Economia

Lo schiaffo di “Veritaly”: un documento strategico per l'intera filiera vino

La prima operazione intellettuale da fare consiste nel superare i pregiudizi di alcune espressioni oramai abusate. Vino premium o basic? E' ora di puntare su una politica di prodotto marketing oriented, oltre che ad azioni di marketing intelligence

12 aprile 2008 | Monica Sommacampagna

Rispetto a chi usa il giornalismo per facili sensazionalismi che gettano onta sull’intero “made in Italy” vorrei usare la stessa arma – quella dei toni accesi – unitamente ai fatti circostanziati, per ribaltare la prospettiva e mettere in luce, invece, l’opera indomita di quella ampia fetta di comparto vitivinicolo che da anni si impegna perché la qualità delle nostre produzioni venga difesa a giusto titolo nel mondo.

La prima operazione intellettuale indispensabile è limitare la portata del pregiudizio vizioso che spesso ci intrappola con parole abusate come “incapacità assoluta di fare sistema”, “scarsità di marketing orientation”, “mancanza di dialogo tra mondo produttivo e ricerca”. Per concentrarci, invece, sulla sostanza che nasce da un impegno serio, da esperienze che sarà mia cura di volta in volta citare.

Una case history di filiera unita nella ricerca
Il primo esempio di testimonianza positiva (e quindi trasgressiva rispetto al contesto mediatico di sensazionalismo al negativo) ci giunge da Vinitaly, manifestazione che ha siglato una partnership con l’Informatore Agrario per promuovere una ricerca dalle finalità ambiziose: arrivare alla redazione di un documento strategico utile per supportare le decisioni di tutti gli attori della filiera e fungere da riferimento concreto per le decisioni collettive degli attori privati e della pubblica amministrazione.

Il contesto competitivo di partenza è incoraggiante: l’Italia sta giocando un ruolo di primo piano a livello di export. In particolare, nel 2007 il settore del vino ha registrato un incremento del 7% a valore, raggiungendo quota 3,4 miliardi di euro e +0,2% nei volumi, pari a 18,2 milioni di ettolitri. Ma il tema dell’indagine, condotta da un gruppo di studio coordinato dal professor Eugenio Pomarici del Dipartimento di Economia e Politica Agraria dell’Università Federico II di Napoli, si proietta oltre: non solo sull’oggi ma anche nel mercato degli anni futuri.

L’approccio utilizzato è pionieristico: sono stati interpellati imprese, esperti degli aspetti istituzionali del settore vitivinicolo ed esperti di viticoltura. 32, in particolare, le aziende coinvolte, che nell’arco di otto mesi si sono impegnate a rispondere a quattro articolati questionari sullo scenario competitivo globale, sul sistema delle imprese in Italia, sulle politiche di prodotto, prezzo e comunicazione delle imprese italiane e sui mercati di sbocco. 3.799 le risposte ricevute, che offrono un primo quadro per articolare una riflessione molto concreta, molto marketing oriented, molto legata al “fare sistema” per i prossimi anni.

Orientamenti strategici da considerare
Quali i primi risultati emersi dalla ricerca? Per consentire al sistema vitivinicolo italiano di emergere anche in futuro occorre innanzitutto partire dalla valorizzazione di una delle sue peculiarità più distintive: fare esprimere al meglio le potenzialità di diverse categorie di vini con strategie mirate per valorizzarne, ad esempio, peculiarità, valenze territoriali, articolazione varietale o la funzionalità di consumo, a seconda che si tratti di vini Premium (super, superiori o popular) o Basic. Un altro passo ritenuto indispensabile è l’aggiornamento della regolamentazione nazionale alla luce della nuova normativa comunitaria e una disciplina di controlli in funzione di chiarire e qualificare l’offerta.

Un aspetto di primaria importanza è rappresentato dal consolidamento dei consumi sul mercato interno – tasto debole rispetto all’export – puntando su strategie di filiera condivise che facciano leva su due asset importanti: la creazione di campagne di informazione e comunicazione che mettano in equilibrio le valenze positive di un bere consapevole orientato alla qualità, alla tipicità e all’Italian Style e lo studio sui consumatori italiani e sulle loro attitudini all’acquisto.

Come sfruttare al meglio, inoltre, i mercati esteri? L’analisi apre a tutti gli occhi sul fatto che i concorrenti sul mercato aumentano numericamente e si presentano con un’offerta molto articolata. L’Italia deve rispondere con grande determinazione: in particolare, con azioni di marketing intelligence che permettano di indagare lo scenario competitivo per i singoli mercati: dalla percezione del made in Italy e del vino italiano fino alla conoscenza della struttura e dell’organizzazione degli operatori locali e dei vincoli e delle opportunità normative.

Sul fronte estero occorre, inoltre, coordinare le azioni di comunicazione e di promozione facendo entrare in gioco un organismo centralizzato capace di fare sistema con i diversi attori, qualificando la comunicazione e la promozione a tal punto da far assurgere all’Italia – paradigma di uno stile in cui tutti i settori di punta, dalla moda all’alimentazione fanno forza comune – un ruolo da protagonista.

Ulteriori aspetti chiave sono rappresentati dal miglioramento dell’integrazione tra imprese nella supply chain e nel territorio; dalla necessaria opera di rinforzo del supporto alla filiera sempre puntando su una forma unitaria di rappresentanza comune dei produttori vitivinicoli; dal potenziamento delle capacità strategiche delle imprese a partire da un maggiore orientamento al mercato – che deve concretizzarsi in una sensibilità time-to-market alle esigenze dei clienti, guidandone i cambiamenti.

Quali le prime conclusioni di questa ricerca che troverà ulteriori esiti nel 2009? Il nostro futuro si giocherà su due fronti: sul fatto di mettere in atto azioni di filiera focalizzate su più obiettivi strategici e di favorire la crescita delle imprese sotto il profilo economico-culturale, come protagoniste di un processo bottom up di progettazione strategica per il sistema vitivinicolo.

Dalle parole alla community
Ed eccoci alle sorprese live: nell’ambito della presentazione dei primi esiti della ricerca Vinitaly/Informatore Agrario il 4 aprile scorso a Verona alcune tra le imprese che hanno solertemente risposto ai questionari e degli enti interpellati hanno voluto dire la loro. Non si sono accontentati, dall’alto della loro reputazione individuale, di compilare schede. Da una indagine che ha coinvolto diversi enti e attori si è creata una community fattiva e non solo sulla carta. Ci piace citare qualche testimonianza.

“Oggi la dimensione medio-piccola è critica per le aziende italiane che non riescono a comunicare con il consumatore. Dalla nostra, abbiamo la possibilità di creare forme consortili per raccogliere fondi” (Andrea Sartori, Presidente Unione Italiana Vini).

“Anche se i numeri dell’export sono positivi, siamo alla vigilia di un profondo cambiamento, che dobbiamo governare” (Emilio Pedron, Presidente Gruppo Italiano Vini).

“Dobbiamo creare università più orientate a favorire una crescita delle aziende sul mercato. L’Italian Style, l’enoturismo, il binomio vino-territorio sono importanti leve ma a fronte di una grande parcellizzazione delle imprese occorre gestire strategicamente la domanda e l’offerta” (Donatella Cinelli Colombini, vicepresidente Enoteca Italiana).

“Le aziende molto piccole sono deboli a livello commerciale. Dobbiamo maturare una maggiore conoscenza dei mercati in cui speriamo di aprirci un futuro puntando sulla coesione della filiera” (Piergiovanni Pistoni, responsabile Vino Confagricoltura).

“La forza dell’Italia è comunque rappresentata da 33.000 aziende che sono complementari al sistema” (Angelo Gaja, Gaja Distribuzione).

“Il bello di questo progetto orchestrato da Vinitaly/Informatore Agrario è che ha dato vita a una community tra tutti gli attori coinvolti” (Federico Castellucci, direttore generale OIV).

Community, ovvero, comunità di intenti e di obiettivi. Per fare sistema. Con un approccio sinergico orientato al mercato. Con la determinazione di chi fa profitto con la qualità.
Questo scandalizzerà chi taccia l’Italia di ragionare solo a comparti stagni. Di non volersi aprire a nuove sfide.
Non importa quanto la community sia piccola.
Sarà pur sempre uno smacco per chi crede che esista solo Velenitaly.
Anzi. Sarà uno schiaffo ai tentativi di diffamazione generalizzati che in questo caso verrà elargito da una autorevole “Veritaly”.
Proprio la “Veritaly” che tutti amano per il coraggio delle sue scelte. E quella che in molti tentano di copiarci nel mondo.


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