le imprese perdano il lavoro di una intera annata agraria dopo aver affrontato peraltro un pesante aumento dei costi di produzione determinato dalla guerra in Ucraina. Rispetto all`anno scorso – precisa la Coldiretti – le quote di lavoratori extracomunitari ammessi per decreto in Italia è stato alzato a 69mila e di questi, la fetta riservata all`agricoltura è di 42mila posti, a fronte dei quali sono pero’ pervenute circa 100mila domande. La presenza di lavoratori stranieri è diventata strutturale nell’agricoltura italiana dove un prodotto agricolo su quattro viene raccolto in Italia da mani straniere che rappresentano piu’ del 29% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo il Dossier di Idos al quale ha collaborato la Coldiretti. Si tratta soprattutto – continua la Coldiretti – di lavoratori dipendenti a tempo determinato che arrivano dall’estero e che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese, spesso stabilendo delle durature relazioni professionali oltre che di amicizia con gli imprenditori agricoli. Ma con strumenti concordati con i sindacati, occorre consentire anche ai percettori di ammortizzatori sociali, studenti e pensionati italiani di poter collaborare temporaneamente alle attività nei campi” – conclude Coldiretti – che chiede “un piano per la formazione professionale e misure per ridurre la burocrazia e contenere il costo del lavoro con una radicale semplificazione che possa garantire flessibilità e tempestività di un lavoro legato all’andamento climatico sempre più bizzarro”.
Alla vigilia delle grandi campagne, dalla frutta estiva alla vendemmia, è già allarme nei campi italiani per la carenza di manodopera. All’appello potrebbero mancare tra 90 e 110 mila addetti, senza i quali la raccolta stagionale è a forte rischio. Così Cia-Agricoltori Italiani, sottolineando i tanti problemi che stanno riscontrando le aziende agricole nel reperire risorse da impiegare nelle aree rurali. Preoccupano, prima di tutto, i ritardi del Decreto flussi, sia rispetto allo sblocco delle pratiche relative al 2021 sia rispetto all’emanazione del decreto per il 2022 -sottolinea Cia- in un Paese in cui la manodopera straniera rappresenta ormai stabilmente un terzo (29,3%) della forza lavoro complessiva in agricoltura. Restano, poi, i problemi legati a costi, burocrazia e rigidità degli strumenti -ribadisce Cia-. Il fabbisogno delle aziende agricole, infatti, è legato a determinati periodi dell’anno, per cui vanno necessariamente messe in campo politiche per una maggiore semplificazione e flessibilità del lavoro, come sperimentato con i voucher, per consentire anche a giovani, pensionati e percettori di reddito di cittadinanza di integrare il loro reddito attraverso il lavoro occasionale in agricoltura, e senza oneri eccessivi per le imprese. Inoltre, bisogna sottoscrivere accordi con agenzie interinali fortemente radicate sul territorio, in grado di avviare percorsi virtuosi anche nelle aree interne. “Chiediamo al Governo di intervenire quanto prima -dichiara il presidente nazionale di Cia, Cristiano Fini- per andare incontro alle esigenze delle imprese agricole, la cui sostenibilità economica è già fortemente destabilizzata dai costi di produzione alle stelle, con i rincari eccezionali di materie prime ed energia, e dall’instabilità dei mercati. L’agricoltura non può smettere di produrre, ma le istituzioni devono comprendere che gli agricoltori non possono continuare a lavorare in perdita”.
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