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Rifondare l'olivicoltura italiana puntando su innovazione e sostenibilità
In Italia il 63% dell'oliveto ha più di 50 anni ed il 49% ha una densità per ettaro minore di 140 piante, rischio o opportunità? La stessa globalizzazione dell'olio d'oliva sta creando nuovi scenari tra consumo stagnante nei paesi tradizionali e boom in quelli emergenti
26 giugno 2019 | C. S.
“Il settore olivicolo sta affrontando una fase di significativi cambiamenti strutturali a livello mondiale e l’Italia, che ha una forte vocazione produttiva, non può restare arretrata”. Lo ha sottolineato il presidente della FNP Olivicoltura di Confagricoltura Pantaleo Greco, introducendo i lavori del convegno “L’olivicoltura siamo noi”, che si è svolto a Roma, a Palazzo della Valle.
“Ci sono sfide e nuove opportunità da cogliere – ha proseguito Greco -. La prima sfida è quella della Xylella Fastidiosa che continua ad avanzare a una velocità di più di due chilometri al mese provocando un danno epocale. E’ giunto il momento di trasformare le minacce in opportunità”.
Per Vito Martielli di Rabobank si osserva “una globalizzazione della domanda mondiale di olio di oliva ma la produzione è diventata più instabile soprattutto nei Paesi del Mediterraneo determinando di conseguenza una maggiore volatilità nei prezzi dell’olio di oliva. La domanda, a livello mondiale, cresce a velocità diverse: è stagnante nei tradizionali Paesi consumatori del Sud Europa (con un tasso dell’1-2%); ha una crescita moderata in Paesi sviluppati (+3%) ed una crescita sostenuta nei Paesi emergenti (oltre il 5%)”.
“Il ruolo dell’Italia – ha evidenziato Tiziana Sarnari di Ismea – resta quello da protagonista della filiera internazionale ma perde peso”. Negli ultimi 20 anni il calo produttivo è stato del 46% a fronte della media mondiale che registra un incremento produttivo del +18% e in particolare della Spagna che è cresciuta del 48%. La campagna olivicola 2018/19 si è chiusa con 175.000 tonnellate, il minimo della produzione degli ultimi decenni (-59,2%), ma è stata a due velocità. Cali produttivi soprattutto nel Mezzogiorno, penalizzato dal maltempo (Basilicata -82%, Calabria -77%, Puglia -65%, Sicilia -66%) a cui si è sommata la Xylella nel Salento, situazione diametralmente opposta al Nord (Veneto +221%, Lombardia +153%), però al Settentrione si produce di meno. “Attenzione anche ai prezzi che continuano a scendere, sia per l’extravergine, sia per il lampante, destando non poche preoccupazioni negli operatori – ha aggiunto la relatrice -. Nelle prime tre settimane di giugno l’olio EVO è arrivato a 5,22 euro/kg”.
In Italia il 63% dell'oliveto ha più di 50 anni ed il 49% ha una densità per ettaro minore di 140 piante. “L’olivicoltura – ha detto Salvatore Camposeo dell’Università di Bari - deve rinnovarsi e guardare al mercato, agendo in una logica di innovazione ed eco-sostenibilità. Riconversione con nuovi sesti di impianto produttivi e, nelle zone a rischio, tolleranti alla Xylella; massimizzazione delle risorse, nuovi sistemi colturali, nuove tecnologie di piantumazione e di raccolta con sistemi di guida automatica, nuove cultivar selezionate da un mondo della ricerca attivo e propositivo, sono i capisaldi della nuova filiera olivicola e olearia italiana”.
“In questo contesto, il settore ha sfide e nuove opportunità da cogliere - ha indicato Andrea Comacchio del Mipaaft - ed il rilancio della filiera può passare anche attraverso un migliore utilizzo degli strumenti della politica agricola; sia nazionale, sia comunitaria. Il Piano olivicolo nazionale sta entrando nel vivo della attuazione e dobbiamo valorizzarne i risultati; ma ci attendiamo molto anche dalla organizzazione economica del comparto, la cui normativa potrà essere adattata per andare incontro alle esigenze degli operatori olivicoli”.
“In questo anno di governo abbiamo raccolto le istanze e le difficoltà del settore a cui abbiamo dato una prima risposta con il decreto legge ‘Emergenze’ - ha osservato il sottosegretario alle Politiche agricole Alessandra Pesce -. Completato il lavoro sui decreti attuativi del DL, occorre avere una strategia di medio periodo con l’obiettivo di sostenere la competitività dell’olio di oliva made in Italy sui mercati nazionali e internazionali”.
“L’olivicoltura siamo noi, ne dobbiamo essere consapevoli e - ha osservato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti - occorre rimboccarsi le maniche per dare una svolta reale ed invertire una tendenza scoraggiante e negativa di un settore che ha forti potenzialità e di cui l’Italia è protagonista”.
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