Mondo
Il business dell’olio di oliva piace ad Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti

L’Autorità araba per gli investimenti e lo sviluppo si presenta al COI ed è pronta a sostenere i piccoli olivicoltori e sviluppare le comunità locali. Dopo il petrolio, l’olio d’oliva parlerà arabo
25 ottobre 2023 | C. S.
Il direttore esecutivo del Consiglio Oleicolo Internazionale ha visitato l’Arabia Saudita il 19 settembre, dove è stato ricevuto dal capo della delegazione di questo nuovo paese membro del COI.
Si è poi recato il 21 settembre a Muscat, capitale del Sultanato dell'Oman, dove ha preso parte ad un workshop sul settore olivicolo.
In questa occasione, Abdellatif Ghedira ha presentato il COI e i suoi obiettivi, e ha spiegato cosa porta l'Organizzazione ai suoi paesi membri. Ha incoraggiato i partecipanti a prendere in considerazione la creazione di un laboratorio di analisi fisico-chimiche e di un gruppo di degustazione per controllare meglio la qualità degli oli d'oliva e combattere le frodi. Ha inoltre raccomandato ai rappresentanti del Ministero dell'Agricoltura di istituire un vivaio di ricerca per studiare l'adattamento delle varietà di olivo alle condizioni climatiche del paese. I contatti con l’Ambasciata del Sultanato dell’Oman a Madrid saranno intensificati con l’obiettivo di esplorare modi per stringere legami più stretti con il COI. Il direttore esecutivo del COI è stato invitato a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, anche dal presidente dell'Autorità araba per gli investimenti e lo sviluppo (AAAID), che apporta capitali a 56 aziende in 12 paesi arabi con l'obiettivo di sostenere il loro sviluppo agricolo.
Questa autorità incoraggia programmi di sviluppo per sostenere i piccoli agricoltori e sviluppare le comunità locali, fornisce servizi di consulenza e realizza studi di fattibilità. AAAID ha informato il direttore esecutivo della sua disponibilità a collaborare con l'Organizzazione per sostenere il finanziamento del settore olivicolo nei suoi paesi membri. Abdellatif Ghedira ha invitato l'AAAID a partecipare in qualità di osservatore alla prossima riunione del Comitato consultivo del CIO che si terrà mercoledì 22 novembre a Madrid, dove potrà presentare la propria iniziativa e spiegare ai rappresentanti del Comitato le condizioni e i criteri di finanziamento progetti olivicoli.
Non dovrebbe stupire il grande interesse del mondo arabo per l’olivicoltura e l’olio d’oliva sen consideriamo che la Siria, prima della guerra civile, era la quarta potenza olivicola del Mediterraneo, alle spalle di Spagna, Italia e Grecia, con produzioni che spesso sfioravano le 300 mila tonnellate annue.
Il mondo arabo vuole prendere la leadership dell'olio di oliva mondiale
E’ poi notizia di due anni fa che l'Arabia Saudita aveva messo a dimora venti milioni di olivi, tutti secondo il modello superintensivo spagnolo, nella provincia di Al Jouf, al confine tra Iraq e Giordania. Proprio in Arabia Saudita si trova l’oliveto più grande del mondo appartenente ad un’unica proprietà, la Al Jouf Agricultural Development Company, oltre 5 milioni di olivi su un’area di 7.335 ettari e azienda agricola nata negli anni ’90 con capitali sauditi, che nel 2018 si è guadagnata un posto nel Guinness world records. Qualche anno fa è stato annunciata la partnership tra l'Università di Al-Jouf e l'Università di Jaén su temi di ricerca relativi al settore olivicolo per migliorare la capacità di produzione. Un totale di progetti di ricerca 21 sono previsti nell'ambito di questo accordo responsabile della creazione di un Centro avanzato per gli studi sull'olio di oliva e di oliva e il trasferimento di tecnologia e conoscenze tecniche.
La visione del principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman Al Sa'ud, riassunta in Vision 2030 sembra insomma voler contagiare l’intero mondo arabo. Il progetto punta al raggiungimento dell’autosufficienza alimentare e all’aumento degli investimenti e delle entrate economiche, nonché alla difesa dell’ambiente, grazie al conseguente aumento della copertura vegetale, al miglioramento del clima e alla resistenza alla desertificazione. Si tratta di un insieme di obiettivi che ben si adattano allo sviluppo dell’olivicoltura che è sequestratrice di carbonio, quindi green, produce olio di oliva e potenzialmente diversi ingredienti alimentari grazie ai sottoprodotti di frantoio, contrasta sicuramente la desertificazione, adattandosi a climi sud desertici, come testimoniato dalla resistenza degli oliveti al confine col Sahara. L’unica incognita è rappresentata proprio dalla sostenibilità economica di tali progetti, ovvero se simili oliveti possano anche risultare redditizi nel medio-lungo periodo, considerando l’impatto presente e futuro dei cambiamenti climatici. Certo è che l’olivicoltura, tra le varie colture, rappresenta uno dei comparti a più bassa indicenza degli investimenti e quindi interessante anche solo come scommessa economico-finanziaria, senza contare la ricaduta occupazionale per alcuni territori poveri e poco sviluppati dei paesi arabi.
E’ quindi probabile che, nel volgere di qualche anno, molti petrodollari verranno investiti nel settore olivicolo e forse anche alla conquista di qualche marchio oleario in difficoltà economica, per valutare il potenziale di un comparto che può rendere il mondo arabo non solo autosufficiente ma anche leader dell’olio di oliva mondiale.
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