Economia 25/11/2006

MANODOPERA IN AGRICOLTURA, OLTRE I LUOGHI COMUNI. BASTA SCENEGGIATE SULLA CRISI OCCUPAZIONALE. UNA NOSTRA INCHIESTA FA LUCE SULLO STATO DELLA REALTA' IN ITALIA, CON PROPOSTE DI SOLUZIONE PER USCIRE DA UNA CRISI DAI RISVOLTI DRAMMATICI

Presentiamo i pareri di alcuni impenditori su una questione in molti casi sottovalutata o, peggio ancora, male interpretata. La voce di chi vive sulla propia pelle le difficoltà quotidiane possono essere utili a una classe politica sorda o distratta. La soluzione? Forse far saltare in aria tutto il sistema


E’ ora di sentire la diretta testimonianza di chi lavora in agricoltura, in modo da farsi un’idea di come vada la realtà fuori da ogni luogo comune. C’è uno stato d’emergenza sottovalutato dal mondo politico, come spesso accade di fronte ai problemi reali dei cittadini; e c’è, forse, anche un silenzio colpevole e inoperoso da parte dell’associazionismo di categoria.

Sì, è vero, siamo polemici; forse troppo, ma effettivamente la realtà è quella che appare agli occhi di tutti. Perché allora non cercare di trovare soluzioni, a livello legislativo, che risolvano il problema in modo serio?

E’ ora di finirla con le sceneggiate sulla disoccupazione: falsità! Sono proprio così, delle bugie che fanno comodo a tutti coloro che debbono gestire intrallazzi di ogni sorta.

Parole grosse? Valutiamole. Sono qui a ricevere e pubblicare le smentite di chiunque lo desideri.
Intanto, dalla nostra inchiesta risulta un quadro generale dalle tinte fosche, o comunque poco rassicuranti, a parte la visione positiva espressa da due produttori del centro Nord, Emilia Romagna e Marche.

Abbiamo coinvolto in questa inchiesta alcuni imprenditori, oltre a un giovane enologo, scelti tra le varie regioni d’Italia:
Felice Modica, produttore di vino e olio extra vergine di oliva a Noto, in Sicilia;
Francesco Cavaliere, produttore di frutti di bosco, ma anche di olio extra vergine di oliva e altro ancora nel Salento;
Enrico Rana, enologo operativo in Toscana;
Cecilia Volpe Fanfani, titolare di un’azienda agrituristica e produttrice di vino e olio a Monteleone di Roncofreddo, in provincia di Forlì-Cesena; Elena Franco, produttrice di vini in Oltrepo Pavese;
Ampelio Bucci, prduttore di vini e olio extra vergine di oliva nelle Marche.

Ecco il quadro ch’è emerso.

Carenza di manodopera in agricoltura. Qual è lo stato della realtà nella sua regione?

Felice Modica, Sicilia: “Pessimo. La manodopera manca in maniera drammatica. Specie nei momenti di raccolta”.

Francesco Cavaliere, Puglia: “La situazione è come per altre realtà "a macchia di leopardo" anche se denominatore comune è la congruenza a volte problematica tra preparazione professionale ed aspettativa di remunerazione”.

Enrico Rana, Toscana: “Per quanto riguarda le aziende viticole, in Toscana si percepisce come effettivamente non sia facile trovare manodopera, anche se fortunatamente esistono società che gestiscono squadre di operai per soddisfare l’esigenza delle aziende nei periodi di lavoro intenso come il diradamento e la vendemmia.Ormai queste squadre sono composte in via esclusiva da extracomunitari.
Il problema si pone sulle operazioni più delicate come la potatura, in quanto le aziende non sempre si fidano dell'operato di tali squadre e cercano così di arrangiarsi con i propri operai”.

Cecilia Volpe Fanfani, Emilia Romagna: “Io posso dire lo stato della mia azienda, non della regione; e, per esempio, durante la scorsa vendemmia abbiamo avuto moltissime domande di persone che avrebbero voluto essere assunte, dunque io ne ho trovato anche in abbondanza”.

Elena Franco, Lombardia: “Disastroso a dir poco. Italiani solo se si è fortunati e se loro sono ben disposti; stranieri a gogo’ ma inaffidabili e le pratiche per la regolarizzazione sono incasinate”.

Ampelio Bucci, Marche: “Anche nelle Marche c’è carenza di
manodopera in agricoltura, soprattutto in vicinanze delle aree industriali e dei
distretti produttivi come Pesaro per la cucina, Fabriano e la valle di Jesi per le
industrie dei macchinari, elettrodomestici e abbigliamento, le zone di S.Elpidio e Serra de’ Conti per la calzatura e l’abbigliamento in genere. Le Marche sono una regione con un tessuto produttivo molto fitto di piccola e media industria (il modello marchigiano di cui si è parlato molto). In questo momento i distretti (non solo marchigiani) sono in crisi più o meno forte per effetto della globalizzazione e quindi dell’importazione di prodotti dai paesi con costi di lavoro inferiori. L’agricoltura da noi ha sofferto molto negli anni passati per il passaggio dei giovani verso il mondo industriale. Era comodo lavorare nelle piccole e medie industrie delle nostre vallate e utilizzare almeno inizialmente le case dove i genitori continuavano a fare i piccoli coltivatori diretti. Questo ha portato a una fuga dall’agricoltura e a un invecchiamento molto forte della manodopera agricola soprattutto stagionale e precaria perché molte aziende agricole classiche hanno delegato molti lavori a terzisti”.


Come si può risolvere, a suo parere, la stridente contraddizione cui si sta assistendo: da una parte il fenomeno tanto urlato della disoccupazione, ritenuto da molti un problema; dall'altra, per contro, il fenomeno di carenza di manodopera, in termini sia quantitativi che qualitativi?

Felice Modica, Sicilia: “Con una sempre maggiore meccanizzazione, che renda più sostenibili i costi. Resta il problema della manodopera qualificata. Qui bisogna lavorare di fino: investire nella formazione, creare operai e quadri specializzatissimi che, evidentemente, dovranno essere retribuiti in maniera adeguata. Per realizzare tutto ciò, occorrerebbe, prima, far saltare in aria tutto il sistema (la stessa cosa vale per la scuola e l'Università italiane...), a partire da quello contributivo, dai meccanismi che regolano le indennità di disoccupazione, dal ruolo della Forestale (che per Corrado Alvaro era ‘la Fiat del Sud’, ma che è stata - del resto al pari della vera Fiat, un'azienda che ha trascurato sperimentazione e innovazione, che non ha seriamente investito sul futuro)”.

Francesco Cavaliere, Puglia: “Con una maggiore presa di coscienza della situazione che parta dalla valutazione di aver ottenuto titoli di studio o di formazione inadeguati al momento, sia perché di difficile implementazione, sia perché volti ad altri scopi”.

Enrico Rana, Toscana: “Non è facile pensare ad una soluzione. Di certo posso dire che non tutti i giovani disoccupati sono disposti a lavorare come operai in agricoltura, in quanto ritengono di essere pagati troppo poco in relazione alla pesantezza del lavoro. Sicuramente più si andrà avanti e più si dovrà accettare di doversi rivolgere sempre più a stagisti di scuole superiori o università, pensionati e ad extracomunitari, i quali sembrano essere gli unici disposti a lavorare in campo, con il rischio, però, da parte delle aziende, di non avere una manodopera di qualità”.

Cecilia Volpe Fanfani, Emilia Romagna: “Intanto forse cercando di eliminare il 'secondo' lavoro; se si potessero denunciare tutte le spese sostenute nessuno si avvarrebbe più di lavoratori che non fatturano; e poi incentivando le aziende agricole che si rendono disponibili a corsi 'in campo' per migliorare la professionalità della manodopera”.

Elena Franco, Lombardia: La disoccupazione c’è perché la gente ha poca voglia di lavorare ed è più semplice lamentarsi. La manodopera ci sarebbe ma appunto il problema è burocratico e la lentezza dell’iter ti fa arrivare sempre con l’acqua alla gola.

Ampelio Bucci, Marche: “Nella nostra azienda io ho cercato di andare
controcorrente. Abbiamo bisogno dei giovani anche nelle aziende agricole
soprattutto per le produzioni in cui si punta su un’alta qualità come il vino e l’olio.
Abbiamo bisogno dei giovani che sono più attenti e più capaci di usare le nuove tecniche necessarie ad esempio per ridurre le quantità nelle vigne scegliendo i grappoli qualitativamente migliori. La nostra è una azienda agricola con oltre 300 ettari di coltivazioni classiche (grani, mais, piselli, barbabietole, sorgo, girasole, ecc.) e 25 ettari fra vigne e oliveti. Ho impostato già da molti anni una grande programmazione del lavoro continuativo, alternandolo tra la filiera del vino – vigna, cantina, spedizioni - e gli altri lavori agricoli – aratura, lavorazioni del terreno, raccolta per le produzioni di grano, mais, bietole, piselli, ecc…
Dando così una sequenza di lavori nell’arco dell’anno e assicurando quindi lavoro a tempo praticamente indeterminato per 7 persone.
Morale, al momento attuale la nostra squadra di persone fisse è formata da due operai senior di meno di cinquant’anni che sono un po’ i maestri degli altri : due ragazzi che hanno circa 30 anni, due appena sopra a 20 e uno 18 anni !
Li mando a corsi di formazione secondo le loro preferenze (potatura degli olivi e delle viti, uso delle nuove macchine, tecniche di agricoltura biologica, ecc.). Alcuni partecipano alle Fiere come il Vinitaly. Naturalmente bisogna che siano appassionati del mondo agricolo o del vino o del cibo o anche della meccanica e della guida delle grandi e moderne macchine che abbiamo. È un po’ un investimento. Forse ci sarebbe modo di risparmiare aumentando la quota di lavoratori saltuari. Ma così mi assicuro che ciascuno si senta più responsabile dando anche a loro la responsabilità di guidare i lavoratori avventizi nei momenti in cui ne abbiamo bisogno”.


Che futuro si prospetta, di questo passo?

Felice Modica, Sicilia: “L'unico futuro possibile è extracomunitario. Sono anch'io preoccupato per la nostra identità culturale, ma non vedo alternative. Oggi, se mancasse la manodopera extracomunitaria, il cosiddetto settore primario si paralizzerebbe. Dobbiamo favorire l'integrazione con le scuole e la lingua pretendendo però categoricamente il rispetto delle nostre leggi e delle nostre regole. Questa mi sembra l'unica strada percorribile: tutto il resto è demagogia o illusione”.

Francesco Cavaliere, Puglia: “Il futuro non è sicuramente roseo: il disagio giovanile rischia di essere il principale protagonista dello scenario dei prossimi anni”.

Enrico Rana, Toscana: “Il futuro è negli extra comunitari, finché sarà possibile tamponare lo stato di emergenza; poi, chissà”.

Cecilia Volpe Fanfani, Emilia Romagna: “Il futuro agricolo è generalmente piuttosto nero, ma non penso che questo dipenda dalla manodopera non specializzata o dalla carenza di manodopera. Dipende dalle associazioni di categoria obsolete e inefficienti, dai governi locali e centrale che sono poco attenti ecc. ecc. La lista è lunga!”

Elena Franco, Lombardia: “Nero, anzi nerissimo, e non per il colore della pelle della manodopera”.

Ampelio Bucci, Marche: “Oggi è un momento in cui molti lavori agricoli possono
risultare più interessanti di alcuni lavori banali nelle fabbriche, dove ancora vige la parcellizzazione del lavoro che è quindi molto ripetitivo.
Forse investendo nei giovani, dando loro responsabilità e anche per quello che si può un percorso professionale si può ancora pensare a un futuro dell’agricoltura. Più facilmente nelle colture in cui si può sviluppare una attività di filiera fino alla vendita del prodotto finito come il vino e l’olio. Più difficile per i prodotti base che restano delle commodities.

di Luigi Caricato