Mondo Enoico
Sempre più cantine investono sui wine lovers
Per il 18% delle imprese, l’attività di incoming genera oltre il 60% del profitto. Al centro delle strategie, la formazione professionale qualificata e la richiesta di una miglior gestione dei servizi pubblici
03 novembre 2025 | 13:00 | C. S.
La crescita dell’enoturismo spinge le cantine a investire, dedicando sempre più risorse umane, adeguatamente formate, per soddisfare le esigenze dei wine lovers che oggi incidono in modo determinante – tra vendite dirette, acquisto di esperienze e fidelizzazione post-visita – sui ricavi aziendali. È un fenomeno in piena espansione, quello del turismo del vino, che per la prima volta è stato oggetto di un Rapporto dedicato ai modelli di gestione, alle scelte di investimento e alla governance italiana del turismo del vino. Lo studio è stato presentato oggi a FINE #WineTourism Marketplace Italy, il primo salone italiano interamente dedicato all'enoturismo, organizzato da Riva del Garda Fierecongressi in collaborazione con Feria del Valladolid. L’evento, inaugurato nella giornata odierna, alla presenza di istituzioni nazionali e internazionali, vede la partecipazione di oltre 70 realtà, tra cantine e destinazioni, da Italia e Spagna.
Il Rapporto, curato da Roberta Garibaldi (docente all’Università di Bergamo e presidente dell’Associazione Italiana Turismo Enogastronomico) e da SRM Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo, è il frutto del coinvolgimento di un campione formato da 200 imprese, composto al suo interno da un mix di player più grandi e strutturati per arrivare fino alle micro-imprese. Il campione è stato costituito per rappresentare le realtà più attive in ambito enoturistico. “Proprio la differenziazione dimensionale, insieme a quella territoriale, rappresenta una sfida cruciale per la coesione e la competitività di un comparto che, nell’enoturismo, vede un settore maturo, ma al tempo stesso in evoluzione”, hanno commentato gli autori dello studio.
Occupati, presenze ed impatto economico
I numeri evidenziano la crescita dell’importanza e dell’impatto della vocazione turistica delle cantine. Pur essendo ancora gestito nel 63% dei casi in maniera diretta dai titolari (solo il 12% ha creato una business unit dedicata e scorporata), ormai la metà delle cantine intervistate ha dedicato all’accoglienza dai 5 ai 9 addetti e, nel 17% dei casi, si va ben oltre i dieci addetti. Il turismo rappresenta quindi oggi un core dell’azienda, in cui l’occupazione è legata non solo alle degustazioni, ma anche alle attività di ristorazione e di pernottamento – offerte rispettivamente dal 36% e dal 30% delle aziende. Il Centro Italia ed il Mezzogiorno, in particolare, arrivano a toccare il 77% di aziende che hanno più di cinque addetti dedicati all’ambito turistico, contro il 59% del Nord-ovest e il 63% del Nord-est.
Tra le attività offerte dalle cantine, ovviamente, dominano le visite, le degustazioni e i corsi di preparazione al vino, ma sono molto diffuse esperienze diversificate, sia outdoor che manifestazioni culturali (59%), e l’organizzazione di eventi e cerimonie (22%). Per le visite, le degustazioni e i corsi, nel 51% dei casi il prezzo medio applicato è compreso tra 36 e 50 euro, mentre nel 23% supera i 50 euro.
La ricchezza delle esperienze offerte e il prezzo medio mostrano che, tra le cantine che hanno puntato sull’enoturismo, siamo lontani dal mondo di dieci anni fa, quando ci si limitava alla degustazione, spesso gratuita, in quanto percepita soltanto come un mezzo per vendere il vino. E l’evoluzione avvenuta ha avuto un impatto importante in termini economici: il 49% degli intervistati dichiara un’incidenza dell’enoturismo sul profitto aziendale fino al 30%, il 33% tra il 31% e il 60% e per il 18% delle cantine oltre il 60%.
Dal confronto internazionale si evince che le cantine italiane valorizzano più efficacemente il paesaggio vitivinicolo, proponendo visite in vigneto come asset esperienziale (90% vs 61% nel mondo) e visite in cantina (+22%).
Comunicazione e promocommercializzazione
La promozione dell’offerta enoturistica aziendale passa sempre più dai social media: il 90% delle aziende utilizza Facebook e l’88% Instagram, confermando la centralità di questi canali per raggiungere il pubblico. Restano invece marginali le piattaforme più frequentate dagli under 30, come YouTube (17%) e TikTok (8%).
L’uso delle tecnologie più avanzate è ancora limitato: meno dell’1% impiega chatbot basati sull’intelligenza artificiale. Considerando 100 gli investimenti complessivi realizzati dalle aziende nell’ultimo triennio, solo l’1,2% è stato destinato a soluzioni basate sull’intelligenza artificiale e il 2,9% ai sistemi CRM per la gestione dell’offerta enoturistica.
Sul fronte delle vendite, prevalgono i canali diretti – telefono ed e-mail –, solo un quarto delle aziende si affida alle piattaforme di esperienze online e il 27% collabora con agenzie di viaggio o tour operator.
”Emergono qui temi centrali per la crescita del settore: occorre rafforzare la presenza sui canali di comunicazione più utilizzati dalle giovani generazioni – che possono trovare nell’enoturismo una via per avvicinarsi al vino - e ampliare il presidio digitale delle imprese”, afferma Roberta Garibaldi. “L’intelligenza artificiale avrà un ruolo sempre più rilevante nel guidare i processi di informazione, scelta e prenotazione delle esperienze turistiche. Oggi è necessario avere una presenza digitale diffusa, coerente ed autorevole per essere mostrati come esperienza da visitare dall’intelligenza artificiale, è necessario presidiare in modo molto più importante tutti i canali digitali”.
I visitatori
Guardando al numero dei visitatori, il 68% delle aziende ha accolto tra 100 e 2.000 visitatori l’anno, mentre solo una piccola parte (5%) ha superato quota 5.000. I turisti stranieri rappresentano poco più del 30%, mentre se analizziamo i dati medi europei, i visitatori internazionali pesano in cantina il 43%, con uno stacco netto di 12 punti percentuali. “L’Italia registra il 31,5% di visitatori stranieri, contro una media globale compresa tra 41 e 43%, generando un gap di 9,5-11,5 punti percentuali. Questo è particolarmente preoccupante, considerando che l’Italia riceve ~65 milioni di turisti stranieri all’anno e possiede un brand vitivinicolo a livello mondiale. Anche le grandi aziende italiane (32% stranieri) restano sotto la media globale, indicando un problema sistemico, non di capacità individuali. Le azioni di promozione dell’enoturismo italiano a livello internazionale sono state limitate, e questo pesa nei risultati. Vi sono limiti anche nella governance: le cantine francesi collaborano in misura massiccia con attori istituzionali (78%) e specializzati (72%), mentre in Italia si ferma al 25%, evidenziando una minore integrazione sistemica.” cosi Roberta Garibaldi.
Se analizziamo le presenze in cantina di residenti e locali, si scende al 7%, evidenziando una potenzialità inespressa. Per quanto riguarda la stagionalità, le presenze sono maggiori in primavera ed estate, con un calo di 10 punti in autunno. La Francia, al contrario, non segna questo calo, anzi, valorizza l’autunno, con la vendemmia e il foliage. In Italia solo il 23% delle cantine ad esempio offre la vendemmia didattica. “Stranieri, residenti ed autunno rappresentano potenzialità su cui anche l’Italia potrebbe investire di più per ampliare e destagionalizzare la propria offerta enoturistica.”
Investimenti
Infine, ecco il capitolo degli investimenti. Nel 2022-24, il 77% delle imprese del vino ha stanziato fondi dedicati all’enoturismo (nel settore alberghiero, per fare un confronto, la percentuale di operatori che hanno investito si è fermata al 64%) e la metà di esse ha destinato al turismo una quota compresa tra il 6 e il 15% del fatturato.
Si evidenzia, inoltre, che le imprese più grandi sono quelle che presentano una maggiore propensione ad investire, sono l’83% rispetto al 75% di quelle più piccole, ma è interessante notare che queste ultime evidenziano una maggiore intensità dell’investimento (15% del fatturato).
A livello territoriale, oltre l’80% delle imprese del Nord hanno dichiarato di aver effettuato investimenti nell’ultimo triennio, mentre nel Centro Sud la percentuale si ferma a poco meno del 70%.
“I fattori che influenzano la propensione agli investimenti nelle aziende enoturistiche - secondo Salvio Capasso di SRM - riguardano il miglioramento delle performance aziendali, l'attrattività enoturistica per i viaggiatori e il quadro regolamentare. Nelle imprese di maggiori dimensioni si considera anche la qualità e la diversificazione dell'offerta, insieme all'attenzione alle nuove esigenze dei turisti”.
Per il triennio 2025-2027, il 53% delle aziende enoturistiche dichiara di effettuare nuovi investimenti e la principale voce sarà legata all’ampliamento e alla differenziazione delle attività e dei servizi offerti. I fattori considerati prioritari, per i prossimi cinque anni, sono le attività formative per il personale e, a seguire, le tematiche della sostenibilità (riduzione dei consumi idrici e autoproduzione di energia da fonti rinnovabili).
Dalla parte pubblica, le aziende si aspettano soprattutto investimenti in politiche per la gestione dei servizi pubblici e, successivamente, il riconoscimento della figura di Hospitality Manager.
“In prospettiva – dichiara Salvio Capasso– saranno la sostenibilità ambientale, l’innovazione tecnologica e l’inclusione sociale a rappresentare le leve per un ulteriore sviluppo dell’enoturismo. Le previsioni per il prossimo triennio delineano un ottimismo cauto ma diffuso: oltre la metà delle imprese prevede nuovi investimenti e una parte consistente si attende un incremento dei visitatori e dei ricavi. Ciò indica la volontà di consolidare l’offerta e di rafforzare la competitività in un contesto internazionale sempre più dinamico e complesso. Restano alcune criticità legate al rallentamento dei consumi, alla carenza di manodopera qualificata, alla pressione normativa e alla necessità di digitalizzazione, che rischiano di frenare il pieno potenziale del settore. Le imprese chiedono alla governance pubblica stabilità, visione e strumenti di supporto concreti. Una governance capace di fare sistema tra istituzioni, imprese e comunità locali sarà determinante per assicurare uno sviluppo equilibrato e duraturo, capace di coniugare competitività e coesione sociale. In sintesi, l’enoturismo entra in una fase di crescita selettiva e qualitativa. Il futuro richiede alle imprese di coniugare investimento e visione, alle istituzioni di garantire contesto e supporto, e ai territori di costruire un’offerta sempre più integrata e sostenibile”.
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