Italia
Un'idea e un progetto: Molise, una regione bio
Il biologico, nel suo insieme di coltura e cultura, espressione di sostenibilità, è il segno vero, forte, del cambiamento cui ha bisogno il mondo. All'azienda Di Vairache, nel 2004, ha voluto destinare alla coltivazione biologica oltre 130 ettari, dei suoi 540 in possesso allora, un incontro per tracciare il futuro
27 luglio 2018 | Pasquale Di Lena
Incontro dell’Anabio del Molise, l’associazione degli agricoltori di biologico, espressione della Confederazione Italiana degli Agricoltori, che, dal 2006, si occupa dello sviluppo di questa pratica agricola, il biologico, che vuole offrire al consumatore non solo un prodotto di qualità, ma anche sano, libero da ogni elemento che mette in pericolo la salute del consumatore stesso. In particolare di tutti quei prodotti di sintesi (chimici), che, prim’ancora dell’attacco alla salute del consumatore, sono ormai da considerare veleni che, nel tempo, stanno mettendo a rischio la vita (fertilità) del terreno, il futuro stesso dei territori.
Si è parlato della fama crescente che, negli ultimi anni, sta vivendo il biologico in ogni angolo del mondo e della risposta che sta dando l’agricoltura italiana con una crescita, ogni anno, del 12% della superficie destinata a questa pratica. Un vero e proprio nuovo modo di fare agricoltura, che ha nella tradizione le basi su cui poter lavorare in una prospettiva di importanti risultati per i produttori e i consumatori insieme. Importanti per il futuro stesso della nostra agricoltura, il suo rilancio. Una necessità, questo suo rilancio, di cui ha forte bisogno il Paese, prim’ancora del mondo contadino.
L’agricoltura è il solo perno – ne sono sempre più convinto – che può far girare nel verso giusto l’economia e, così, dare certezza alla salvaguardia e tutela dei nostri territori, uno più bello dell’altro e uno più importante dell’altro, nel momento in cui sono espressione di valori e di risorse, come la qualità e la diversità dei prodotti, la storia, la cultura, le tradizioni, gli ambienti e i paesaggi. In pratica la nostra identità.
Il biologico, nel suo insieme di coltura e cultura, espressione di sostenibilità, è il segno vero, forte, del cambiamento cui ha bisogno il mondo, non solo il nostro Paese, per ridare il giusto e doveroso significato alla parola “limite”, cioè che non si può andare oltre come, invece, pretende di fare l’attuale sistema che governa il mondo, il neoliberismo.
Il globo ha un limite, i suoi limiti; la fertilità del terreno ha anch’essa un limite, i suoi limiti, e , così, l’aria, l’acqua, il piccolo come il grande territorio. Un limite nel significato di finito, cioè nella impossibilità di poter dare altro. E’ la pretesa di chi è affamato di denaro questo voler andare oltre e di poter avere altro. Una pretesa che, se la crisi del 2007/8, ha fatto intravedere il baratro, insistere vuol dire far precipitare nel baratro.
Nel mio intervento ho parlato del Biodistretto dei Laghi Frentani, il 19° costituito in Italia, nato a Larino nell’ottobre dello scorso anno, su spinta di Aiab Molise e per volontà di 14 sindaci del circondario e un numero di produttori bio. Presieduto da Vincenzo Notarangelo, l’allora sindaco della città frentana, che ha completato gli organi previsti dallo statuto ed ora, anche sulla spinta del neo sindaco di Larino, Pino Puchetti, è nelle condizioni di poter svolgere in pieno i suoi importanti compiti strumento di governo di un territorio ampio che mette insieme le singole esperienze, soprattutto nel campo agricolo, per rendere sostenibile il territorio così come delimitato oggi, e, domani, l’intero Molise.
E’ la sostenibilità il vero grande possibile cambiamento, l’occasione di mettere insieme le risorse; creare le opportune sinergie e promuovere, con le innovazioni, un modo nuovo di fare agricoltura, quella più rispondente a una Regione, per metà montagne e per l’altra metà collina. Un’attività, la primaria, che ha bisogno di disintossicarsi dalle illusioni date dal modello di agricoltura industrializzata, così lontana e niente a che vedere con la realtà molisana e quella italiana. Un’agricoltura, quest’ultima, che ha nella tradizione le sue basi e la sua forza di innestare processi e innovazioni tesi ad assicurare sicurezza e sovranità alimentare, sapendo che nel 2050 abiteranno il globo (se non lo distruggono prima) quasi 10 miliardi di persone. Un’immensità di persone che hanno bisogno di cibo e cioè della terra e della sua fertilità; di uomini e donne capaci di produrre cibo sano, vivere e godere del proprio territorio e non di scappare.
Il direttore della Cia Molise, Dino Campolieti, dopo il saluto del presidente Nicolino Potalivo, ha, nel suo intervento introduttivo, parlato e portato come esempio la Di Vaira (luogo dell’incontro), la grande fattoria molisana, la più impegnata nella produzione biologica e biodinamica ed ha sottolineato, con la giusta soddisfazione, il primato di quest’azienda a livello europeo.
Un primato che è tutto merito di una visione profetica dell’allora Presidente della Fondazione Di Vaira, Mons. Tommaso Valentinetti, oggi Arcivescovo Pescara-Chieti, che, nel 2004, ha voluto destinare alla coltivazione biologica oltre 130 ettari, dei suoi 540 in possesso allora, della più grande azienda agricola del Molise. In contemporanea a questa decisione, la messa in atto di un altro sogno: quello di consegnare al Paese, con il supporto della Regione Molise, il primo Parco Agricolo d’Europa con una Di Vaira tutta all’insegna della sostenibilità, e, nel caso specifico, della bellezza e del piacere di godere e vivere una campagna ben coltivata, un parco. La partenza di Mons. Valentinetti non ha permesso di cogliere questo sorprendente obiettivo.
L’incontro si è chiuso con la nomina del Presidente, una giovane produttrice di bio di Pietracatella, Franca D’Amico, e del nuovo direttivo, Nicolina Vannelli di Castelbottaccio, Pasquale Sardella di Castropignano, Pasquale Di Lena di Larino e Leo Verlencia di San Martino in Pensilis.
Un tassello importante che va ad aggiungersi al mosaico Biodistretto Laghi Frentani, alla speranza di vedere presto questo territorio protagonista, non solo della sua trasformazione, ma anche della realizzazione del progetto “Molise, una regione bio”.
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