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Vigne storiche, un inestimabile patrimonio da salvare. Subito

Alla scadenza della presentazione della lista dei vigneti da salvare, solo Sicilia e Trentino Alto Adige sono state in grado di rispettare i tempi di adeguamento alla nuova OCM vino. L'analisi di Pasquale Di Lena

06 settembre 2008 | Pasquale Di Lena

Tempi impossibili in un periodo impossibile, quello di piena estate quando, cioè, in questo nostro Paese tutto procede al rallentatore.
C’è la necessità urgente di una proroga che fissi una scadenza e dia alle Regioni quel tempo minimo necessario per monitorare i vigneti più a rischio, quelli storici, che oggi rappresentano uno straordinario patrimonio da salvare, assolutamente, in considerazione di ciò che esso rappresenta in quanto a biodiversità, storia, cultura, paesaggio e, fatto per niente secondario, a marketing, cioè a comunicazione e commercializzazione dei vini di queste vigne.

Il tempo di informare i produttori delle potenzialità che queste vigne hanno, nel momento in cui sono una rarità che il nostro Paese ha, diversamente da tutti gli altri nostri concorrenti, e, ancora di più, i vini che queste vigne storiche riescono a dare, con caratteri organolettici particolari che sanno cogliere e raccontare la saggezza del tempo.

Permettere di distruggere questo patrimonio, oggi, più di ieri, diventa un delitto di cui tutti ci dobbiamo sentire colpevoli, ben sapendo che, per come va l’agricoltura e per come si presenta la vendemmia, è grande la voglia di dire basta e spiantare.

C’è, e non si può dire che è solo colpa delle previsioni di una raccolta più abbondante, un silenzio che caratterizza il mercato che, in mancanza di domanda e di indicazione di prezzo, sta mettendo in ansia i produttori, soprattutto quelli che vivono territori difficili, proprio là dove sono più diffuse le vigne storiche.

In queste condizioni e nella necessità per molti produttori di abbandonare l’attività per l’età media molto alta, l’espianto sostenuto dalla nuova OCM diventa una occasione irripetibile, da cogliere senza bisogno di riflettere, visto che non ci sono alternative.

Invece le alternative, per le poche cose che abbiamo detto all’inizio, ci sono. C’è di più, di questo straordinario patrimonio ne ha bisogno la vitivinicoltura italiana, perché esso può diventare una straordinaria forza di immagine capace di attirare l’attenzione del consumatore e sul quale il Paese del vino deve giocare per vincere sui mercati.

Bisogna dare atto alla Associazione delle Città del Vino dell’impegno profuso in questa fase nell’opera di sensibilizzazione su una questione aperta e di primaria importanza, ma, una voce pur così autorevole, che ha nel suo Dna il valore delle vigne storiche, non basta per evitare i rischi di una situazione accattivante per chi non ha altro a cui aggrapparsi.

Da qui la necessità di un impegno di tutti e di idee utili a salvaguardare le vigne storiche e i territori che le esprimono.

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