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I frantoiani greci sul piede di guerra

L'industria turistica ha imposto una revisione dei limiti di carico inquinante delle acque di vegetazione. Impossibile continuare a sversare nei fiumi o nel mare. Alla vigilia della campagna olearia vi sono così 2300 impianti fuorilegge

14 luglio 2012 | Ernesto Vania

Era un braccio di ferro in atto da tempo quello tra i frantoi greci e l'industria turistica.

Agli impianti molitori conveniva certamente il mantenimento dell'assetto normativo che consentiva lo sversamento diretto nei fiumi, corsi d'acqua e lo stesso mare delle acque di vegetazione durante la stagione olearia. Fino alla campagna 2011/12 infatti non serviva alcun permesso o autorizzazione per compiere tale operazione.

L'industria turistica però premeva affinchè fossero introdotti gli stessi limiti ambientali presenti in altri Paesi, come l'Italia, a tutela dei villeggianti estivi e del 18,5% di Pil derivato proprio dal turismo.

Alla fine ha vinto il settore turistico e i limiti di BOD (richiesta biochimica d'ossigeno) sono stati tanto abbassati (alcune migliaia di volte) da rendere impossibile la gestione delle acque di vegetazione con i precedenti sistemi. La legge è stata approvata ad aprile ed è già in vigore, per cui gli operatori stanno confrontandosi sulle conseguenze proprio alla vigilia della riapertura degli impianti.

I frantoiani greci si trovano di fatto ad affrontare le stesse problematiche in cui i colleghi italiani si dibattono ormai da anni.

Le possibilità sono lo stoccaggio delle acque e la loro purificazione per decantazione, per poi utilizzarle a fini irrigui, oppure lo smaltimento attraverso ditte autorizzate. In entrambi i casi di tratta di soluzioni onerose, anche perchè lo stoccaggio e successivo uso irriguo richiede comunque permessi da parte del Dipartimento nazionale per l'acqua.

Le procedure si presentano complesse e la soluzione prospettata dalle autorità per ovviare al problema è l'acquisto di un nuovo impianto a due fasi, passaggio già effettuato dalla Spagna ma a cui i greci sono restii.

La conversione da tre a due fasi nel Paese iberico avvenne in tutt'altro contesto economico e i frantoiani che vi aderirono ricevettero sostanziosi contributi pubblici.

La situazione emergenziale della Grecia, la crisi economica globale, lo stato di salute precario del comparto, le quotazioni ai minimi storici dell'extra vergine, rendono l'operazione assai ardua ed eccessivamente dispendiosa.

Per questa ragione i 2300 frantoi, su un totale di 2500, che hanno impianti a tre fasi sono sul piede di guerra.

E' infatti già cominciato un duro braccio di ferro con politici e funzionari per ottenere uno slittamento dell'entrata in vigore della norma o quantomeno un'applicazione morbida della stessa il primo anno.

A dar man forte ai frantoiani anche le raffinerie che non vogliono vedersi consegnare pasta umida per l'estrazione, con conseguente maggiore dispendio energetico e un incremento dei costi che potrebbe persino rendere antieconomico il procedimento.

 

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