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Aumenta la paura degli italiani sul cibo
Con la pandemia da Covid si è aperto uno scenario di riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti, speculazioni
18 novembre 2021 | C. S.
Quasi un italiano su quattro (24%) ha paura che con un riaggravarsi dell’emergenza pandemica possa finire il cibo nei punti vendita. E’ quanto emerge dal primo Rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani nel post Covid presentato in occasione dell’inaugurazione del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato dalla Coldiretti con la collaborazione dello studio The European House – Ambrosetti, a Villa Miani a Roma.
Se grazie agli agricoltori italiani che hanno continuato a lavorare anche in piena emergenza non si è assistito alle scene di accaparramento di massa viste negli Stati Uniti o nel Regno Unito – ricordano Coldiretti/Censis - la paura della carenza di generi alimentari di un quarto degli italiani indica che la filiera del cibo è strategica e come tale va trattata. I cittadini vogliono esser certi di non restare mai senza i prodotti principali. Per questo chiedono sia potenziata e tutelata l’agricoltura nostrana nella quale vedono una garanzia per la fornitura regolare degli scaffali ma anche per la propria sicurezza.
Con la pandemia da Covid – continua la Coldiretti – si è aperto, infatti, uno scenario di riduzione degli scambi commerciali, accaparramenti, speculazioni e incertezza per gli effetti dei cambiamenti climatici, con le quotazioni delle materie prime alimentari che hanno raggiunto a livello mondiale il massimo da oltre dieci anni, trainati dai forti aumenti per oli vegetali, zucchero e cereali, mentre si sono impennati i costi.
Un problema grave per un Paese come l’Italia che deve ancora colmare il pesante deficit produttivo in molti settori importanti dalla carne al latte, dai cereali fino alle colture proteiche necessarie per l’alimentazione degli animali negli allevamenti. Nel belpaese è infatti necessario recuperare il deficit del 64% del frumento tenero e del 40% per il frumento duro destinato alla produzione di pasta, mentre copre appena la metà (53%) delle fabbisogno di mais, fondamentale per l’alimentazione degli animali e per le grandi produzioni di formaggi e salumi Dop. Un trend negativo che riguarda anche la soia nazionale che soddisfa meno di 1/3 (31%) dei consumi domestici, secondo dati Ismea. In Italia – precisa Coldiretti – si munge nelle stalle nazionali il 75% del latte consumato e si produce il 55% della carne necessari ai consumi nazionali con l’eccezione positiva per la carne di pollo e per le uova per le quali l’Italia ha raggiunto l’autosufficienza e non ha bisogno delle importazioni dall’estero.
“L’Unione Europea e l’Italia devono puntare all’autosufficienza alimentare per stabilizzare le quotazioni e garantirsi adeguati approvvigionamenti di fronte alla situazione di instabilità che caratterizza i mercati dopo la pandemia” ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “il giusto prezzo e il contrasto alle pratiche sleali e agli abusi di potere lungo la filiera sono questioni di democrazia, giustizia e libertà. Se il prezzo del cibo diventa un campo di speculazione a perdere saranno sempre gli agricoltori e i consumatori”.
Paura del ristorante
Nonostante la voglia di tornare nei luoghi in cui ci si diverte e si sta insieme a tavola, quasi un italiano su 3 (32%) ha ancora paura di mangiare al ristorante con la risalita dei contagi e il rischio che molte regioni finiscano in zona gialla.
Il riaggravarsi della pandemia tiene ancora lontana una discreta fetta di cittadini da pranzi e cene fuori che sono diventati il simbolo del ripristino della socialità cibocentrica dopo le restrizioni legate alla pandemia, pur con una netta diversificazione tra le varie fasce dì età. Se tra i giovani tra i 18 e i 34 anni la percentuale di “timorosi” scende al 18%, tra gli over 65 sale addirittura al 50%, stando all’analisi Coldiretti/Censis.
Resta la diffidenza anche a prendere parte ad altre iniziative con al centro il cibo, a partire dalle sagre dove stenta a tornare il 38% degli italiani, secondo Coldiretti/Censis, mentre le gite enogastronomiche sui territori non convincono ancora il 45% dei cittadini e ancor meno se la sentono di partecipare a degustazioni (51%).
Nonostante ciò, l’avanzare della campagna di vaccinazione sembra per ora smentire il rischio di una società italiana destinata anche nelle scelte a tavola a ripiegarsi su se stessa – sottolineano Coldiretti/Censis -, attaccata alle piattaforme di food delivery come esito della scoperta di comodità e convenienza dell’economia della doppia D, digitale e domiciliare. Al netto dei timori per la risalita dei contagi, la calamita del fuori casa resta, infatti, per gli italiani più potente di ogni nuova socialità da entertaiment nelle abitazioni.
Nonostante la crescita degli ultimi anni – rilevano Coldiretti/Censis -, le piattaforme food delivery non sono dunque l’epicentro di un modello alimentare alternativo a quello classico, ma semplicemente un canale in più, utilizzabile a casa (diventata per molti luogo di lavoro e di studio), sul posto di lavoro o anche nei luoghi pubblici.
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