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Il Covid decima la forza lavoro delle industrie agroalimentari

Il futuro del Made in Italy rischia una brusca frenata, anche nell'export, a causa dell'accelerazione nella diffusione del virus, che mette in quarantena il 30% di lavoratori del settore dell'agroalimentare
12 gennaio 2022 | C. S.
La produzione agroalimentare italiana e con essa la crescita del nostro export rischia di essere messa in ginocchio dalle assenze per quarantene covid che in alcuni casi possono interessare anche il 30% di lavoratori del settore”. Questo l’alert lanciato da Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia. Dopo il boom esplosivo delle esportazioni che hanno chiuso il 2021 con un +10% e un fatturato oltre i 50 miliardi di euro, oggi il futuro del Made in Italy rischia una brusca frenata a causa dell'accelerazione nella diffusione del virus.
“Se non vogliamo subire gli effetti di uno stop su crescita e produzione è sempre più stringente la necessità di rendere obbligatoria la vaccinazione per tutti e ridurre al minimo i vincoli di quarantena anche per i positivi” dice il consigliere. Aggiunge che “l’estensione ulteriore dell'obbligo vaccinale ci permetterebbe di andare verso il modello spagnolo proposto ieri da Sanchez secondo cui bisognerebbe considerare questa patologia endemica riducendo quindi gli obblighi di quarantene e di isolamento anche per chi si infetta ,ormai senza ammalarsi, a fronte ovviamente di una popolazione vaccinata nella sua quasi interezza” “Non esiste- prosegue Scordamaglia- strada alternativa o il rischio sarà quello di bloccare tutto, considerando che secondo l'Oms oltre la metà della popolazione europea sarà con estrema probabilità contagiata da Omicron nelle prossime 6/8 settimane”.
“Secondo Goldman Sachs il nostro è uno dei Paesi europei potenzialmente a più forte crescita per l'anno in corso e per il prossimo - conclude Scordamaglia - ma per essere tale vanno evitati strozzature e colli di bottiglia lungo la filiera produttiva già messa in difficoltà dall’aumento insostenibile dei costi dell’energia. In caso contrario avremo effetti pesanti sulla disponibilità dei prodotti agroalimentari di prima necessità e un conseguente aumento della pressione inflativa che danneggerà soprattutto le fasce più deboli della popolazione”
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