Cultura

L’ULIVO, L'OLIO E GLI ANTICHI TRAPPETI NEL SALENTO

La millenaria pianta tra leggenda, storia e mitologia, rivive nel restaurato frantoio sotterraneo di Acquarica del Capo, attivo per oltre quattro secoli. Tali strutture erano funzionali al controllo della decima dell'olio fino all'abolizione della legge eversiva della feudalità avvenuta nell'agosto 1806

14 luglio 2007 | C. S.

E' stato presentato venerdi 13 luglio, con l'inaugurazione ufficiale l'evento "L’ulivo, l’olio e i Trappeti nel Salento", cui hanno partecipato tra gli altri il parroco don Beniamino Nuzzo, il sindaco di di Acquarica del Capo Carlo Rovito, nonché Antonio Lia, presidente del Gal Capo S. Maria di Leuca, Francesco Bruni, presidente Consorzio dei Comuni “Terra dei Due Mari”.

Alla manifesatzione sono inoltre intervenuti Antonio Monte, ch'è peraltro il progettista e il direttore dei lavori del recupero del frantoio ipogeo; Antonella Lifonso, architetto; Edoardo Winspeare, regista cinematografico.

UNA STORIA SECOLARE
L’origine dell’ulivo mescola leggenda, storia e mitologia. La coltivazione dell’ulivo - ad opera di un gruppo migratorio di monaci che trasformarono
estese zone boscose mettendo a dimora i più antichi uliveti oggi presenti nel Salento - crebbe d’importanza nei secoli, tanto che nel 1559 il Viceré spagnolo Parafran de Ribera fece costruire una strada per collegare Napoli
alla Puglia per un più rapido trasporto dell’olio.

Tra il XVI e il XVIII secolo risale la costruzione dei trappeti “baronali”, funzionali al controllo della decima dell’olio fino all’abolizione della legge
eversiva della feudalità avvenuta il 2 agosto 1806. L’estrazione dell’olio era una pratica conosciuta molto prima della nascita di Cristo; tuttavia i resti
di macine rinvenuti nel Salento risalgono solo al XII° secolo, quando si incominciarono ad usare grotte già esistenti, o scavate appositamente, nei pressi di insediamenti rupestri, di complessi masserizi o casali: sono i cosiddetti “trappeti a grotta” o “in grotta”.

I trappeti di Acquarica del Capo
Ubicati a Celsorizzo e intorno al Castello medievale, sono nove i “trappeti a grotta” segnalati ad Acquarica del Capo. Individuato nel secolo XVII e da molti riconosciuto come una chiesa rupestre ristrutturata, il trappeto
“Madonna dei Panetti” è addossato alla omonima chiesa del XII secolo.

L ipogeo Madonna dei Panetti
L’ipogeo “Madonna dei Panetti”, uno dei nove trappeti ipogei attivi ad Acquarica del Capo nel 1876-1880, è interamente scavato nel banco roccioso calcerenitico (tipo tufo). Ai diversi ambienti del trappeto (di altezza variabile tra 1,60 m e 2,60 m), che si sviluppano longitudinalmente, si accede attraverso una rampa di scale che, coperta con “volta a botte”, immette in un ambiente di forma quasi circolare dove è un deposito per le olive – noto in gergo come sciava (altre due sciave sono disposte lungo i lati del vano scala) – e la vasca per la molitura, in corrispondenza della quale è posto, in alto, un foro per l’areazione. Il piano di calpestio intorno alla vasca per la molitura conserva ancora le tracce lasciate dal mulo, che con il suo movimento
azionava la grande pietra molare per frangere le olive. All’ambiente destinato alla molitura delle olive segue quello destinato alla spremitura, dove erano collocati tre torchi a due viti del tipo alla calabrese: qui si conservano gli alloggiamenti dei plinti dove poggiavano i torchi e tracce della presenza delle macchine olearie utilizzate per la spremitura della pasta delle olive frantumate. Lungo il lato ovest si scorgono un silos, un deposito (nozzaio per conservare la pasta delle olive che, dopo le diverse spremiture, si trasformava in sansa) e una zona per il riposo dei “trappetari”. Il trappeto, attivo per oltre quattro secoli, è andato gradualmente in disuso verso il
primo quarto del XX secolo, fino al suo completo e definitivo abbandono.

UNO SGUARDO SULLA CITTA'
Acquarica del Capo, nell'entroterra salentino, deve il suo nome alle acque
copiose del sottosuolo.
A 17 Km da S. Maria di Leuca e in posizione geografica centrale rispetto
al Mar Jonio e al Mare Adriatico, è facilmente raggiungibile attraverso la
dorsale Lecce – Gallipoli - S. Maria di Leuca.
Notevole il suo patrimonio storico-architettonico:
- la Torre di Celsorizzo con la Cappella bizantina di San Nicola, incastonata
alla base, del XIII secolo;
- la Torre colombaia del 1550;
- la Chiesa della Madonna dei Panetti del XII secolo;
- il Frantoio ipogeo scavato in una grotta carsica come testimonianza di
archeologia industriale;
- il Castello Medioevale del XIV secolo posizionato in un caratteristico
centro storico fatto di abitazioni a corte;
- le Chiese di S. Carlo Borromeo (1619) e di San Giovanni Battista (1823),
ricostruita al posto di altra della seconda metà del XVI secolo.

Note inoltre, nel territorio circostante, le due fiere della Madonna del Ponte
(la seconda domenica di settembre) e di San Carlo Borromeo (la prima domenica di novembre).



Fonte: Maurizio Antonazzo

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