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Pratiche commerciali sleali: il sottocosto nel settore oleario c'è ma non si dice

Assitol plaude alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento che proibisce il ricorso a condizioni contrattuali gravose, e rilancia la sua battaglia contro il sottocosto dell’extra vergine
02 dicembre 2021 | C. S.
ASSITOL, l’Associazione Italiana dell’Industria olearia, esprime grande soddisfazione per la definitiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto sulle pratiche commerciali sleali. “Grazie a questo strumento normativo, sarà possibile rendere più fluidi i rapporti all’interno della filiera olearia – afferma Anna Cane, presidente del Gruppo olio d’oliva dell’Associazione – soprattutto in un momento delicato come quello attuale, a causa del rincaro dei prezzi alimentari”.
In particolare il Decreto legislativo 198 dell’8 novembre 2021, recependo la direttiva europea UE 2019/633, vieta le pratiche sleali nei rapporti commerciali della filiera agroalimentare, sia tra imprese, che in materia di commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari. Il provvedimento prevede l'introduzione di un livello minimo di tutela comune a tutta l'Unione europea e specifica le pratiche commerciali sleali vietate, elencando anche quelle che possono essere autorizzate solo se concordate in termini chiari e univoci nell'accordo di fornitura.
La disposizione più rilevante, sul fronte olivicolo-oleario, è che non sarà più possibile imporre condizioni contrattuali eccessivamente gravose, né tantomeno vendere prodotti alimentari al di sotto dei costi di produzione. “Questo prepara il terreno a quello che, a nostro avviso, dovrà essere il nostro prossimo passo – osserva Anna Cane – vale a dire il rilancio della nostra storica battaglia contro la vendita sottocosto dell’olio extra vergine d’oliva, che il nostro settore tenta di realizzare da alcuni anni”.
Al riguardo ASSITOL ha già presentato a Bruxelles e in Italia una sua proposta, finalizzata ad imporre il divieto di effettuare vendite sottocosto, imponendo precise sanzioni amministrative. Attualmente, la normativa italiana consente la commercializzazione dell’extra vergine ad un prezzo inferiore rispetto al suo costo soltanto una volta l’anno. Tuttavia, la realtà dei fatti è ben diversa: da anni, si assiste al ricorso al sottocosto in modo indiscriminato, senza alcun riguardo per la stagionalità e con ampia discrezionalità da parte della grande distribuzione.
Col tempo, questo fenomeno ha provocato lo svilimento del prodotto-olio: i consumatori credono che l'extra vergine sia un prodotto di modesto valore, non soltanto commerciale. “A causa di questa spirale perversa – sottolinea la presidente del gruppo olio d'oliva – è ormai opinione comune che l'olio d'oliva costi poco perché in realtà vale poco. Assistiamo così alla ‘caccia’ del prezzo più basso, ormai divenuto l’unico criterio di scelta dell’extra vergine”.
La tendenza al prezzo sempre più basso determina anche la progressiva diminuzione della redditività degli operatori, rendendo sempre meno conveniente coltivare olive, produrre olio e confezionarlo. “Il rischio – stigmatizza Anna Cane – è che il prezzo al consumatore finale, nella maggior parte dei casi, non copra i costi di produzione. Un’autentica assurdità, se si pensa che lo stesso extra vergine è uno dei driver del nostro export agroalimentare ed è molto apprezzato per l’apporto salutistico”.
Il decreto contro le pratiche commerciali sleali può aprire la porta ad altri provvedimenti, utili per ridare redditività al mondo dell’olio. “Chiediamo a tutti i componenti della filiera di condividere la nostra battaglia contro le vendite di olio sottocosto – conclude la presidente del gruppo olio d’oliva – e ci auguriamo che, sulla questione, torni presto anche l’attenzione delle istituzioni, italiane ed europee”.
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