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Vertice Fao: molti obiettivi, poche soluzioni

Dopo due giorni di dibattiti e polemiche, oltre ad aver racimolato qualche decina di milioni di euro, si deve prendere atto di un fallimento e di un successo

07 giugno 2008 | Graziano Alderighi

I documenti approvati durante il vertice Fao di Roma sull’emergenza alimentare, in extremis e dopo numerosi tentennamenti, sono un compromesso al ribasso.
Disegnato il quadro e definiti gli obiettivi sono invece rimandate sine die le soluzioni ai grandi problemi sollevati.

La dichiarazione del direttore della Fao, a questo proposito è esemplificativa. “Credo che siano stati raggiunti risultati all'altezza delle nostre aspettative. Non è stato facile mettere d'accordo i rappresentanti di 181 paesi diversi. Abbiamo riconfermato il nostro impegno nei confronti degli obiettivi del millennio”.

Le maggiori critiche, durante e dopo il vertice, non sono venute, come era lecito aspettarsi dai Paesi africani ma da quelli del blocco latino americano, con in testa l’Argentina.
''Vogliamo solo dichiarare le nostre obiezioni su tutta la dichiarazione - ha ribattutoli rappresentante argentino - non ci opponiamo che gli altri membri approvino la dichiarazione ci rammarichiamo che, pur condividendo molti passaggi delle dichiarazioni di Venezuela e Cuba, che molte delegazioni presenti abbiano cancellato con un solo colpo di spugna ciò che in tutta la settimana era stato dichiarato su come risolvere i problemi della fame''. Più esplicito il rappresentante dell'Avana, ''non abbiamo trovato una soluzione al problema della fame. I ricchi e i potenti continuano ad impedirlo''.

Per compensare il sostanziale fallimento politico del vertice, la Fao ha annunciato l'erogazione di 17 milioni di dollari, contro però i 30 necessari, secondo le dichiarazioni iniziali del direttore Jacques Diouf per affrontare le contingenti gravi emergenze alimentari.
Ben più alti i fondi necessari per interventi strutturali ad affrontare il problema fame che coinvolge oggi quasi un sesto della popolazione mondiale. Secondo il segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon sarà necessario un impegno finanziario continuativo che ammonterà a 15-20 miliardi di dollari all'anno.
Nel corso del vertice però Paesi e organizzazioni si sono impegnati a stanziare “solo” 6,5 miliardi di aiuti. La Banca Mondiale ha promesso 1,2 miliardi di dollari, gli Usa 1,5 miliardi, la Francia 1,5 miliardi su 5 anni, il Regno Unito 590 milioni di dollari. L'Italia, secondo quanto aveva annunciato in precedenza il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, si è impegnata a versare 190 milioni di euro.

Nel complesso il giudizio espresso dal nostro Ministro degli Esteri Frattini, ovvero di un vertice “deludente”, è quello più vicino alla realtà.

Tutte le questioni chiave sono state sostanzialmente trascurate o appena accennate nei documenti ufficiali, a tal proposito basti pensare che i biocarburanti sono solo al quindicesimo punto della dichiarazione finale, ma proprio perché queste centrali problematiche, prima fra tutte i cambiamenti climatici, sono state eluse, i mass media vi si sono concentrati e hanno cominciato a interrogarsi sui motivi dell’attuale stallo politico.

Si è quindi tornati a parlare di agricoltura e l’opinione pubblica è stata correttamente informata che esiste un serio rischio cibo nei prossimi anni se non si riuscirà ad incrementare la produzione delle derrate alimentari principali, le cosiddette commodities, nel volgere di 20 anni.
Lo sviluppo rurale globale è divenuto tema dell’agenda politica mondiale e sarà affrontato anche al prossimo G8.

Per comprendere meglio la dimensione del problema è però necessario capire quali sono i numeri dell’agricoltura che, oggi, occupa circa il 10% delle terre emerse, esclusi i ghiacci, ovvero circa 3,9 miliardi di ettari. Due miliardi di tonnellate di cereali vengono prodotti annualmente per cibo e mangimi per l'allevamento, provvedendo così a due terzi delle proteine assunte dall'uomo. Circa il 10% dei cereali viene scambiato a livello internazionale. Nel 2008 la produzione di cereali crescerà del 3,8%, arrivando a toccare 2,191 milioni di tonnellate, ma questo non riporterà i prezzi alla normalità a causa della necessità di ricostituire le scorte e per l'aumento della domanda globale, proveniente soprattutto dai Paesi emergenti come Cina e India. Paesi dove la dieta sta cambiando: oggi, in Cina si consumano 50 kg di carne all'anno, rispetto ai 20 kg consumati nel 1985. La produzione mondiale di derrate alimentari risulta quindi appena sufficiente a coprire le necessità attuali ed è sempre più condizionata da eventi climatici estremi, come siccità e inondazioni, che può causare enormi perdite.
L'agricoltura è anche il settore che consuma la maggiore quantità d’acqua, una risorsa tutt’altro che inesauribile. Oggi circa il 75% delle risorse di acqua dolce da falde, laghi e fiumi impiegate per le attività umane sono consumate in agricoltura, una percentuale che sale al 95% in alcune aree.. Al contrario di quanto si pensi, infatti, le maggiori superfici irrigate non si trovano nei Paesi industrializzati ma in Africa e nell’Estremo Oriente.
Un altro dei fattori che si legano all'emergenza cibo è costituito dai biocarburanti, la cui domanda, secondo la Fo, aumenterà di 12 volte entro il 2016, passando da 15 a 110 milioni di tonnellate. Per il momento, però "non sono la causa dell'aumento dei prezzi delle materie prime agricole; è solo una bolla mediatica, pesano infatti meno del 15% sui rincari", secondo il responsabile del gruppo di lavoro della Fao sulla bioenergia, Jeff Tschirley.
Nessuno di questi fattori, in sé, è fonte di criticità estreme, ma l’incrociarsi di congiunture sfavorevoli può provocare crisi alimentari di gravissima entità e centinaia di migliaia di morti per fame.
Occorre, insomma, un nuovo progetto di sviluppo rurale globale che non coinvolga solo i Paesi emergenti ma tutto il pianeta.

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