Italia 14/02/2023

L'export di vino toscano nel mondo è un biglietto da visita unico

L'export di vino toscano nel mondo è un biglietto da visita unico

Dopo l’Emilia Romagna, la Toscana è la più visitata dagli italiani per la categoria food e wine ma si registra anche una crescita delle partenze dall’estero, soprattutto dagli Usa


Che sapore ha un vino in anteprima? Se l’assaggio avviene in Toscana fino al 17 febbraio, avrà senz’altro anche quello del business. Sette giorni di intenso lavoro infatti attendono tutti i partecipanti alla settimana delle anteprime, in occasione della quale i consorzi vitivinicoli toscani presentano le nuove annate. Inaugurata ufficialmente sabato 11 febbraio con il taglio del nastro al termine dell'incontro introduttivo di PrimAnteprima, che fa il punto sul settore enologico regionale parallelamente alla manifestazione b2b del BuyWine, la settimana vede gli operatori del settore approfondire un rapporto già collaudato con le cantine e i vitigni, con il Sangiovese indiscusso protagonista del panorama ampelografico regionale contornato da numerosi vitigni minori che in una convivenza pacifica contribuiscono al successo del made in Tuscany. Secondo i dati Ismea -attualissimi, febbraio 2023- del report “I numeri del vino in Toscana”, crescono valore ed esportazioni, che maggiormente sono dirette fuori dall’Unione Europea (67% volume e 72% valore), capofila gli Stati Uniti che da soli fanno il 34% in volume e il 38% in valore seguiti da Germania e Canada. In ambito UE, si rivela inoltre amante del vino toscano un Paese di grande cultura enologica come la Francia, che registra un +31% di valore.

La Toscana del vino: sapore, tradizione e territorio

Nel dettaglio, il ranking nazionale vede la Toscana settima per vino prodotto -mediamente circa il 5% del totale- in oltre 60.000 ettari di vigneto, di cui la metà si è avvalsa della misura di ristrutturazione e riconversione: segno di attenzione particolare e ricerca della qualità. Chianti e Chianti Classico le Dop più rivendicate e che impattano maggiormente sui volumi (mentre il valore più alto ad ettolitro del Brunello di Montalcino fa sì che si ritagli una buona fetta del valore). Una cura che affonda le proprie origini nei secoli, quando già nel 1716 il granduca Cosimo III de’ Medici emanò un motu proprio a tutelare Chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno di Sopra e a regolamentare produzione e imbottigliamento: ecco perché sui loghi dei consorzi si trova riportata questa data.

Nel 2021, con 2,1 milioni di ettolitri e 1,2 miliardi di euro, la Toscana rappresenta l’8% del volume e l’11% del valore nazionale di vini Dop. Secondo le prime elaborazioni, ancora provvisorie, nel 2022 sono stati imbottigliati 1,3 milioni di ettolitri di Dop, in flessione del 7% rispetto all’anno precedente, mentre l’Igp è scesa dell’8%, con 626 mila ettolitri. Inoltre si assiste a prezzi in salita per via di inflazione e aumento dei costi nonché di una precedente vendemmia scarsa; questo causa minori consumi, su cui impatta anche l’inaspettato fatto che si è tornati a consumare vino fuori casa, contrariamente a quanto sembrava durante la pandemia; aumenta però il consumo in casa nella fascia di età più elevata (anziani single e in coppia).

Vino toscano: biglietto da visita della Regione

Importante, comunque, è che il vino sia un biglietto da visita all’estero, che invita alla scoperta e invoglia a tornare. Dentro un calice di vino ci sono identità e territori e sempre più nel turismo si seguono rotte enogastronomiche. Non è però così automatico che a un assaggio segua poi una visita: nonostante i turisti colleghino naturalmente l’Italia all’enogastronomia, resta comunque un gran lavoro da portare avanti perché le intenzioni si concretizzino in un viaggio. Dopo l’Emilia Romagna, la Toscana è la più visitata dagli italiani per la categoria food & wine ma si registra anche una crescita delle partenze dall’estero, soprattutto dagli Usa, dove è stata avviata una content strategy sulla TV via cavo on demand. Elemento basilare infatti risulta lo storytelling di ciò che si può scoprire durante una vacanza. Senza quel racconto stappare una bottiglia non confluisce nell’acquisto: può incuriosire e convincere a un secondo assaggio ma a distanza il vino non ha lo stesso potenziale di un incontro di persona con il produttore. Spesso sono le stesse aziende agricole a non cogliere a tutto tondo le opportunità offerte da un prodotto di alta qualità, mancando quindi di spazi appositi per l’accoglienza: spazi da prevedere per creare una connessione ancora maggiore con buyer e consumatori, agevolata dall’esperienza in loco che è ben più forte della mera promozione. Sempre più si ricerca un’esperienza in abbinamento ad altre forme di turismo, attraendo quindi un pubblico che forse da solo non avrebbe visitato l’azienda agricola. Esempi tipici ne sono vino e benessere (anche mentale), che comprende terme e forest bathing; vino e cicloturismo (da citare in Toscana, anche se nell’olio, l’Eroica; notare che dopo la pandemia è raddoppiata la propensione all’uso della bicicletta); vino e trekking; vino e dimore storiche, seguite dalle aziende familiari; vino a archeologia; vino e arte con le più recenti diramazioni nell’architettura, sulla scia peraltro delle case vinicole che in tutta Italia, e ben affermate nel mondo, richiamano mediaticamente pubblico grazie ai loro investimenti in spettacolari cantine di design. Fondamentale diventa quindi divulgare le giuste informazioni, rendere facile la visita e imparare a gestire i flussi. Il paesaggio toscano farà il resto.

di Giosetta Ciuffa