Economia

L'avanzata della Spagna dell'olio? Forse non c'è più nulla da fare

Le posizioni del mondo della produzione italiano nei pareri di Antonella Titone e Ampelio Bucci. Per la prima è importante l'aiuto delle associazioni. Per il secondo c'è poco da fare: l'Italia ha adottato da sempre una strategia contro i propri extra vergini (2. Fine)

05 aprile 2008 | T N

Il fiato della Spagna olearia sul collo, qual è il parere dei produttori?
Dopo la prima parte di sabato scorso, con il parere delle aziende di marca (Farchioni e Olitalia: link esterno), è la volta del mondo della produzione, con Antonella Titone e Ampelio Bucci.

La domanda da cui si è partiti è la seguente: Come si può fronteggiare l'avanzata del Paese iberico sul fronte del comparto olio di oliva? Ci sono soluzioni pratiche efficicaci? E , in particolare, è possibile fronteggiare la reale crisi strutturale che sta attraversando il comparto produttivo italiano?


Antonella Titone, Azienda Agricola Biologica Titone, Sicilia: Penso che si possa meglio valorizzare la forte differenziazione e tipicità del comparto olivicolo italiano, che, se da una parte può rappresentare un grosso limite, dall'altra potrebbe diventare un punto di forza, poichè nessun altro stato possiede una così grande varietà colturale che si traduce in molteplicità di profumi e sapori.

Ovviamente il tutto dovrebbe esser supportato da norme che tutelino l'origine italiana dell'olio extra vergine in etichetta per distinguerlo una volta per tutte dai finti italiani (ormai punta di forza dei grossi gruppi spagnoli).

Come azienda l'unico strumento di forza che abbiamo è continuare la strada della qualità e della tipicità, intraprendendo prima il biologico, poi la Dop e da qualche anno le certificazioni volontarie ISO; puntiamo su un prodotto che sia espressione dei profumi di un territorio e che riconduca nel tempo al produttore.

Ci avvaliamo inoltre dell'aiuto delle associazioni (recentemente abbiamo aderito ad un progetto molto interessante promosso dall'Unaprol " Portfoil", che mira a far conoscere nel mondo le più qualificate produzioni certificate).


Ampelio Bucci, Villa Bucci, Marche:
Non credo che si possa far più niente di sostanziale. La Spagna sta facendo una strategia a favore del loro olio d’oliva. Mentre l’Italia ha fatto da sempre una strategia contro il nostro olio d’oliva.
La strategia italiana contro l’olio di oliva italiano (cioè proveniente da olive italiane) è cominciata negli anni ‘50/’60 ed è stata pilotata dagli industriali dell’olio d’oliva (che comperano olio e olive per lavorarlo e rivenderlo).

PRIMA TAPPA
Angelo Costa (padrone a suo tempo di Olio Dante) era Presidente di Confindustria (non Confagricoltura). Per cui fu inventata la classificazione disastrosa per gli olivicoltori ma utile per l’industria: Olio Extra Vergine, Olio Vergine, ecc. ecc.

Obiettivo: sfruttare industrialmente la confusione che si generava (e che resta anche oggi nei consumatori). Che non sanno (a parte gli “appassionati”) le vere differenze. Anche perché c’è da notare che l’olio è quasi sempre uno degli ingredienti dei piatti e delle ricette e non si beve da solo (a differenza del vino) per cui solo l’appassionato nota e ricerca il sapore. Per questo “il sapore industriale” (non sapore) per la maggioranza va bene, anche perché non sa di niente ma unge solo.

SECONDA TAPPA
Una seconda legge contro gli olivicoltori è stata fatta in Europa. Spinta dalla lobby degli industriali con il consenso dei politici italiani. Per questa legge il “Made in...” è relativo al luogo di imbottigliamento e non di origine degli olivi. Questa legge fa capire quanto è importante l’immagine dell’olio di oliva italiano: infatti l’Italia è diventata il più grande paese di importatore (!) ed esportatore (!) di olio.
L’olio arriva da tutte le parti, diventa “italiano” e riparte. Ci sono conseguenze vergognose, anche a livello di scandali che stanno distruggendo l’immagine dell’olio italiano perché vanno sui giornali di grande tiratura. Ci sono conseguenze quantitativamente più rilevanti che passano sotto silenzio. La Spagna (alcuni grandi produttori) ne approfittano in maniera strategica. Hanno acquistato marchi italiani (ultimo Carapelli) e trasformano così olio spagnolo in olio italiano.

Se vi siano soluzioni pratiche efficaci? No. Perché la lobby degli oli di oliva industriali e commerciali è ormai troppo consolidata a livello europeo (vedi moratoria del tentativo De Castro di ottenere in etichetta il paese di origine delle olive). I grandi spagnoli appoggiano evidentemente questa lobby. Quindi nessuna soluzione pratica generale di grande respiro che possa migliorare la posizione degli oli veramente italiani sul mercato mondiale.

Purtroppo avevo creduto nell’olio di oliva, ho ripiantato antiche qualità straordinarie. Ma nonostante il trascinamento che può fare il vino (che vendo ormai in più di 10 paesi nel mondo) mi sono dovuto ricredere. Sono possibili evidentemente piccole operazioni di nicchia verso privati, verso vendita in azienda, verso ristoranti particolari, verso appassionati, ecc. restano sempre operazioni di nicchia, cioè microscopiche rispetto alla dimensione enorme del mercato dell’olio di oliva (vedere bilancio Assitol). La prova è che per quello che io so, nessuna azienda olivicola riesce a vivere civilmente sulla propria produzione. Mentre invece sono molte le aziende che riescono a vivere sul vino, sul formaggio o su altri prodotti della terra. Anche meno speciali, e meno “italiani” del nostro disgraziato olio di oliva.


(2. Fine)

Per leggere la prima parte dell'inchiesta:
link esterno

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