Mondo
La regolamentazione sul biologico diventa sempre più globale
L'intensificazione degli accordi bilaterali ha un preciso fine per gli Stati Uniti: il raddoppio dell'export dei prodotti agricoli entro il 2015, come promesso dal Presidente Obama
11 luglio 2014 | Ernesto Vania
Attualmente, gli Stati Uniti hanno "accordi di equivalenza", sul biologico, con il Canada, l'Unione europea e il Giappone.
Questi accordi prevedono che i paesi coinvolti prevedano di avere regolamenti organici e sistemi di controllo reciprocamente riconosciuti. Ciò significa che i prodotti possono essere venduti come biologici in entrambi i mercati, senza ulteriore certificazione o documentazione.
Non è ancora la via di un unico bollino, riconoscibile a livello globale, ma poco ci manca.
Tre grandi accordi commerciali internazionali sui prodotti bio sono stati siglati negli ultimi cinque anni. Perchè gli Stati Uniti hanno spinto così tanto per questi accordi? Tutto sta in un programma, il National Export Initiative, varato dal Presidente Obama che ha promesso un raddoppio dell'export di prodotti agricoli entro il 2015.
Gli Stati Uniti vogliono insomma una riconosciuta leadership in campo agricolo non solo nel segmento delle commodities ma anche in quello dei prodotti premium, come sono, di fatto, i biologici.
Oggi, a livello internazionale, l'Unione europea riveste un ruolo di primo piano.
Gli Stati Uniti, tuttavia, si stanno muovendo rapidamente. In Israele, India e Nuova Zelanda, il governo degli Stati Uniti è già riconosciuto quale autorità competente ad accreditare gli organismi di certificazione e controllare e certificare gli alimenti biologici. Un indubbio vantaggio competitivo per i produttori americani che possono così ottenere tutti i documenti a i nulla osta a casa propria, andando sui mercati esteri senza ulteriori impedimenti.
Secondo Bob Anderson, della Organic Trade Association: "questi accordi hanno eliminato la maggior parte delle conflittualità commerciali esistenti ed hanno aperto nuove opportunità."
E ora gli Stati Uniti cominciano a pensare a nuovi accordi con Cina, Messico, Corea e Brasile che, allo stato attuale, prevedono regole proprie, senza alcuna equivalenza con le norme statunitensi.