Gastronomia
Un'esperienza aromatica da brividi con il coriandolo
Già citato nel Vecchio Testamento, il coriandolo è stato sempre considerato un buon rimedio naturale contro le coliche addominali, difficoltà digestive e gonfiore. Ma che dire del suo sapore?
03 luglio 2014 | Antonio G. Lauro
Dal 2010, anno di avvio del concorso oleario internazionale TerraOlivo, frequento con assiduità il paese d'Israele.
Di questa regione amo tante cose, tra cui ovviamente la cucina. Ma questo "amore", non sempre è corrisposto, o meglio, lo stesso impeto che metto nell'esaltarne alcuni cibi (insalate, hummus, falafel, shawarma, mejadra), diventa odio vero e proprio quando a questi viene aggiunta una particolare erba aromatica: il coriandolo.
Ebbene si, "I hate cilantro", cioè "Io odio il coriandolo", inteso come spezia, come recita un sito web dedicato.
Già citato nel Vecchio Testamento, il coriandolo (Coriandrum sativum L.), veniva impiegato soprattutto per le virtù aromatiche che le sue foglie conferivano alle diverse pietanze, ma anche in medicina è stato sempre considerato un buon rimedio naturale contro le coliche addominali, difficoltà digestive e gonfiore.
Ma per arrivare a riconoscere da cosa derivasse questo odio, documentato abbondantemente in letteratura e condiviso da una larga parte della popolazione mondiale, ho avuto bisogno di tanto, troppo, tempo.
Occupandomi di analisi sensoriale, ho provato ad "isolare" il problema.
Inizialmente credevo tutto dipendesse dalla clorazione eccessiva dell'acqua di lavaggio o da residui di sapone e sentori metallici nelle stoviglie, poi rilevavo muffe nelle insalate o nel cous cous, fino ad arrivare ad attribuire agli insetti (cimice) e quindi all'inquinamento del prodotto la sgradevolezza gustativa delle pietanze.
Di contro, gli amici, ne decantavano l'aroma pungente, l'amaro ed il fragrante sapore speziato ed agrumato che sapeva aggiungere ai cibi.
Individuata la pianta, simile al prezzemolo per la forma delle foglioline, con cui ne condivide la famiglia botanica, si passa alla fase due: la ricerca bibliografica.
Scopro così che sulla rivista Flavours, e su diversi articolo italiani che rilanciano la notizia, di essere in buona compagnia e che la sensazione di disgusto verso il coriandolo fresco varia a seconda dei diversi gruppi etnici. In effetti, ben il 17% degli Europei non lo sopporta, o meglio non sopportano quel sapore forte e pungente di "cimice" che anche l'etimo tradisce.
Infatti, Coriandrum è una parola latina che ha le sue radici nella parola greca corys o korios (cimice) seguita dal suffisso -ander (somigliante), in riferimento alla supposta somiglianza dell'odore emanato dalla pianta spremendo o sfregando le foglie.
Continuo la ricerca spostando l'attenzione verso la chimica e individuo, in letteratura, quali siano le molecole che caratterizzano il coriandolo fresco. Sono molecole che appartengono alla famiglia delle aldeidi insature come l’E-(2)-decenale, lo Z-(2)-decenale e l’E-(2)-dodecenale. In particolare l’E-(2)-decenale ha un odore particolarmente disgustoso, che viene emesso come sostanza repellente da alcuni insetti, da qui l'etimo.
Apprendo, inoltre, che questo "odio", che condivido col 17% della popolazione, ha anche possibili origini genetiche. Sia il gene OR6A2, sia alcuni recettori dell’olfatto e del gusto codificati dai geni TRPA1, GNAT3 e TAS2R50, sono responsabili della diversa sensibilità al coriandolo.
Cosa fare adesso?
Scoperta questa "naturale" avversione non resta che di armarsi di buona volontà e di un aggiornato traduttore multilingue in modo da poter chiedere, prima di ogni pasto: senza coriandolo, please!
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