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CAMBIANO LE REGOLE. PIU' DIFFICILE CONSEGUIRE LA DOP. IL CASO DELL'EXTRA VERGINE “COLLINE DI PISA”

Con il nuovo regolamento europeo il riconoscimento si fa più arduo, ma molte aree continuano l’iter, assolutamente convinte di avere un prodotto tipico e di qualità. L’olio delle “Colline di Pisa” sta seguendo tale percorso, diventando un caso di studio

30 giugno 2007 | Silvia Mellini

Negli ultimi anni l’importanza del territorio nella valorizzazione dei prodotti agricoli ha indotto una crescente richiesta da parte del consumatore di prodotti a qualità certificata e a denominazione d’origine.
Nonostante le recenti difficoltà di mercato degli oli extra vergini d’oliva Dop e Igp, con flessioni dei volumi venduti e una sostanziale stabilità dei prezzi negli ultimi anni, vi è l’aspirazione da parte di molte località di fregiarsi dell’adorato bollino.

Un desiderio assolutamente legittimo se, vengono affiancate al riconoscimento europeo politiche di marketing che possano realmente diffondere il nome dell’area, così conferendo un valore aggiunto al prodotto.
La Toscana è naturalmente vocata alla promozione delle sue tipicità, e il territorio pisano, di cui parleremo, offre anche qualche ulteriore vantaggio, quale, ad esempio, un buon afflusso turistico, anche enogastronomico, con quindi ottime potenzialità di vendita anche in loco.

Ma l’interesse dei produttori locali non è limitato alla sola vendita diretta, ma si proietta anche verso nuovi canali di vendita del prodotto: export, horeca...
La frammentazione aziendale che caratterizza la Provincia di Pisa non offre, allo stato attuale, la possibilità ai numerosi produttori di affacciarsi su nuovi mercati in maniera forte e coesa, con strategie di comunicazione efficaci e d’impatto chje, necessariamente, richiedono molte risorse, finanziarie e non, che le singole imprese non sono certo in grado di assicurare.

Da qui l’esigenza di una Dop, dare riconoscibilità a un prodotto, esaltarne le caratteristiche e il legame col territorio, offrire ai produttori, attraverso il nascituro Consorzio, nuove forme di aggregazione che consentano di guardare anche ai mercati lontani con minori difficoltà e maggiori prospettive.

Questo meritorio percorso è stato tuttavia ostacolato dalla recente entrata in vigore di un nuovo regolamento comunitario, il 510/2006, che ha stabilito nuove regole, molto più rigide e puntigliose, per il riconoscimento europeo di una denominazione d’origine, tra le quali la più importante è sicuramente la provata “unicità” del prodotto, intesa come elementi caratterizzanti che lo identifichino chiaramente distinguendolo quindi da ogni altro prodotto similare.

Secondo Laura Torre, direttore generale del Ministero delle Politiche agricole e forestali, a Bruxelles sono infatti seriamente preoccupati per il proliferare delle Dop italiane e spagnole al punto tale che pare si siano presi una pausa di riflessione. Le 155 Dop, italiane e spagnole, pare siano considerate troppe, tali da banalizzare, e quindi rendere inefficace, il messaggio stesso delle Dop e dell’intero sistema agro alimentare europeo dell’eccellenza e della tipicità.

Anche secondo Franco Oliva (Coi) occorre fare un passo indietro rispetto all'eccessiva definizione territoriale delle Dop, a favore di una promozione a carattere regionale, come avviene già in Spagna.

Di diverso avviso, evidentemente Pisa, che invece prosegue il suo cammino per l’ottenimento della Dop.
Il Comitato promotore sta infatti cercando di superare tutti i limiti imposti dal nuovo regolamento Ue analizzando il prodotto “zonale” in collaborazione della Camera di Commercio di Pisa, che dispone di un proprio Comitato d’assaggio ufficialmente riconosciuto dal Mipaaf qualche settimana fa, ma anche dell’alta tecnologia messa a disposizione dal Polo Tecnologico di Navacchio, del CNR di Pisa (naso artificiale), oltre che dell’ARSIA.

Lo scopo è testare diversi campioni di olio delle colline pisane e confrontarli tra loro e con altrettanti campioni di olio derivanti in parte dai Monti Pisani, da Lucca, dalla costa livornese e altre zone toscane, per ricercare una o più caratteristiche “tipiche” per il quale il prodotto Pisano può essere distinto e riconosciuto dagli altri prodotti della stessa tipologia e ottenuti fuori la zona di denominazione.

Inoltre sempre per quanto riguarda la “tipicità”, il Comitato sta valutando la composizione varietale degli oliveti dei produttori aderenti alla Dop, per valorizzare le caratteristiche peculiari del prodotto in relazioni alle cultivar autoctone della provincia di Pisa come il Grossajo, Punteruolo, Madremignola, Rossola, Mignolo, puntando a una decisa caratterizzazione varietale a base di Frantoio e dei suoi numerosissimi cloni e biotipi.

Qualche ulteriore problematica è sorta anche a causa della revisione del regolamento Ue che chiede una illustrazione più precisa delle origini storiche del prodotto e della sua diffusione commerciale

“Stiamo lavorando molto – ha commentato Anna Maria Barberini, Vice Presidente del Comitato promotore – anche su questo versante, su cui rilevo sicuramente meno difficoltà “tecniche” rispetto alla chiara e netta unicità del prodotto. L’’olivicoltura nel territorio delle colline pisane ha origini antichissime, sulle colture presenti in tale area, vari documenti attestano che esso, a partire dal sec. VIII in poi, era già diffusamente coltivato. La massima estensione si raggiunse verso la prima metà del sec. XIV. Nel 1854 l'ingegnere Pietro Rossini, socio ordinario dell'Accademia dei Georgofili, in una sua memoria metteva in risalto che nell'Agro Volterrano il valore delle terre olivate risultava superiore a quello dei vigneti. Tutto ciò ha un valore storico, culturale e sociale che intendiamo preservare dalla globalizzazione!”

In conclusione, la strada per il riconoscimento di una Dop è sicuramente più difficile e irta di ostacoli, per cui, probabilmente verranno dissuase quelle amministrazioni e quegli enti che guardano alla denominazione d’origine unicamente come un vanto e non come dovrebbe essere, un progetto di valorizzazione di una produzione locale.

La Dop di Pisa parte quindi sotto altri auspici e, ci auguriamo possa ottenere presto i risultati desiderati dai test e dalle ricerche storiche in atto, per poter presentare al Mipaaf e alla Commissione un’esauriente documentazione, e poter finalmente partire con la commercializzazione dell’extra vergine “Colline di Pisa”.

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