Bio e Natura 26/06/2004

USO IRRIGUO DELLE ACQUE SALMASTRE

I rischi ambientali sono noti fin dall’antichità, ovvero fin dai tempi dei Sumeri. I cambiamenti climatici e motivazioni economiche richiedono l’impiego anche di acque saline. Si impongono quindi tecniche agronomiche adeguate e la scelta di colture o varietà tolleranti onde evitare la salinizzazione e la perdita di fertilità del suolo


L’irrigazione costituisce il principale uso delle acque a livello europeo e ancor più a livello nazionale. D'altra parte il settore agricolo ha perso di valenza economica per quanto riguarda la produzione, pur conservando primaria importanza strategica e influenzando direttamente l'assetto territoriale su vasta scala.
Sebbene non si conoscano ancora con sufficiente affidabilità gli andamenti climatici per i prossimi decenni, va consolidandosi l'evidenza che variazioni significative del clima possano verificarsi in un arco di tempo assai più breve di quanto si ritenesse fino a pochi anni or sono e che in molte aree i prevedibili cambiamenti climatici porteranno a una riduzione delle disponibilità idriche e a un aumento dei fabbisogni colturali.
La crescente richiesta di acqua di buona qualità per usi domestici e industriali obbliga a fare
ricorso per gli usi irrigui a risorse idriche non convenzionali, quali in primo luogo le acque saline e quelle reflue urbane, ritenute prima non adatte: da questa esigenza sorge l'opportunità di riesaminare gli standard per l’uso di queste tipologie di acqua che erano stati elaborati in tempi di disponibilità idriche pressoché illimitate. Per quanto riguarda le acque moderatamente o altamente saline, le nuove ricerche hanno dimostrato che generalmente la tolleranza delle piante è più elevata di quanto si fosse creduto, e che non è corretto considerarla come il risultato di una relazione biunivoca fra specie vegetale e acqua salina dal momento che intervengono altri fattori quali la varietà e il clone, il clima, il terreno e la forma di gestione, i quali, se opportunamente coordinati, permettono di ampliare notevolmente i limiti convenzionalmente adottati.
Ciò naturalmente è ancora più difficile nel florovivaismo dove spesso la salinità è motivo di tossicità per le piante soprattutto se coltivate in vaso o in substrati artificiali. Anche in pieno campo il pericolo di una progressiva salificazione del terreno, con conseguente perdita della fertilità, non va certo sottovalutato. Per quanto riguarda i reflui urbani, accanto ai potenziali pregi discendenti non solo dalla risorsa idrica in sé ma anche dal carico di sostanza organica e di nutrienti si debbono evidenziare i rischi di ordine sanitario e ambientale legati al loro reimpiego in agricoltura ed anche nel florovivaismo.

Danni alle attrezzature e rischi ambientali
Tuttavia l’uso di acque irrigue di scarsa qualità può rivelarsi dannoso provocando danni alle attrezzature, rischi ambientali.
In particolare la possibilità di continue occlusioni degli impianti microirrigui, problema che si presenta per acque ricche di carbonati, ferro, magnesio o sospensioni solide oltre ad alghe o batteri, richiede un attento e cadenzato monitoraggio dell’intera rete irrigua, ugello per ugello, per scongiurare nocive disuniformità nella distribuzione dell’acqua. Inoltre un’alta concentrazione di cloruri, solfati o batteri solfato-riduttori può accelerare il decadimento e la corrosione delle condotte e di ogni altro organo lavorante in metallo.
I rischi ambientali maggiormente pericolosi consistono nella diffusione dell’inquinamento dal corso d’acqua al territorio, arrivando ad interessare oltre al suolo agrario le falde freatiche superficiali, la ricarica di falde di pregio, aree di civile abitazione e reti scolanti. Il rischio della salinizzazione e inquinamento dei corpi idrici da parte delle acque di drenaggio costituisce, quindi, un problema particolarmente gravoso quando si utilizzano acque saline. In questo caso, l’esigenza di aumentare il volume d’adacquamento per il fabbisogno di lisciviazione, comporta infatti l’ ulteriore inquinamento delle acque di drenaggio saline da parte di tutti quei pesticidi (concimi, nitrati, diserbanti, insetticidi, anticrittogamici ecc.) applicati nei suoli agricoli. Il fabbisogno di lisciviazione, molto spesso ritenuto uno dei presupposti per l’utilizzo delle acque saline, si pone, quindi, in profondo contrasto con la politica delle acque che mira ad isolare i suoli agricoli dal ciclo idrogeologico naturale. Limitandoci a considerare il problema dei soli sali, esperimenti condotti in lisimetri hanno dimostrato che, con un fabbisogno di lisciviazione di 0.2 ed un consumo idrico totale di 910 mm, le acque di drenaggio, utilizzando acqua d’ irrigazione a 0.1 e 3.3 dS m-1 hanno veicolato rispettivamente 2.33 e 18.12 t ha-1 anno-1 di sali.

Salinizzazione del suolo
Il deterioramento del suolo è indubbiamente l’effetto negativo più noto della pratica irrigua, e si manifesta direttamente sui suoli agricoli. L’acqua persa per evapotraspirazione è infatti essenzialmente pura, per cui i sali apportati con l’acqua d’irrigazione, anche se dolce, si concentrano nel suolo. Utilizzando un’acqua di buona qualità, con un contenuto di sali pari ad esempio a 400 mg l-1 , ed applicando un volume stagionale d’irrigazione di 500 mm, si apportano al terreno 20 t ha-1 di sali; se questi non vengono allontanati per lisciviazione nelle acque di drenaggio, e l’irrigazione continua nel tempo, il progressivo accumulo renderà via via più grave il disturbo osmotico e l’effetto tossico di alcuni ioni nei confronti delle colture fino all’isterilimento del suolo. Questo errore di gestione è stato commesso già 4000 anni fà dai Sumeri con la nascita dell’agricoltura nel bacino della Mesopotamia tra il Tigri e l’Eufrate, e viene tuttora ripetuto in quasi tutti i comprensori irrigui. Le aree salinizzate aumentano con un ritmo di circa 2 milioni di ettari l’anno, e si ritiene che la salinizzazione sia la seconda causa, dopo l’erosione, della perdita irreversibile della risorsa suolo. I problemi di salinizizzazione secondaria sono naturalmente accentuati quando si utilizzano acque dure, o in presenza di una falda salina superficiale, nei suoli con problemi di conducibilità idraulica e di drenaggio, nelle regioni aride e semiaride in cui all’ elevato flusso evapotraspirativo si associa la ridotta piovosità. Il degrado del suolo risulta quanto mai rapido ed irreversibile quando si utilizzano acque ad elevato contenuto in sodio o se si pratica l’irrigazione su terreni costituzionalmente sodici. Il rapido deterioramento strutturale che si manifesta in questi casi, particolarmente nei terreni colloidali, può rendere impraticabile la stessa agricoltura.

Tecniche agronomiche e scelta delle colture
Le specie vegetali si distinguono tra loro per un diverso grado di tolleranza alla salinità. Esistono specie che, nonostante alti livelli di conducibilità elettrica del suolo, riescono a fornire produzioni comparabili a quelle ottenute in terreni sani. Generalmente, le specie sono divise in quattro classi: tolleranti, moderatamente tolleranti, moderatamente sensibili e sensibili.
Tra le specie tolleranti sono da annoverare la barbabietola, il cotone, l'orzo. Sorgo e frumento sono generalmente comprese fra le mediamente tolleranti. Più numerosa risulta la terza classe (moderatamente sensibile) con soia, riso, mais e diverse altre specie orticole e da foraggio. Fortunatamente l'ultima classe (sensibili) comprende relativamente poche specie tra le quali si possono citare il fagiolo, la lattuga, l’arancio e il pesco.
Per avere un’idea della differenza esistente fra queste classi si può, in linea generale, asserire che queste ultime cominciano a manifestare cali produttivi quando la conducibilità del suolo supera 2-3 dS m-1, mentre il valore soglia delle tolleranti si attesta intorno a 15 dS m-1.
L'acqua irrigua, anche se dolce, contiene sempre dei sali e la quantità apportata supera sempre quella che le colture possono asportare. E' evidente, pertanto, che i sali tendono ad accumularsi nel terreno a meno che non vengano dilavati da una certa quantità d'acqua che percola lungo il profilo.
Una stima del fabbisogno di lisciviazione richiesto per mantenere il livello di salinità del terreno entro limiti accettabili, in base alla tolleranza della specie e della salinità dell’acqua, può essere ottenuta dall’ analisi della figura sottostante.



Posto che il dilavamento dei sali è necessario per una corretta gestione del terreno, occorre tenere presente alcune considerazioni. Innanzitutto, non è necessario prevedere la lisciviazione dei sali ad ogni adacquata, ma si può ricorrere a questa tecnica quando la salinità del terreno sta per raggiungere livelli di guardia, in funzione della tolleranza delle specie che ci apprestiamo a coltivare. Questa strategia ci consente di tener conto delle precipitazioni che se concentrate in un determinato periodo dell'anno, ad esempio quello autunno-invernale, possono essere sufficienti a dilavare il terreno. Inoltre, in questa maniera non è necessario soddisfare completamente i fabbisogni evapotraspirativi delle piante, ma si possono adottare regimi irrigui che prevedono ridotti volumi garantendo alti livelli di resa. Per favorire l'azione dilavante delle piogge invernali, una buona tecnica potrebbe essere quella di praticare un'abbondante irrigazione, portando l'umidità del terreno prossima alla capacità idrica di campo, prima della stagione piovosa.
La tecnica del dilavamento può essere praticata quando la falda è abbastanza profonda, il terreno è sufficientemente permeabile e non esistono strati che impediscono la percolazione profonda. Ad esempio, in caso di falda superficiale e in assenza di impianto di drenaggio, la percolazione profonda potrebbe essere controproducente determinando una risalita della stessa, accentuando i problemi di salinità o creando problemi di anaerobiosi. Occorre, infine, sottolineare che l'entità e l'epoca del dilavamento devono essere scelti tenendo conto della programmazione riguardante le lavorazioni del terreno, aspetto questo di particolare importanza per quei terreni argillosi di per sé difficili da lavorare per quanto riguarda i tempi di esecuzione e la qualità degli interventi.

di Ernesto Vania