Italia
Salviamo il paesaggio olivicolo
Nel corso dell'assemblea dell'associazione delle Città dell'olio, tenutosi lo scorso 14 luglio a Montalcino, si è discusso intorno a un tema che sarà l'asse portante della olivicoltura mediterranea. I fenomeni di abbandono avvengono per l'81% dei casi nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico
21 luglio 2012 | T N
E' stata una giornata intensa lo scorso sabato, 14 luglio, Una giornata nella quale è stato il mondo delle municipalità dell’olio a essere protagonista. A Montalcino, per lesattezza.
Con l'occasione è stato lanciato un grido 'allarme: “sono scomparsi dieci milioni di ettari solo negli ultimi cento anni. In Italia i terreni agricoli sono sempre più a rischio di estinzione: si è passati dai ventitre ai treidic milioni di ettari. Un dato allarmante se si considera che l’Italia ha una superficie complessiva di trenta milioni di ettari"
Nel considerare le aree del Catalogo Nazionale del Paesaggio Rurale Storico, i fenomeni di abbandono avvengono per l’81% dei casi nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico.
Dal 1920 ad oggi sono stati abbandonati mediamente 100mila ettari di terreno agricolo all’anno e tale abbandono ha interessato di più le zone collinari e di montagna rispetto alla pianura”.
Questi sono solo alcuni dei dati presentati da Mauro Agnoletti – professore in Scienze e Tecnologie dei Sistemi Forestali all’Università di Firenze, nonché coordinatore del Gruppo di lavoro sul paesaggio del Ministero delle Politiche Agricole, da sempre impegnato nelle politiche per la valorizzazione del patrimonio paesaggistico e ambientale – durante il convegno Il paesaggio olivicolo come elemento di promozione e valorizzazione dei territori e dei prodotti, organizzato dall’Associazione Nazionale Città dell’Olio a Montalcino quale anteprima dell’assemblea di bilancio consuntivo che si è tenuta sabato 14 luglio.
“I dati che ci ha fornito Agnoletti sottolineano quanto sia davvero importante impegnarsi in azioni di tutela e salvaguardia – ha commentato il presidente dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio Enrico Lupi – e alla luce di quanto emerso sono convinto che la strada che abbiamo intrapreso e che intendiamo portare avanti per la valorizzazione e la promozione di questo aspetto dell’olivicoltura sia giusta.
Dobbiamo fornire ai nostri territori, ai cittadini ed agli olivicoltori tutti gli strumenti che permettano la conservazione ed il miglioramento del paesaggio olivicolo affinché diventi reddito, come strumento di marketing per le aziende e come strumento turistico per le nostre Città dell’Olio”.
Tra i presenti al convegno l’assessore all’Agricoltura della Regione Toscana Gianni Salvadori, il quale ha affermato: “Tutti noi siamo nel paesaggio. Non ne siamo padroni, ma partecipi. Ragionare su questo vuol dire costruire un incontro virtuoso tra il mondo dell’urbanistica e quello dell’agricoltura, settore che torna ad essere centrale per lo sviluppo, e dobbiamo raccogliere la sfida di coniugare la libertà imprenditoriale e la difesa del paesaggio con una sua ridefinizione responsabile”.
L’onorevole Susanna Cenni, componente della Commissione Agricoltura Camera dei Deputati e politicamente impegnata sulle tematiche legate all’ambiente, al territorio per un’agricoltura di tipo sociale, nelle conclusioni dei lavori, di fronte ai presenti si è formalmente impegnata a sostenere in Parlamento il processo di candidatura all’Unesco del Paesaggio Olivicolo a patrimonio immateriale dell’umanità.
“Per questa terra l’olio non è un prodotto qualsiasi – ha affermato – abbiamo una nostra peculiarità legata alla tipologia del paesaggio. Il paesaggio è un bene comune che ha un valore inestimabile, una ricaduta collettiva, ma ha anche costi importanti. Ha un valore economico preciso perché c’è, anche se poco presa in considerazione, una ricaduta economica che deriva del marketing del nostro paesaggio. Negli studi sull’impatto ambientale e le ricadute paesaggistiche dell’olivicoltura, il bilancio è spesso positivo a favore del paesaggio. L’olivicoltura è una delle colture con minore impatto sull’inquinamento dell’ambiente. Ma non tutto quello che l’uomo modifica ha un impatto benefico sul paesaggio. Con la meccanizzazione e la monocultura quello che è avvenuto nella valle del Po non ha avuto solo un impatto sull’estetica del paesaggio ma anche sul territorio e la sua fertilità. Da un lato dobbiamo chiedere alla collettività che usufruisce del paesaggio di farsi carico dei costi del suo mantenimento e nello stesso tempo fare i conti con un mercato difficile che ci fa registrare una caduta del prezzo dell’olio alla produzione pari al 20%. Si deve cominciare a ragionare sulla promozione e la ristrutturazione degli olivi e degli impianti sul modello vitivinicolo. Vigilare sulle truffe, le contraffazioni, la tendenza a mixare oli che vengono da fuori Italia, azioni che provocano una ricaduta negativa sugli sforzi straordinari che fa la nostra industria di qualità. In Senato e alla Camera sta andando avanti la proposta di legge per dare maggiori garanzie sulla tracciabilità dell’olio, c’è un’ipotesi di classificazione degli oliveti, ma scontiamo il fatto che abbiamo cambiato quattro ministri in quattro anni. Il Paese deve credere di più nell’agricoltura, che non può essere considerato come un dicastero di passaggio. Dobbiamo metterci insieme per fare di più sul piano dell’acquisizione e della difesa dei marchi italiani, tornare a fare cultura del cibo e insegnare che ha più senso spendere per fare la spesa alimentare che comprare l’ultimo modello di Ipad. Mi impegno – ha concluso l’onorevole Cenni – a presentare una risoluzione in commissione agricoltura sulla proposta di candidatura del paesaggio olivicolo mediterraneo come patrimonio dell’Unesco da parte dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio che ringrazio per l’importante lavoro che svolge sul territorio con i suoi oltre 300 soci”.
Paesaggio olivicolo da tutelare, dunque. Non solo per le peculiarità geografiche che colorano d’argento i panorami mediterranei, ma anche per il repertorio di cultura, storia e tradizione millenaria che accomuna i paesi affacciati sul Mare Nostrum: tutti fattori che hanno spinto l’Associazione Nazionale Città dell’Olio a lanciarne insieme alle altre municipalità dell’olio del Mediterraneo aderenti a ReCoMed la candidatura all’Unesco proprio per contrastare i fenomeni dell’abbandono dei terreni agricoli che,come ha confermato Mauro Agnoletti, coordinatore scientifico del Mipaaf, è preoccupante.
“Se si confronta con i dati di quello ben più dibattuto dell’urbanizzazione ci si accorge che si abbandona più di quanto si costruisca, se è vero che mediamente la superficie interessata da un processo di urbanizzazione non supera i 16mila ettari all’anno. L’abbandono dei terreni agricoli può comportare un rischio ambientale e avere risvolti anche drammatici. Nel disastro alluvionale delle Cinque Terre, ad esempio, il 58% delle frane sono avvenute su terrazzamenti abbandonati e coperti dal bosco mentre il 27% su terrazzamenti semplicemente abbandonati. Inoltre, va considerato che molto spesso si spende molto di più nel ripristinare i danni di un alluvione di quanto si spenderebbe all’anno per il mantenimento dei terrazzamenti. Fernand Braudel affermava che l’identità culturale del Mediterraneo è data dalla triade di vigneti, oliveti e seminativi. Questo equilibrio su cui si basa la nostra cultura abbiamo il dovere di preservarlo”.
L’Associazione Nazionale Città dell’Olio – annuncia nella nota la Tempestini – dedicherà al paesaggio olivicolo l’edizione 2012 di “Girolio d’Italia”, il viaggio attraverso le regioni olivetate italiane per conoscere, promuovere e diffondere la coltura olivicola dei territori vocati secondo la stagione di raccolta e frangitura, che da ottobre fino a dicembre percorrerà la penisola in lungo e in largo.

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Accedi o RegistratiRolando Guerriero
21 luglio 2012 ore 10:58Quante belle parole! Il paesaggio agricolo viene quasi sempre ammirato e difeso da coloro che hanno redditi sicuri provenienti da altre attività meno faticose e più protette. Vi siete mai chiesti quanto costi curare e mantenere stabile una pendice terrazzata o un oliveto collinare? E quanto poco poco renda? Molto spesso, considerando tutti i fattori economici coinvolti, la produzione è in perdita!
massimo occhinegro
23 luglio 2012 ore 17:08In Italia abbiamo aree olivetate medie inferiori ai 10 ettari. Ciò che servirebbe sarebbe un accorpamento terriero. Credo che chi non guadagna abbia tutto l'interesse a vendere. Ciò accade normalmente. In Puglia purtroppo molti oliveti sono stati soppiantati da terribili insediamenti di fotovoltaici. Ed e' molto triste. Pero' oggi ho intravisto, passando in auto, un terreno con tanti piccoli ulivi. La speranza c'è .