Italia

L'olivagione nel Molise. Tutto bene, ma serve una politica di rinnovamento

Gli allarmismi diffusi da giorni in merito a prezzi bassi a quintale delle olive non trovano riscontro. Anche l’allarmismo esagerato di una raccolta inquinata dalla mosca e, quindi di scarsa di qualità, è infondato

17 ottobre 2009 | Pasquale Di Lena



È il 12 ottobre che ha preso l’avvio la campagna di raccolta delle olive, per un’antica abitudine del mondo contadino di partire subito dopo la Fiera di Ottobre di Larino, che da secoli ha segnato il calendario nel Basso Molise, là dove l’olio nuovo arriva prima che da altre parti.

C’è, però, chi ha cominciato a raccogliere e a macinare sin dall’inizio della settimana scorsa, grazie alla disponibilità del frantoio cooperativo di Larino di mettere a disposizione la sua struttura a ciclo continuo. Una scelta che ha dato risposte altamente positive, sia sotto l’aspetto delle quantità di olive prodotte che della qualità.

C’è sempre un prezzo da pagare per la qualità e, in questo caso, per l’anticipo di una settimana della raccolta, con la bassa resa in olio – intorno ai 12 chilogrammi di olio, in media, per quintale di olive nei cinque giorni di raccolta - per la semplice ragione che le olive poco mature, appena invaiate, contengono ancora molta acqua e, quindi, pesano di più.
Sta qui l’altro costo da pagare alla qualità ed è quello della molitura per un maggior peso delle olive macinate.
Il vantaggio ricavato dal frantoiano, però, viene ripagato dalla qualità eccelsa che il consumatore esigente riesce ad apprezzare e, anche, a pagare il dovuto prezzo.

Gli allarmismi diffusi da giorni di prezzi bassi a quintale, che, nel corso degli ultimi anni sono diventati frequenti e abbastanza forti, non trovano riscontro nella realtà (solo in questa si comincia a formare il prezzo di mercato), a dimostrazione che sono funzionali solo a chi ne trova vantaggio, appropriandosi di una raccolta di qualità e di ripagarla con quattro soldi per vendere la nostra “Gentile di Larino”, oggi, e le altre varietà autoctone del Molise, domani, sotto il nome di oli pregiati delle Marche o di altre Regioni.

Anche l’allarmismo esagerato di una raccolta inquinata dalla mosca e, quindi, scarsa di qualità è infondato, nel momento in cui trattamenti sono stati fatti con tempestività per prevenire questo attacco che punisce i sacrifici dei produttori o, anche per curare, quando l’attacco c’è stato e ha colpito l’oliveto. In questo caso, se fatto in tempo, le olive colpite sono cadute a terra da sole e sull’albero sono rimaste solo quelle sane atte a dare qualità.

Chi ha pensato di essere salvo da questo possibile attacco è il solo colpevole se si ritrova con un raccolto di olive non sane. Non se la può prendere con il mondo né con le istituzioni, ma solo con sé stesso.

C’è da dire che non si può far finta che l’olivicoltura nazionale, e quella molisana in particolare, vive una situazione di grande difficoltà a causa di errori politico-programmatici degli anni passati, che hanno portato alla crisi strutturale di oggi e che, oggi, rendono più pesante il momento congiunturale dovuto alla crisi più generale di un sistema economico che ha mostrato, nel mondo, tutti i suoi limiti e che il mondo paga anche per la mancanza di strumenti utili a trovare una via di uscita.

Servono politiche e impegni per dare all’olivicoltura molisana e nazionale un modello produttivo basato sul bisogno di un profondo rinnovamento che abbia, come regola, la necessità di coniugare tradizione e innovazione senza, però, prescindere dai valori della qualità e della tipicità e, ancor più, dai legami con il territorio e le sue importanti risorse paesaggistico- ambientali, storico- culturali.

Servono programmi mirati di promozione e valorizzazione dei nostri oli, che hanno bisogno, per essere validi e produttivi di risultati, della certezza della qualità che, per un prodotto come l’olio che parla alla salute dell’individuo, è fondamentale.

C’è bisogno di un diverso atteggiamento degli olivicoltori soprattutto nei confronti del mercato, e, ciò è possibile se l’eccesso di individualismo si muta in un bisogno di stare insieme per affrontare insieme tutte le fasi e, insieme, programmarle per arrivare ad attutire i costi di produzione, eliminare gli errori e le distorsioni, essere padroni della filiera e non servitori, avere le risposte adeguate all’impegno profuso. Tutto questo per salvare l’olivicoltura che, per tanta parte del territorio molisano rappresenta un testimone qualificato e credibile, se bene utilizzato.

Per concludere la raccolta è iniziata all’insegna della qualità, che merita un riconoscimento da parte del consumatore, sapendo bene che solo da essa può avere risposte adeguate al suo bisogno di gusto e di salute. In questo senso il prezzo da pagare non può essere uguale a quello di una qualità più scadente o di un olio importato, perché la qualità, come la libertà, ha un costo che, quasi sempre, è alto, ma che vale la pena pagare se si ha il rispetto della propria salute e della propria dignità.

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