Cultura

LA PUBBLICITA' CI PARLA. CON MESSAGGI DI ORIGINALITA' E TRASGRESSIONE, E TANTA NOSTALGIA DEL PASSATO

L’italiano medio crede di essere immune dal bombardamento mediatico, ma sta già pensando al prossimo acquisto “alla moda”. Le nuove sfide circa i rapporti azienda-mercato prendono ora corpo. Esiste una logica a tratti lineare, a tratti perversa che ci guida e governa

04 giugno 2005 | Ada Fichera

In una società spesso governata da numerosi stereotipi, viene voglia di chiedersi come e, su quale base, questi ultimi si siano formati.
Così, girovagando per quei sentieri oscuri e misteriosi, facilmente catalogabili sotto l’unica denominazione di “strategie di comunicazione”, si può incontrare ora uno spot pubblicitario ora una foto che fa tendenza.
È però in questa lunga ed interessante “passeggiata” che ci si può anche ritrovare ad un dibattito sui valori che si trasmettono in questo “comunicare” e si può persino scorgere se stessi fra una gremita platea di intellettuali e curiosi, comodamente seduti ad un intelligente convegno all’Università Cattolica di Milano, durante il quale si riflette sulle “Nuove sfide per i rapporti azienda-mercato” e sui “megatrend della società italiana”.

Camminando camminando, le “strategie” si fanno sempre più complesse ed intrecciate tra loro.
Capiamo a tal punto che esiste una logica, a tratti lineare ed in altri tratti perversa e contraddittoria, che guida e governa i gusti e i consumi del popolo italiano; per tale ragione il meccanismo della comunicazione si basa su questo genere di razionalità e, ad essa si uniforma, quando vuole fare breccia sul suo spettatore, su quello stesso fruitore che diviene come ferro di fronte ad una calamita.
Il principio che risiede all’origine dei messaggi pubblicitari è proprio il fare breccia sul lato più debole e più facilmente esposto al plagio dell’ascoltatore, o in taluni casi dell’osservatore.

In questa “guerra” condotta a colpi di spot, approfondendone le dinamiche, apprendiamo che la metodologia più utilizzata dagli esperti di marketing è la segmentazione del pubblico in classi, in modo da individuare il prima possibile i gusti e le abitudini dei soggetti da intercettare.
Se arrestiamo per un attimo il nostro viaggio attraverso quello che è di certo l’ “universo della creatività per eccellenza” e ce ne stiamo un po’ seduti ad osservare i protagonisti dei messaggi che invadenti, irriverenti e soprattutto onnipresenti ci bersagliano ogni giorno, notiamo che l’arma più frequentemente utilizzata da quanti si occupano di comunicazione è quella costituita dalle percezioni, dai sentimenti e dagli affetti.
Sembra infatti, secondo studi recenti, che l’acquirente si lasci alla fine convincere più da ciò che fa leva sui suoi sentimenti e sulle sue emozioni, che non dall’originalità e dalla trasgressività del messaggio che gli viene proposto.

Sempre sulla scia di questo tripudi di sensazioni, scopriamo poi che a vincere in pubblicità è la nostalgia.
Eh già, secondo una ricerca portata avanti dall’Istituto di ricerca “Lexis Psycolinguistic”, su un campione di 1.000 persone, di età compresa tra i 16 e 74 anni, i consumatori italiani, che si dividono in sei “classi”, sono per lo più amanti, seguendo una linea nostalgica, di tutto ciò che gli ricorda il loro passato.
Incontriamo allora quello che, per tale indagine, presentata proprio nel corso del convegno di cui parlavamo inizialmente, è il più numeroso dei sei gruppi: i “contro-temporali”, i quali rappresentano il 35,1% degli italiani.
Amano i film degli anni ’70, le pietanze genuine cucinate dalla nonna e comprano tutto ciò che gli ricorda un passato non troppo lontano.
L’altro grande gruppo ci concede una ventata di freschezza tuttavia unita ed attutita da una pennellata di tradizionalismo. È infatti il turno dei “pro-positivi” (33,1%), formato principalmente da famiglie giovani, attente alle nuove tendenze ma con forti valori caratterizzanti, come l’affettività e la progettualità.
Interessante, poi, la definizione sociale dei “bunkerizzati” (11,3%) e degli “intellettuali”. Sotto la prima categoria rientrano soprattutto le persone anziane, che sentono il loro reddito minacciato da una società ingorda e si limitano agli acquisti indispensabili. La seconda categoria, invece, vede presente al suo interno la “casalinga del terzo millennio”.

"E’ un lusso essere casalinghe - spiega Gianandrea Abbate, curatore dello studio di 'Lexis Psicholinguistic' - ; la maggior parte di loro si sono intellettualizzate, spendono in prodotti culturali, come libri, cinema e viaggi".
Infine, ci sono i “ribelli”. Beh, quelli non mancano mai, si presentano puntuali sempre e ovunque. Si dividono in “contro-dipendenti” che rappresentano il 6,8% e in “sovra-eccitati”, il 6,4%, perennemente alla ricerca di nuovi trend e trasgressioni.

"La percezione che il consumatore ha della società italiana è molto negativa, simile a quella che si respirava negli anni ‘70 - conclude Edoardo Teodoro Brioschi, docente di Economia e Tecnica della comunicazione aziendale, presso l’Università Cattolica di Milano -. Per questo motivo, le aziende puntano sull’emotività per dare “appealing” ai prodotti e rendere un marchio di successo".
Giunti alla conclusione della nostra “passeggiata”, meditiamo sul fatto che siamo inconsapevoli di quanto i pubblicitari ci confezionano, ed anche per questo diveniamo ogni giorno prede della seduzione e dell’attrazione di messaggi che governano le nostre scelte, che ci custodiscono calamitando la nostra attenzione ed il nostro interesse.
Ci adagiamo allora sul nostro comodo divano di casa o su una panchina di un bel parco della nostra città, e, senza rendercene conto, nel primo caso, rimaniamo rapiti da uno spot televisivo che ci fa ridere o ci ricorda il passato, nel secondo caso, senza accorgercene, stiamo guardando quel colorato cartellone pubblicitario posto proprio sul marciapiede di fronte. Crediamo di uscire illesi dalla battaglia dell’ultimo spot, di essere indifferenti ai suoi bombardamenti, eppure siamo qui, anche noi desiderosi di quel prodotto reclamizzato, già con una lampada d’Aladino in mano…

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