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E la patata salvò il mondo

E la patata salvò il mondo

Un volume di 900 e passa pagine, il tredicesimo della collana “Coltura&Cultura”, mette in evidenza il tubero più famoso al mondo. Visto in tutte le sue dinamiche

21 maggio 2011 | Luigi Caricato

Ogni evento legato alla collana “Coltura & Cultura” è sempre una gran festa.

Primo: perché non esiste in Italia una editoria che investa in maniera così seria, efficace e coordinata sul fronte agricoltura.

Secondo: perché la qualità dei tredici volumi finora pubblicati è davvero impareggiabile.

Terzo: perché la capacità di Bayer CropScience, la vera anima propulsiva dell’intera collana editoriale, nell’investire in cultura è al momento l’unica speranza su cui poggia l’intero settore agroalimentare.

Senza “Coltura & Cultura” ci sarebbe il vuoto più totale. A parte alcune felici eccezioni, depotenziate tuttavia dalla mancanza di una linea programmatica, il resto dell’editoria può offrirci soltanto fuffa: ricettari che portano in copertina il nome della Clerici o della Parodi, o altre corbellerie simili, camuffate dalla parola “cultura”, quanto mai fuori luogo in simili casi.

E veniamo all’ultimo volume in ordine di pubblicazione. Si intitola La patata: 900 e passa pagine, a colori, con illustrazioni molto utili, 104 autori coinvolti, di cui 24 stranieri e 24 tra scrittori e giornalisti, con la restante parte espressione di studiosi della materia – docenti univesitari, ricercatori – nonché operatori del settore pataticolo.

E’ un’opera monumentale. Chi l’avrebbe detto che un tubero potesse accumulare tante pagine di sapere. A volte ci si nutre senza assegnare la giusta importanza a ciò che mangiamo, e invece, sgogliando le tante pagine del volume si resta sbalorditi per la quantità di informazioni riportate. Merito di un format vincente, ideato da Renzo Angelini, e dei due curatori che hanno saputo lavorare con grande determinazione e coesione. Da una parte ilricercatore Luigi Frusciante, dell’Università di Napoli Federico II; dall’altra il giornalista e scrittore Giancarlo Roversi.

Nei giorni 16 e 17 maggio 2011 ho partecipato anch’io dapprima alla conferenza stampa che si è svolta a Bologna, e poi alla presentazione del volume a Budrio, una tra le capitali mondiali della patata. Erano presenti tra il pubblico l’intera filiera, con rappresentanti provenienti da tutta Italia, uniti nel celebrare i valori e il valore della patata.

Il volume, il tredicesimo della collana “Coltura&Cultura” è dedicato alla memoria di Carlo Cannella, che è tra l’altro uno degli autori del volume, come di tutti i precedenti, nonché l’ispiratore della stessa collana insieme con Renzo Angelini.

Le due giornate sono state ricche di spunti. E’ difficile esaurirli tutti in poche righe, di conseguenza questa mia nota serve solo a stimolare riflessioni, non a riportare una dettagliata cronaca dei due giorni. Ciò ch’è soprendente, è la capacità di Bayer CropScience nel riuscire a mettere insieme una solida presenza di giornalisti, mmetendola in diretto contatto con gli specialisti della pataticoltura italiana, quelli operanti presso le aziende più qualificate del Paese.

Tra i 104 autori autori possiamo ricordarne alcuni. Lo scrittore Luca Goldoni, per esempio; come pure Paolo Villoresi De Loche, ch’è presidente di Italian Cooking Forum di New York; o Giovanni Ballarini, che ricopre l’incarico di presidente dell’Accademia Nazionale della Cucina; ma anche Marco Spagnoli, giornalista e critico cinematografico. Come pure tutti gli altri non citati, ma come si fa elencarli tutti? Impossibile. La migliore soluzione, che spero tutti quanti voi che leggete, possiate condividere, è di procuravi il volume. Costa un bel po’: 100 euro, ma li vale tutti; anzi, c’è da dire: costa così poco?

Questo volume sulla patata, insieme cone gli altri dodici volumi finora pubblicati, è tuttavia un investimento sul futuro dell’agricoltura. E ha detto bene infatti Renzo Angelini: “l’agricoltura è sempre percepita male, ma nessuno pensa che agricoltura significhi alimentare”. E’ bene riflettere su queste sante parole. Senza uno sguardo attento e profondo su ciò che avviene nelle campagne, anche le nostre pance grideranno vendetta nel momento non avranno di che alimentarsi.

“Con “la patata” – ha dichiarato inoltre Renzo Angelini, technical Management & Communications Head di Bayer CropScience in Italia – la pluralità degli autori ha saputo dimostrare la centralità dell’agricoltura oltre l’aspetto produttivo e la reale possibilità di fare sistema tra ricercatori, produttori e comunicatori, senza dimenticare la preziosa collaborazione della ristorazione, rappresentata dalle 50 ricette descritte da altrettanti chef italiani”.

Ecco, la ristorazione. Si può ripartire in fondo da qui per continuare a trasmettere cultura di prodotto, per non cadere nelle maglie della banalizzazione del cibo, senza di conseguenza scivolare nella perversa idea di considerare la patata non più un semplice prodotto commodity, ma un cibo che esprime anche cultura, anche attraverso i suoi più disparati impieghi, perfino quelli non alimentari, come brillantemente ne ha scritto Enzo Lo Scalzo.

 

A PROPOSITO DI OLIO E PATATE

All’interno del volume, ed esattamente nella sezione “Alimentazione”, c’è un capitolo a mia firma dal titolo “Patate: quale olio per condirle, quale per cucinarle, quale per friggerle”. Da segnalare in particolare il box dal titolo “Un territorio, un olio, un abbinamento”, dove, procedendo regione per regione, segnalo una ricetta esemplificativa, l’olio più indicato, individuandolo per cultivar da cui è ricavato e per tipologia di intensità di fruttato. Una bella esperienza che rientra nel progetto Olio Officina e che vi raccomando di leggere.

 

E PATATA SIA!

Ed ecco infine, per concludere, alcuni curiosi spunti raccolti da Giovanni Carrada e Mauro Mennuni in occasione della presentazione ufficiale del volume.

 

L’umile patata. Bella non è. Eppure, proprio perché come spesso acade alle persone cui il destino non ha riservato un bell’aspetto, col tempo è riuscita a conquistare tutti. La sua “lunga marcia”, partita dalle Ande, ha raggiunto prima l’Europa, poi in Nord Amaerica e l’Australia, quindi l’Africa e l’Asia: il maggior produttore e consumatore mondiale è ormai la Cina.

Il vero tesoro degli Inca. L’addomesticamento della patata avviene almeno 7000 mila anni fa sulla’ltopiano attorno al lago di Titicaca, fra Bolivia e Perù, a una quota di circa 4000 mila metri. Ancora oggi nelle comunità andine ogni operazione colturale si svolge con un apposito rito, perché la patata è il dono più prezioso che la madre terra abbia fornito all’uomo. Diversamente devono pensarla i Conquistadores, venuti alla ricerca di oro e argento, ma grande è il loro errore di valutazione. Per molto tempo la patata verrà considerata cibo adatto agli schiavi africani in viaggio verso le Americhe. Anche noi abbiamo impiegato un paio di secoli per capire quanto vale la patata.

La patata fa decollare l’Europa. Alla fine del Settecento, quando intere regioni europee ne stanno facendo il cardine della propria produzione agricola, il padre dell’economia Adam Smith spiega perché la coltura della patata è di immensa portata economica, sociale e demogfrafica: la sostanza secca prodotta da un acro coltivato a patate è almeno tre volte superiore a quella del frumento, ma il prezzo è quattro volte inferiore.

La patata fa la ricetta. La capacità di assorbire bene i condimenti fa della patata il compagno perfetto per ogni pietanza e in ogni occasione. E se non ci sentiamo sofisticati c’è sempre la buona, semplice e mai fuori moda patata lessa. Con l’olio extra vergine di oliva giusto, leggermente fruttato, morbido e delicato… non ha rivali!

Regione che vai, patata che trovi. E chi vuole sapere tutto sulla patata senza girare come una trottola da una regione all’altra? Niente paura. A Budrio, alle porte di Bologna, c’è anche un museo a lei dedicato, inaugurato nel 2008: l’anno internazionale della patata.

La patata pop. Pur bruttina, la patata fa simpatia. Soprattutto negli Stati Uniti. Gli americani la patata l’hanno infilata ovunque, persino nei film di Hollywood. Celebre è lo scambio di battute tra Vincent e Jules in Pulp fiction mentre discutono un grossolano errore che commettono gli olandesi: affogano le patatine fritte nella maionese invece che nell’americanissimo ketchup… “Goddamn!

 

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