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Australia e Canarie. La produzione dell’olio d’oliva ha due facce

Alle prese con siccità, fine delle agevolazioni e quotazioni molto basse la cavalcata dell’Australia oliandola si è arrestata, forse definitivamente. Nelle Canarie si piantano olivi e si guarda al turismo enogastronomico

04 settembre 2010 | T N

L’Australia, l’anno scorso, ha prodotto 15.000 tonnellate d’olio d’oliva, una crescita enorme se pensiamo che nel 2004 erano solo 2500, ma certamente non sufficienti per far rientrare questo Paese nell’alveo dei grandi della produzione oliandola.
Anche considerando la produzione di olive da tavola (circa 3000 tonnellate) il valore complessivo della produzione è stato di 164 milioni di euro, con qualche previsione di crescita ma con il settore maturo entro la fine di questo decennio.

Sono i grandi produttori, che rappresentano il 70% della produzione del Paese, a non credere più nel comparto avendo, di fatto, cessato gli investimenti che per molti anni hanno arricchito le aree di Victoria e di Perth.

Si parla ormai apertamente della necessità di un rilancio dell’olivicoltura australiana che passi attraverso un piano che valuti i seguenti elementi: grave siccità, cambiamento climatico, la fedeltà dei consumatori, la concorrenza all'esportazione, le sfide di marketing e la situazione finanziaria internazionale.

Proprio la mancanza di acqua per l’irrigazione e la tendenza del governo australiano a voler spostare questa coltura nelle zone più aride sta portando a diverse problematiche, non molto dissimili da quelli di alcuni aridi ambienti mediterranei.
Ed è così che l’Australia spera, per un rilancio e per la ripresa degli investimenti, nell’arrivo di imprenditori europei ed asiatici, interessati a colonizzare questo mondo con la prevista scomparsa dei sussidi Ue dopo il 2013 e l’interesse crescente per l’olio d’oliva da parte di alcuni Paesi che vantano rapporti commerciali stabili e affidabili con l’Australia.

La sfida è lanciata, con l’ultimo Australian Olive Industry Research, Development and Extension (RD&E) Plan for 2010-2015, ma c’è sicuramente meno ottimismo.

Si brinda invece ai nuovi impianti oliandoli nelle Isole Canarie, doveil progetto di avviare la produzione è stato avviato già dal 2005 e sembra dare i primi frutti se a sbilanciarsi è il Ministro dell’agricoltura dell’Arcipelago.
Ad essere interessate sarebbero le isole di Granadilla de Abona, Agüimes (in Gran Canaria) and Fuerteventura.

Il principale merito di questo progetto è di aver scelto immediatamente una varietà locale, apparentemente selvatica, la Acebuche, che sembra ora dare buoni risultati.

Ma perché le Canarie avrebbero bisogno di produrre olio extra vergine d’oliva?
Semplicemente per implementare la loro offerta enogastronomia, cercando in questa nuova coltura un’altra occasione di business. Certo le quantità prodotte, per stessa ammissione del governo locale, saranno minime ma magari sufficienti a soddisfare i 12 milioni di turisti 8su 2 milioni di residenti9 che ogni anno affollano l’Arcipelago.

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