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La protesta degli olivicoltori australiani in un bagno d'olio

La protesta degli olivicoltori australiani in un bagno d'olio

Continua, con diverse forme, l'assalto anglofono alle attuali norme sugli oli extra vergini d'oliva. In Australia si punta tutto sull'etichettatura. In Usa e Canada si rinverdiscono pirofeofitine e diacilgliceroli

12 maggio 2012 | Graziano Alderighi

Diverse forme e metodi di protesta ma un unico scopo, ovvero una modifica sostanziale della normativa commerciale in tema di olio d'oliva.

Plateale e scenografica la protesta messa in atto da parte di un produttore australiano che di fronte al Parlamento di Canberra ha scelto di svuotare le sue bottiglie d'olio d'oliva e di farsi un bel bagno d'olio extra vergine d'oliva. Il novello nuotatore si chiama Richard Whiting e proviene da Frances nell'Australia del Sud.

La sua protesta è politica, denunciando come, nonostante gli olivicoltori australiani si siano dotati di standard rigorosi per la produzione questi non siano ancora stati ratificati dal Parlamento australiano e che così si favorisce solo il business delle grandi industrie estere e dei supermercati a danno dei consumatori australiani. La protesta ha avuto un certo successo, tanto che due senatori si sono immediatamente attivati. John Williams e Ron Boswell hanno promesso che il parlamento se ne occuperà nel giro di due settimane. Nel frattempo l'associazione olivicoltori australiana ha denunciato una riduzione dei prezzi all'ingrosso del 50% negli ultimi mesi per la loro produzione.

Meno d'impatto ma ugualmente significativa l'iniziativa congiunta di Usa e Canada. Durante la consueta riunione annuale dell'American Oil Chemists’ Society una sessione di lavoro è stata interamente dedicata all'olio di oliva. Durante i lavori è stato bacchettato il Coi, reo di non voler modificare le proprie norme, anche quando contrastano con la realtà scientifica. E' infatti stato riportato l'esempio dei livelli “fuorilegge” di campesterolo e delta 7 stigmasterolo di olio d'oliva da cultivar Barnea coltivata in regioni con clima subtropicale. Stessi problemi sono stati evidenziati per alcuni oli australiani. Allo stesso tempo è stato dedicato molto spazio a due metodi analitici, mai approvati ufficialmente dal Coi, nonostante vengano ampiamente utilizzati dall'industria olearia, anche europea, come efficaci misure della qualità del prodotto e contro eventuali sofisticazioni. Claudia Guillaume ha presentato infatti tre ricerche in merito all'utilizzo di pirofeofitine (PPP) e diacilgliceroli (DAGs) per l'olio d'oliva. I dati sono stati confermati anche dalla statunitense Selina Wang e dal tedesco Christian Gertz.

Nonostante le pressioni per una revisione dei limiti e delle metodiche, tuttavia, non sono mancati riconoscimenti all'efficacia dei parametri Coi nel prevenire le frodi e salvaguardare i consumatori. Angela Sheridan, del Canadian Food Inspection Agency, ha infatti riportato la propria esperienza nel controllo della qualità delle produzioni importate in Canada. L'applicazione degli standard Coi ha portato a una diminuzione di oli adulterati dal 47% del 2006/07 all'11% del 2009/10.

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