Economia
Il lavoro degli stranieri in Italia, i permessi di soggiorno, i nulla-osta
Seconda parte dell'intervista a Monica Mc Britton, esperta di diritto del lavoro, con uno sguardo aperto alla complessa legislazione in materia di manodopera extracomunitaria
15 marzo 2008 | Antonella Casilli
Ritorniamo ad affrontare il tema del fenomeno migratorio con la professoressa
Monica Mc Britton aggregata di diritto del Lavoro nell'Università del Salento.
la prima parte dell'intervista è stata pubblicata lo scorso numero: link esterno
Il richiamo alla parità di opportunità vista in una chiave dinamica comporta anche la necessità di prestare un'attenzione maggiore alla discendenza dei lavoratori extracomunitari, agli stranieri di seconda generazione, e cioè ai figli e alle figlie nati in Italia?
Certamente e a questi aggiungerei quelli che chiamo di «prima generazione e mezza» per indicare quanti non sono nati in territorio italiano, ma sono venuti in Italia da piccoli con i propri genitori e, quindi, in questo paese hanno studiato, creato rapporti di amicizia, vicinato, praticato sport ecc., insomma sono cresciuti a fianco dei propri coetanei italiani. Sia per quelli di seconda generazione che per quelli di prima generazione e mezza i nodi da affrontare sono in buona parte gli stessi, anche se con una consistente differenza di cui
parlerò più in là .
Una prima questione nodale, e che interessa fortemente il nostro tema, è l'irrilevanza dello scorrere del tempo. Come è stato sottolineato, un elemento caratteristico della normativa sull'immigrazione è che essa «non attribuisce alcun valore al tempo, alla legale permanenza sul territorio nazionale e al processo di inserimento sociale già attuato» dallo straniero. E ciò è vero in generale: anche per il soggiorno - salvo l'ipotesi sostanzialmente residuale della carta di soggiorno, residuale perché è difficilissima da ottenere - essere da ieri o da anni sul territorio italiano non è rilevante.
Per i minorenni, finché sono tali, i livelli di tutela sono alti: come ricorderete la Costituzione garantisce a tutti il diritto all'istruzione scolastica; l'unità familiare, la famiglia, è tutelata; l'Italia ha ratificato e resa esecutiva la Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, e anche qui il riconoscimento è universale, riconosciuto a tutti; non possono essere espulsi se non in ipotesi gravissime e spesso sono - a seconda dell'età - iscritti nel permesso di soggiorno di uno dei genitori oppure sono titolari di un permesso per motivo di famiglia. Ma quando diventano maggiorenni si passa ex abrupto da una situazione di tutela a una situazione di piena precarietà . La legge dice che l'ex-minore, ora maggiorenne, dovrà convertire il suo permesso di soggiorno - se sussistono i requisiti - in permesso di soggiorno per lavoro subordinato, o autonomo o per studio. O trova un lavoro o deve studiare. Il che è ovviamente normale, ma lo dovrebbe essere allo stesso modo e nella stessa misura in cui lo è per il suo coetaneo italiano. Invece, le difficoltà prodotte dalla struttura del mercato del lavoro hanno conseguenze abissalmente differenti.
E, infatti, alle prime armi, se un diciottenne decide di lavorare, inizia a farlo con lavoretti piccoli e precari. Nel diciottenne italiano o comunitario, ciò procura un reddito esiguo che, però, è compensato dal sostegno familiare; per l'extracomunitario, il rischio dell'espulsione dal paese dove è cresciuto e ha intessuto le proprie relazioni sociali. Questi lavoretti, infatti, non consentono di avere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro, né per lavoro subordinato (avrebbe bisogno di un contratto di soggiorno), né per
lavoro autonomo.
L'alternativa è quella dello studio. Il governo ha elaborato anche un disegno di legge di modifica della legge sulla cittadinanza (legge n. 91 del 1992) che allarga l'accesso alla stessa per i figli di genitori stranieri. E infatti, se la proposta sarà approvata dal Parlamento, acquisteranno la cittadinanza italiana automaticamente al momento della nascita:
a) chi nasce in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno sia regolarmente residente in Italia da almeno 5 anni;
b) chi nasce in Italia da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato ugualmente in Italia e vi risieda regolarmente.
Invece, il minore regolarmente residente in Italia da almeno 5 anni, figlio di
genitori stranieri, di cui almeno uno altrettanto regolarmente residente in Italia da almeno 5 anni, che abbia compiuto in questo paese un ciclo scolastico o un corso di formazione professionale o vi abbia lavorato per almeno un anno, può ottenere la cittadinanza su richiesta dei genitori o su richiesta propria entro un anno dalla raggiunta maggiore età .
In tutti i casi descritti, la cittadinanza sarà riconosciuta a condizione che il genitore abbia un reddito minimo (determinato indirettamente con riferimento a quello necessario per ottenere il permesso Ce di lungo periodo).
Un simile requisito ha certo conseguenze discriminatorie, ma può costituire un deterrente al lavoro irregolare; comunque, è meglio che tale requisito sia espresso ed espressamente quantificato che sia mero esercizio di discrezionalità amministrativa, come è oggi nella richiesta di concessione della cittadinanza a seguito della regolare residenza nel territorio italiano per almeno dieci anni.
In tema di nuclei familiari dei cittadini extracomunitari è il caso di ricordare che rilevanti modifiche all'art. 29 del T.U. sui ricongiungimenti familiari sono state apportate dal d. lgs. 8 gennaio 2007, n. 5 (in attuazione della Direttiva n. 2003/86/Ce).
Oggi lo straniero può chiedere il ricongiungimento per il coniuge; per i figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati a condizione che l'altro genitore abbia dato il suo consenso; per i figli maggiorenni a carico «qualora permanentemente non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute»; genitori a carico «che non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel paese di origine o di provenienza» . L'ufficio competente è il Sui. La sussistenza dei requisiti sarà verificata dall'ufficio «anche mediante
accertamenti presso la questura competente». L'ufficio, acquisito dalla
questura il parere sulla insussistenza dei motivi ostativi all'ingresso dello straniero, rilascia il nulla-osta. Ottenuto questo, l'autorità consolare italiana competente verifica l'autenticità della documentazione comprovante i presupposti di parentela, coniugio, minore età o stato di salute e rilascia il visto di ingresso.
Allo straniero è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari. La norma sulla durata del permesso di cui il comma 3 dell'art. 30 è rimasta
invariata (permesso di durata uguale a quella del titolare del diritto al ricongiungimento), ma tale norma va letta insieme al comma 3-sexties
dell'art. 5 per cui questo permesso non può avere una durata superiore
a 2 anni. Il familiare ricongiunto di uno straniero con carta di soggiorno può ottenere la carta di soggiorno.
Il comma 6 introduce un'importante novità : al familiare autorizzato all'ingresso o alla permanenza sul territorio per disposizione del Tribunale per i minorenni «per gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute» del minore (art. 31, comma 3), può essere rilasciato un permesso per assistenza al minore che consente di svolgere attività lavorativa, ma lo stesso non può essere convertito in permesso per motivi di lavoro. Ciò costituisce una deroga al principio generale della convertibilità tra diversi permessi, ricavabile dall'art. 6, comma 1, in combinato disposto con l'art. 4, commi 4 e 9, T.U., che appare del tutto irragionevole: lo straniero, alla maggiore età del figlio minore, sarà costretto a lasciare il territorio italiano nonostante una lunga permanenza e pur in presenza di una situazione lavorativa stabile e adeguata dal punto di vista del reddito.
Un'altra importante modifica è contenuta nella disposizione che autorizza l'ingresso di familiari «al seguito dello straniero titolare di carta di soggiorno o di un visto di ingresso per lavoro subordinato relativo a contratto di durata non inferiore a un anno, o per lavoro autonomo non occasionale, ovvero per studio o per motivi religiosi» sempre che siano rispettati i requisiti generali posti per i ricongiungimenti in materia di reddito e di alloggio (comma 4, art. 29). à una radicale semplificazione procedurale - l'Autorità amministrativa, infatti, deve limitarsi a verificare lo status di familiare e le condizioni di reddito e di alloggio - la cui concreta attuazione andrà verificata nella prassi.
(2. Fine).
Prima puntata: Il lavoro degli stranieri, tutte le problematiche, tutto il da farsi.
Intervista a Monica Mc Britton: c'è la necessità di una legislazione che superi la logica emergenziale. L'offerta e la domanda di lavoro immigrato in molti casi non si incontrano per ragioni politico-giuridiche, motivo per cui si innesca il circuito perverso della clandestinità : link esterno