Cultura

I RITRATTI DI SERGIO VACCHI, TRA DESOLAZIONE E VITALITA' E TRA GUSTO E DISGUSTO

A Catania, la mostra di un'artista che ha dato grande spazio al sogno, alle visioni surreali e alla fantasia. Intorno alla sua opera hanno scritto in tanti. Tra tutti spicca il giudizio di Giovanni Testori. Sono immagini contrastanti e lutulenti in cui il colore utilizzato con più destrezza e parsimonia è il viola

16 luglio 2005 | Ada Fichera

Una mostra di ritratti, ricca di tante, davvero tante sfaccettature.
È la mostra di Sergio Vacchi, ospitata in questi giorni a Catania, in via Vittorio Emanuele, presso la “Galleria S. Giuseppe al Duomo”.
Inaugurata lo scorso 28 giugno, la mostra “I loculi della palude” rimarrà aperta fino al prossimo 17 luglio e si potrà visitare tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20.

Attraverso l’esposizione di ritratti di molti esponenti dell’ambito artistico, letterario e storico, fra i quali De Chirico, Klee, Picasso, Charlot, Totò, Fellini, Duse, Bernhardt, Garbo, Beckett, Calvino, D’Annunzio, Eliot, Gadda, Kafka, Mann, Montale, Morante, Moravia, Pirandello, Proust, Salgari, Sciascia, Svevo, Testori, Ungaretti, Woolf, ed anche Papa Giovanni XXIII e Madre Teresa di Calcutta, si esplica al meglio la ricerca artistica di Sergio Vacchi, rivolta ad un modo sentito ed espressivo di tratteggiare le figure, che non di rado gli ha procurato critiche e che ha dato adito a polemiche.

Sergio Vacchi, nato nel 1925, è stato protagonista di importanti esposizioni: alla “Galleria del Milione” a Milano e alla “Galleria d’Arte Moderna” di Roma; ha partecipato alla mostra di pittura contemporanea di Copenhagen; ha tenuto una mostra a New York e ha preso parte nel ’56 e nel ’58 alla “Biennale di Venezia”.
Durante la sua carriera artistica, Sergio Vacchi ha dato grande spazio al sogno, alle visioni surreali e alla fantasia.
Nel suo immaginario pittorico, si fondono desolazione e vitalità, si alternano figure deformi e grottesche ad immagini mistiche.
Sui suoi ritratti, Giovanni Testori ha significativamente scritto un commento nel catologo dei ritratti di Sergio Vacchi.

Così Testori: "La vera grandezza, e sgradevolezza, della fantasia di Vacchi abita in questa coesistenza oppositorum (sempre che, in lui, si tratti di opposti); ben più, e certo, che nel piegare, perfino gli elementi di gusto, in ragioni di disgusto".
Ma cosa sono e per quale ragione parliamo dei “loculi della palude” riguardo ai suoi ritratti?
Giovanni Testori ha scritto che “quando si evoca il lungo, tumultuoso cammino di Sergio Vacchi, (...) dorato, violastro, perfin bavoso, ciò che viene avanti non è un’immagine bensì una sorta di lutulenta palude”.
E ancora: "Presiede sempre alle fantasie più corusche e fatali una sorta d’inspiegabile capacità ad architettare i loro fantasmi. E Vacchi, che fa? All’habitat, perché fosse come una città, necessitava il coemeterium pur per chi, vivo, alle volte fosse o si credesse ancora; ed ecco Vacchi dopo averli fatti seccare come terrecotte atemporali, allineare i ritratti uno accanto all’altro, poi, fila su fila. L’habitat sta per avere i suoi loculi: gli uomini, le donne che nella sua vita, immagino soprattutto quella intellettuale, ebbero più importanza, se ne stanno lì, guardati e insieme guardiani della sua stranita e muta città".

Il colore che Vacchi usa con più destrezza, e forse per questo, anche con maggiore parsimonia, è il viola, che caratterizza i suoi volti.
La mostra è stata allestita dalla “Galleria Permanente d’Arte Moderna” di Catania, nella persona del Sig. Mauro Lombardo, e dal settimanale regionale “Prospettive” di Catania.

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