Salute

La riscossa dell'Università di Bari parte dal binomio nutraceutica e salute

Cibi funzionali in che senso? Perché funzionano limitando lo stress ossidativo cellulare, intervenendo nella modulazione di processi infiammatori, modulando la vita del microbiota intestinale, rallentando il declino cognitivo

09 marzo 2018 | Filomena Corbo, Maria Lisa Clodoveo

Mentre qualcuno a livello Europeo auspica un’Europa a due velocità, qualcun altro in Italia tenta di ridurre lo storico gap tra università nel nord, ritenute virtuose, e quelle nel Sud che, nei ranking delle performance, faticano a scalare le vette. L’Università degli Studi di Aldo Moro, Bari in questi ultimi tre anni di nuova gestione, sotto la guida del tributarista di livello internazionale Prof. Antonio Uricchio, ha attraversato un change management a tutti i livelli, con un trend di crescita scientifica e culturale ragguardevole. Il processo di innovazione dell’assetto organizzativo dell’Ateneo, con la definizione di nuovi obiettivi, ha preso forma concreta nel superamento del debito economico che ha riportato l’università di Bari nell’ambito degli atenei virtuosi. Tra gli interventi più rilevanti vanno ricordati l’investimento sui servizi agli studenti attraverso una revisione delle politiche di tassazione basate su principi meritocratici e di reddito, aperendo le porte agli studenti più meritevoli, finanziando tesi di laurea nei più prestigiosi centri di ricerca e università del mondo, potenziando la capacità di attrarre risorse mediante la partecipazione a bandi europei, mettendo in rete i propri ricercatori facendo interazioni su tavoli comuni e task force di progetto. La vision, che mette al centro il capitale umano, è una strategia vincente perché se le persone fanno la scienza, sono i rapporti umani che la rendono applicabile. Nascono così nuove storie di ricercatori che, lavorando da anni in dipartimenti della stessa università, hanno potuto trovare l’altra metà scientifica che potesse dare, alle loro intuizioni una forma. È sbocciato così, per caso, un incontro nuovo, e come un puzzle che all’improvviso trova il verso giusto per ricomporsi, intorno a un’idea innovativa si è concretizzato un progetto, premiato dalla Regione Puglia, prima, e dalla Fondazione Ager, poi, per la ricerca agroalimentare sul prodotto nutraceutico per eccellenza: l’olio extravergine di oliva.

“Nutraceutica”, una parola che ancora non è entrata di routine nel vocabolario comune e che indica una nuova scienza che si colloca al confine tra la nutrizione e la farmaceutica. Questa nuova disciplina indaga il potere salutistico delle molecole bioattive contenute negli alimenti, che possono entrare nella dieta quotidiana di un individuo rendendola mezzo per realizzare la cosiddetta “medicina d’iniziativa”.

E così che l’evoluzione della scienza porta all’evoluzione del linguaggio e alla creazione di neologismi che nascondono profonde innovazioni socio economiche e culturali. Perché aspettare che una malattia si manifesti (“medicina d’attesa”) invece che intervenire con la prevenzione, attraverso la scelta di uno stile di vita sano e di una alimentazione basata sulla scelta di cibi non solo nutrizionalmente bilanciati ma anche funzionali?

Cibi funzionali in che senso? Perché funzionano limitando lo stress ossidativo cellulare, intervenendo nella modulazione di processi infiammatori, modulando la vita del microbiota intestinale, rallentando il declino cognitivo.

E poi si può coniugare la biodiversità delle produzioni italiane e l’innovazione tecnologica, con l’obiettivo di potenziare i pregi di questi alimenti? Ultrasuoni, microonde e campi elettrici pulsati …. l’ingegneria sposa la nutraceutica e si traduce in Perform Tech (Puglia Emerging Food Technology) - La sicurezza alimentare mediante l’impiego di tecnologie emergenti per l’elaborazione di prodotti funzionali, recupero di sostanze nutraceutiche dai sottoprodotti e valorizzazione energetica degli scarti. L’olio si arricchisce in polifenoli e si guadagna il claim salutistico che lo lancia come prodotto da banco famaceutico, al di là del suo valore di semplice condimento, le sue acque di vegetazione accompagnano i mangimi e aumentano la shelf life delle carni e così via. Il progetto finanziato dalla Regione Puglia nell’ambito dei Cluster Tecnologici Regionali per l'Innovazione ha trasformato un’idea progettuale dell’Università di Bari, che partecipa con i Dipartimenti Interdisciplinare di Medicina (Prof.ssa Maria Lisa Clodoveo), Farmacia (Proff. Carlo Franchini e Filomena Corbo) e Bioscienze, Biotecnologie e Biofarmaceutica (prof. Pesce Vito) e del Politecnico di Bari che vede coinvolti i Dipartimenti di Meccanica, Matematica e Management (Prof. Amirante), e di Ingegneria Elettrica e dell'Informazione (Prof. Di Sciascio) in prototipi e dimostratori la cui produzione è stata resa possibile dalle aziende partner (Mbl Solutions, Auriga, De.Ol, Olearia Pazienza, Promis Biotech). Il connubio tra ricercatori e aziende ha permesso di realizzare il trasferimento tecnologico del primo dimostratore in un frantoio pugliese, che ha raccolto imprenditori e business angel da tutta Italia e ha consentito all’università di Bari di svolgere l’attività di Terza missione a cui è chiamata, concretizzatasi in divulgazione della scienza al grande pubblico. Ma basta migliorare le caratteristiche nutraceutiche dei prodotti per raggiungere l’obiettivo della riduzione della spesa sanitaria pubblica? Oppure è importante che anche la legislazione venga incontro sia a chi produce questi alimenti sia a chi sceglie di comprarli? Creare delle leve di marketing che premino i consumatori che contribuiscono a diminuire, nel lungo termine, la spesa sanitaria “curandosi “ con il cibo giusto, è stato l’obiettivo accolto con favore dalla fondazione Agroalimentare e Ricerca – sostenuto da Fondazioni per il sostegno alla ricerca scientifica in campo agroalimentare che ha premiato il progetto COMPETiTiVE- Claims of olive oli to iMProvE The markeT ValuE of the product scelto tra 44 proposte, che ha messo in rete gruppi di ricerca di tutta la penisola, dalla Puglia alla Lombardia, dalla Campania alla Toscana, fino a giungere al Piemonte.

La proposta di individuare la detassazione dei “cibi salutistici” piuttosto che la tassazione dei “cibi spazzatura” è un dibattito aperto in Europa. UNIBA, grazie all’expertise del suo Rettore prof. Uricchio, si propone di valutare le strade giuridiche da individuare per indurre una riflessione, a livello europeo, per giungere a protocolli, best practise o regolamenti che possano aiutare il consumatore e i produttori a essere “attori” della salute pubblica. In definitiva l’approccio di ricerca circolare che mette insieme specialisti dei settori più disparati (giuristi con farmaceutici, tecnologi alimentari con ingegneri, economisti con biochimici, medici con agrari) ha permesso di affrontare il tema con un approccio multi-attore e interdisciplinare che mette al centro della ricerca la salute dell’uomo in relazione all’ambiente in cui vive e lo rende un unicum biota.
Biota? Quando la scienza sposa la lingua…. Ma questa è un’altra storia.

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