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Il vino italiano a caccia dei new consumers asiatici

New Delhi e Singapore, due realtà distanti e diverse, ma con straordinarie analogie. In questi mercati l’Italia non ha ancora sfondato e si può certo fare molto di più

25 aprile 2009 | Graziano Alderighi

Il consumo medio di vino in India è pari a un cucchiaio, ma questo sub continente, dove vivono 1,1 miliardi di persone, dei quali il 70% al di sotto dei 35 anni, rappresenta al contempo una sfida e un’occasione per la vitivinicoltura italiana.

Che il mercato indiano sia sempre più strategico per i prodotti d’alta gamma, infatti, lo confermano le cifre. Con tassi di crescita a doppia cifra, attestatisi in un anno di crisi, come il 2008, al 5%, la classe medio alta indiana cresce e, già oggi, rappresenta il 2% della popolazione: 20-25 milioni di persone.

Il valore delle bevande alcoliche in India ha raggiunto i 9 miliardi di euro all’anno e potrebbe presto sfondare tale tetto.
Oggi il consumo di alcol è prevalentemente concentrato su birra e superalcolici ma i consumi di vino crescono stabilmente del 20% all’anno, con preferenza per i bianchi aromatici in grado di sposarsi con la speziata cucina del subcontinente.

Il consumatore del ceto medio alto possiede un livello di formazione elevato e un’ottima conoscenza dei Paesi stranieri, assumendone in alcuni casi mode e mentalità.
Il ritorno di professionisti dall’estero, che tornano in patria dopo aver conseguito successo e fortune altrove, è un ulteriore elemento che potrebbe favorire una più veloce occidentalizzazione del mondo indiano.

Se allunghiamo lo sguardo, arrivando a Singapore, il più piccolo Paese del sud est asiatico, potremmo notare che sta diventando un vero e proprio “wine hub” per le migliori produzioni dei cinque continenti.
Solo 4 milioni e mezzo di persone e un fatturato vitivinicolo che sfiora i 300 milioni di euro all’anno.
Le nostre produzioni sono ancora per lo più sconosciute, con una quota di mercato solo del 2,3%. Fanno da padroni, in assoluto la Francia (75%), seguita dall’Australia (11%). Gli italiani si possono consolare solo con la leadership nei vermouth e altri vini aromatizzati (53%).

Il target principale a Singapore è costituito dalla popolazione cinese (70% del totale) che dispone dei redditi più elevati ed è abituata a viaggiare e frequentare ristoranti stranieri, che oggi rappresentano il principale veicolo promozionale e commerciale del vino.

Anche in questo Paese la quota di espatriati che stanno tornando a casa inizia a essere considerevole (2,5% della popolazione) e offre un bacino di utenza promettente per i produttori italiani.

Fonte: Centro Studi Veronafiere

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