Economia
Vino e GDO, olio d'oliva e GDO. Un confronto da brividi
A scaffale, quasi il 40% degli acquisti riguarda i vini della regione. Milioni di bottiglie e milioni di euro. Oli veri ed oli "presunti" sono invece ancora fianco a fianco sullo stesso scaffale, distinti per prezzo, con le etichette che si differenziano per colore e non per contenuti
02 ottobre 2015 | Maurizio Pescari
Ma perchè questa battaglia si combatte solo sull’olio? Siamo ormai alla vigilia della prossima guerra al ribasso.
Tra poco più di un mese, l’olio extravergine di oliva, nelle sue molteplici caratteristiche, diventerà strumento di fidelizzazione del cliente. Sempre e solo l’olio. Non esiste altro prodotto alimentare in grado di attirare i clienti al punto da orientare gli investimenti – perché di questo si tratta – della Grande Distribuzione, che preferisce il "non guadagno", al rischio di mancata vendita.
Ormai i lettori di questo giornale i dati li conoscono a memoria, così come sanno declinare a menadito i percorsi sui quali certe politiche di prezzo si reggono.
Si sente dire che dipende dal posizionamento del prodotto, dal territorio su cui insiste il punto vendita, dalla tipologia della clientela… Ché poi lo sappiamo, le offerte sono sempre interessanti, specialmente in un periodo difficile come quello nel quale stiamo vivendo. Eppure non per tutti i prodotti questo corrisponde al vero.
Quella stessa GDO che da un lato si strappa i capelli per garantire la migliore offerta di olio extravergine, dall’altro ormai da tempo sta dedicando spazio ed evidenza a prodotti alimentari di alta gamma; angoli di alta gastronomia di frequente e con ottimi risultati. Senza combattere al prezzo più basso.
Ma anche in questo caso l’olio vero stenta a fare i numeri. Ma allora, è colpa di chi vende o di chi non compra? E’ lo scaffale che rifiuta l’olio vero, quello artigianale, o il cliente che fatti salvi una decina di punti percentuali, non lo vuole?
Eppure la GDO sta cambiando. Oltre allo spazio dedicato alla qualità dell’artigianato alimentare, dove pasta, sottoli, aceto, cioccolata, prodotti da forno, salse, formaggi e tanto altro, sono lì a comporre un’ottima offerta, ci sono dati importanti dall’altro grande alfiere dell’agricoltura moderna: il vino.
Pur mantenendo in alcuni casi il ruolo di "salvatore della Patria", vista l’eccessiva produzione, la GDO sta ormai acquisendo ed in alcuni casi consolidando, una rinnovata attenzione e si stanno assottigliando le fila di coloro che… “Il mio vino non sarà mai al Supermercato!”.
Il motivo? Lo dicono i numeri, perché la distribuzione moderna il vino lo vende. L'Umbria vitivinicola, senza GDO, sarebbe alla canna del gas. E non solo l'Umbria...
Tutto dipende dall’organizzazione degli spazi, dalla presentazione del prodotto e dal sostegno all’acquisto. Le bottiglie di vino hanno acquisito spazi di rilievo, sono sorte vere e proprie enoteche, con i vini in brick posizionati tra le bevande, in condizioni ambientali ideali, per la temperatura e per l’illuminazione, gestiti da assistenti alla vendita che consigliano ed indicano il miglior abbinamento.
Quasi il 40% degli acquisti riguarda i vini della regione, il restante è ben suddiviso tra tutti i grandi territori del vino italiani e non solo. Milioni di bottiglie e milioni di euro.
L’olio? siamo indietro anni luce. Tutto ancora lì, oli veri ed oli "presunti" fianco a fianco sullo stesso scaffale, distinti per prezzo e non per territorio – figurarsi per cultivar - con le etichette che si differenziano per colore e non per contenuti. Tutti uguali.
La speranza è che l’annus horribilis 2014, possa essere ricordato come anno della svolta. Tanti consumatori abituali sono stati costretti all’olio di altri. Tanti palati assuefatti al solito olio, hanno dovuto scoprire odori e gusti diversi e chissà davanti ad una super offerta non siano in grado di porsi un interrogativo.
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Accedi o RegistratiMaurizio Pescari
04 ottobre 2015 ore 15:02Signora Enrietta, è inutile continuare a paragonare l'olio al vino; rappresentano due mondi lontani anni luce, accomunati dall'origine agricola, diversi fin dalla gestione agronomica della coltura.
Basta pensarci un po'. Quanti sono coloro che hanno l'approccio che lei racconta di riservare sia al vino che all'olio? Dal mio punto di vista, nella mia quotidianità, preferisco un buon odore - un profumo - alla conoscenza della coltivar.
Coinvolgere un consumatore 'normale' (90% del totale) partendo dal fatto che un olio buono ha un buon odore, è molto facile, perché per un consumatore 'normale' è facile capire che una 'cosa' profuma ed un'altra 'puzza'. E da che mondo e mondo se una cosa ha un buon odore è meglio, che si tratti di una persona, un ambiente, una cucina, un frantoio, un paio di scarpe, una fetta di carne, un olio... (Salvo i formaggi... Eccezione che conferma la regola...).
Dopo, secondo me, viene la coltivar. Se si deve cominciare, accetterei anche di mettere un modaiolo su una sogliola bollita... Basta che si comincia.
Ad accalappiare i consumatori ci pensa la pubblicità televisiva... Quella che ha il bell'attore che dice "...ricordate che se è BELLO, è anche BUONO" lei sa bene che solo l'industria fa tutto uguale, tutto bello, mentre l'artigiano qualche difetto c'è l'ha... Che si tratti di cornetti, formaggi o olio...
Il mondo dell'olio vero non deve ACCALAPPIARE nessuno, questo è mestiere di altri, che sono bravissimi.
Il mondo dell'olio deve cominciare a comunicare, a far sapere, lasciando perdere i segreti dei bicchieri da degustazione - che in cinquant'anni hanno solo creato una 'casta di infallibili', nel vino come nell'olio - ma soprattutto deve cominciare a mettere la faccia del produttore sull'etichetta di ogni bottiglia. Ad aprirla. A far sentire il buon odore...
Sergio Enrietta
03 ottobre 2015 ore 09:17Obiettivamente, tra un Barbera e un Grignolino, chiunque sa fare la distinzione, senza l'ausilio del pluridecorato "sommelier" di turno che lo imbamboli di chiacchiere.
Lo stesso dicasi per ogni altro confronto in campo vinicolo comparato.
Prendiamo adesso il caso dell'olio:
- Fruttato
- Medio fruttato
- ecc
Il tutto condito con iperboliche parole del tipo: Erba tagliata, pomodoro verde, mela verde, e via di seguito con altre amenità che solo le lingue indolatine sono in grado formulare.
Invece di gusti riconducibili chiaramente a una varietà e territorio, voli pindarici di parole che il consumatore classico salta a piè pari.
E poi ci stupisce se l'olio extravergine è per il pensare collettivo quello che ha la scritta e che costa meno, meglio poi se la grande distribuzione lo usa come attrattivo, contenti loro, contenti tutti.
Un giorno al salone del gusto assaggiai un olio con su scritto: Varietà Frantoio.
Obiettai che non sentivo il gusto della varietà Frantoio, sorpresa, .......
Io sono auto sufficiente in olio, però se avessi certezza di acquisto di olio per varietà ben distinta e chiara, o anche di miscele ben distinte per percentuali che ne caratterizzino in modo favorevole il prodotto, di tanto mi comprerei la tale bottiglia, di tale varietà ben distinta, a prezzo da bottiglia di buon vino, e la aprirei in occasioni ben particolari.
Io e gli altri la giudicheremmo severamente, come faremmo con una bottiglia di vino importante.
Siamo certi che abbiamo fatto tutto per accalappiare il palato dei consumatori?
Sergio Enrietta
05 ottobre 2015 ore 08:42Ma, mi sembra tutto più difficile se non si parla di nomi e cognomi, infatti eh, eh, eh, lei non ha letto, forse ha solo odorato, eh, eh ,eh, mi ha dato giusto con la sua svista la possibilità di perfezionare il discorso.
Altra possibilità me l'ha data l'arrivo di due libri recenti che si vorrebbero "specialistici" circa i territori, gli extravergini, profumi e bicchierini compresi.
Appena aperto il pacco mi sono goduto le copertine, in tutto i libri erano quattro.
Ho cominciato da quello sulla concia delle olive da pasto, sto raccogliendo le olive di una decina di varietà da mensa di cui ho in oliveto.
Poi sono passato allo sfogliare le pagine attraenti e patinate, nel frattempo arriva la mia compagna, anche lei appassionata di cose buone e possibilmente naturali, anche lei sfoglia e si ferma qua e la su pagine che parlano di oli già assaggiati, andiamo avanti per un'oretta, poi io rompo la lettura con una domanda a bruciapelo: "Da quanto leggi, riesci a ricavare e ripetere le sensazioni, i motivi, le ragioni, dei tuoi commenti agli oli che abbiamo avuto modo di assaggiare? Ti sono di qualche aiuto i due libri?"
Altrettanto bruciante risposta: "Sergio, ti ricordo a sfogliare e risfogliare con estremo senso critico ogni libro che compri, cosa è successo questa volta?"
Interdetto, ho balbuziato: "li ho comprati via internet, quindi non li ho visti prima, inoltre in questo ginepraio sto cercando attraverso tutti i mezzi di capirci qualcosa."
"Ha" la lapidaria risposta.
Dove sta il succo, adesso do la mia interpretazione:
- Primo, se non si danno nomi chiari di varietà e territori, per il consumatore anche attento, è difficile districarsi in materia, anche quando non si lesinano attenzioni e denari.
- Secondo, come stanno le cose ora, anche facendo un semplice sondaggio delle lamentele che scaturiscono dal mondo olivicolo, si evince che sono le grandi partite indistinte che fanno salire il mugugno, quindi, forse, è il caso di analizzare i casi di quelli che non si lamentano, per capire se si può imparare qualcosa.
- Terzo, personalmente, se non avrò impedimenti, tra una quindicina di giorni comincerò a molire il Maurino, poi il Pendolino, poi il Leccino, e via via scorrendo, per nomi e cognomi, o per famiglie.
Finalmente dopo nove anni di fatiche e speranze, spero almeno per me, di capirci un po' di più in questo mondo olivicolo che sempre mi ha affascinato e spesso deluso al palato, spesso per cattiva lavorazione, altre perchè semplicemente, benché l'olio fosse ineccepibile, semplicemente non era quel gusto che cercavo.
E difficile cercare un argomento in una enciclopedia a cui fossero stati levati o non scritti i titoli.
Buon lavoro, mentre auguro a tutti tra breve, piacevoli sorprese gustative