Mondo Enoico

Vino e mercato globale. Più marketing per potenziare spazi e immagine di qualità

Una strategia mirata, senza più improvvisazioni e gite turistiche per amministratori e funzionari delle istituzioni, come spesso capita. E' necessario consolidare invece i rapporti commerciali e le pubbliche relazioni. L'analisi di Pasquale Di Lena

17 maggio 2008 | Pasquale Di Lena

Il mondo anche se è diventato più piccolo offre opportunità impensate al nostro vino, anche in un domani condizionato dal caro petrolio. Il domani della promozione e della comunicazione non permette sprechi di risorse, ma sinergie tra pubblico e privato, puntuali strategie di marketing e una crescente aggregazione dell’offerta.
Nessuna improvvisazione, quindi, e nessuna toccata e fuga, ma scelte e una programmazione degli interventi che guardano al breve e medio periodo.

Se è vero che il 90% dei nostri vini, esportati ogni anno, viene assorbito da soli 11 mercati vuol dire che c’è qualcosa che non funziona nelle azioni di marketing, sia quelle istituzionali e, soprattutto, quelle delle aziende.
Così, com’è facile pensare, ci sono 11 mercati, certo non tutti allo stesso modo, dove si ritrovano tutti, il più delle volte per farsi concorrenza l’un l’altro; altri mercati dove ci si ritrova solo nelle grandi occasioni, con vuoti che vengono immediatamente riempiti da altri e, poi, i rimanenti, che sono la quasi totalità, dove non ci siamo mai stati o ci siamo passati qualche volta per caso.
So bene che nella gran parte di questi paesi, chi per la miseria che vivono e chi per le tradizioni e le religioni che seguono, non c’è consumo di vino, resta comunque il fatto che ci sono vuoti che non permettono al vino italiano di esprimere tutte le sue potenzialità.

In questo modo ci sono enormi perdite, sia per la nostra bilancia commerciale che per il rendimento degli investimenti che, in questo modo, vengono ripagati meno del dovuto a causa di sprechi che già a partire da domani, non saranno più ammessi perché insostenibili.. C’è da dire che, in questo modo, si va ad intaccare fortemente il futuro delle nostre esportazioni, perché là dove noi non andiamo ci saranno gli altri ad occupare spazi che potevamo, e, ci spettava di conquistare.

Sprechi che si possono facilmente evitare se si dà ordine alla programmazione della comunicazione e della valorizzazione dei nostri prodotti agricoli, artigianali, industriali e turistici, ma, anche, culturali e artistici, e si creano gli strumenti adatti a coordinare, a livello centrale e regionale, una strategia di marketing che, nonostante le mille affermazioni e le buone intenzioni di molti, manca al nostro Paese.

Una strategia di marketing, proiettata nel breve e medio periodo, che dia sempre meno spazio alle improvvisazioni ed alle gite turistiche di amministratori e funzionari delle istituzioni, ai vari livelli, come spesso capita di registrare anche in occasione di eventi importanti, dove è facile trovare più amministratori o funzionari che produttori.

C’è di più la gran parte delle tante istituzioni che sponsorizzano la partecipazione delle aziende e dei prodotti del proprio territorio, senza una strategia ed un programma, capitano su questo o quel mercato e non ci fanno più ritorno, in mancanza di una cultura del marketing, in particolare di quella parte che riguarda la comunicazione e la valorizzazione. Qualche rara volta capita anche di stabilire dei contatti e di rendere fruttuosa la partecipazione, ma, nella quasi generalità, non è così, semplicemente perché non può essere così.

Una toccata e fuga, com’è facile comprendere, produce solo spreco di risorse e penalizza prodotti e territori che, diversamente, se bene organizzati per un’azione di marketing, alla quale viene dato il tempo necessario per esprimersi con la necessaria continuità su un dato mercato, possono trovare quel successo che meritano in un giusto rapporto qualità-prezzo e rendere l’investimento remunerativo.

Quando qualche anno fa, ospite dell’Ice, ho partecipato ad una serie di seminari su vino ed olio in India, mi è tornata in mente l’avventura del vino italiano in America con il Lambrusco che diventa pioniere ed apre la strada ai vini più prestigiosi che oggi fanno impazzire gli americani nonostante il crescente svantaggio del dollaro nei confronti dell’euro
Una avventura, quella del Lambrusco, vissuta con grande dignità dalle Cantine Riunite di Reggio Emilia.

Gli Americani, abituati a bere superalcolici o coca cola, avevano bisogno di qualcosa che si collocasse fra queste due estremità ed il Lambrusco ha dato la risposta che ci voleva. Allora perchè continuare a perdere tempo a non capire che la Cina, l’India e gli altri nuovi mercati, cioè mercati di milioni, se non miliardi, di potenziali consumatori, per le stesse ragioni dell’America, hanno bisogno, in questa prima fase di approccio con il mercato globale e con un prodotto, il vino, di Lambrusco o di un vino con le caratteristiche del Lambrusco: un po’ frizzante, con grado alcolico non eccessivo, ricco di colore e, per i bianchi, vini a base di malvasie o di moscati, seguiti a ruota dal Prosecco. E ciò per avvicinare la massa dei potenziali consumatori che, solo così, avranno modo di accelerare i tempi per fare scelte di vini con una diversa struttura e che offrono ben altre emozioni.

A questa azione di penetrazione del vino italiano, il mercato americano ha registrato la dovuta aggressività da parte, sia dei produttori che degli importatori, anche se, per lungo tempo, questo mercato ha riguardato fondamentalmente le grandi città della West e East Coast e non l’intero Paese. Intanto il mercato americano, per tutt’una serie di ragioni ha registrato volumi di affari crescenti e solo ultimamente , soprattutto per il costo dell’euro, sta dando segnali di fermo ed anche di leggero arretramento.

La continuità dell’azione di marketing ha ripagato il nostro vino ed i nostri produttori con risultati molto positivi sia sotto l’aspetto delle quantità che dei valori.

La continuità delle azioni, quindi, e la garanzia della qualità del prodotto sono indispensabili per affermare una immagine, consolidare i rapporti commerciali, far crescere le pubbliche relazioni.

Si tratta, in questa fase in cui c’è da ripensare a molte cose che prossimamente condizioneranno le azioni di marketing e, in modo particolare, il commercio, di far valere questa ed altre esperienze.


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