Mondo Enoico

E’ TEMPO DI RIFLETTERE SUL TEMA VINO & COMUNICAZIONE. A VOLTE MANCANO LE PAROLE GIUSTE E IL CONSUMATORE, DISORIENTATO, NON COMPRENDE

Molti tra i termini utilizzati dal mondo enoico, quello degli addetti ai lavori, fanno scatenare nella testa dei consumatori una nebulosa di significati, rivelando con ciò una scarsa comprensione dei messaggi. Molti concetti espressi dalla pubblicità si ritorcono addirittura contro l’immagine stessa del vino, perché associati a idee negative

11 novembre 2006 | Mena Aloia

Le occasioni per parlarne o scriverne sono tante. Il tema, vino e comunicazione, è di grande interesse.
Lo scorso 21 ottobre si è svolto a Bergamo, non a caso, il convegno su “La comunicazione del vino, quella nuova”. Già, quella nuova.
Argomento attuale e senz'altro molto interessante, ancor più perché i relatori di tale convegno sono stati giornalisti e comunicatori, ovvero proprio quelli che concretamente comunicano direttamente al vasto pubblico dei consumatori.

Al di là di qualche inevitabile autorefenzialità, su alcuni dati emersi vale la pena riflettere.
Manuela Violoni, responsabile ricerca e sviluppo del Centro Studi Assaggiatori ha riportato i risultati di un test in cui si evince chiaramente che il consumatore poco comprende il lessico utilizzato nella pubblicità, come pure nei cataloghi, nelle etichette come nelle guide.
Il test è stato condotto dallo stesso Centro Studi Assaggiatori su 43 persone a cui è stata presentata una lista di parole comunemente usate per descrivere un vino ed è stato chiesto il loro significato e cosa fanno venire in mente.
Il risultato, come riferito dalla Violoni, è stato che “molti termini scatenano nella testa dei consumatori una nebulosa di significati, più o meno aderente alla vera definizione, rivelando una grande approssimatività nella comprensione. Ma, peggio ancora, molte parole, il cui concetto viene ripreso anche nelle pubblicità visive, vengono associate, o per assonanza o a livello semantico, con idee negative”.
Non è un risultato trascurabile, perché lo scopo della comunicazione è invece quello di trasmettere delle informazioni corrette, di trasmettere conoscenza al consumatore ed aiutarlo nelle sue scelte.

Dimentichiamo troppo spesso qual è il nostro interlocutore.
A dimenticarlo sono un po' tutti:
- le aziende che non danno ancora molto importanza ad una corretta ed efficace comunicazione,
- le amministrazioni locali che non riescono, nella maggior parte dei casi, a comunicare le proprie ricchezze,
- ed infine, ma non per ordine di importanza, i giornalisti che non riescono a fornire informazioni davvero utili.

Intorno al vino si è creato un alone di nobiltà che, intendiamoci, ha i suoi effetti positivi da un punto di vista del marketing, ma creare un sogno, un desiderio, uno status symbol è compito di chi deve promuovere, non di chi deve informare, e un giornalista ha proprio il compito di informare, non quello di promuovere.
Allora, quando si parla di un vino, così come di un qualsiasi altro prodotto della nostra agricoltura, è forse giunta l'ora di abbandonare l'uso di immagini di un mondo bucolico, lontano che non esiste più.

Fare un buon vino richiede talmente tanto lavoro e spirito imprenditoriale che non ci si può limitare solo alla pura descrizione del colore, ovviamente sono tutti “rosso rubino intenso” quando si parla di rossi, oppure, per i bianchi, c'è il classico “giallo paglierino”.
Basta parlare di sentori aromatici improbabili, perché chi non ha una preparazione adeguata, ovvero tutti i consumatori, le note che ricordano il peperone, la salvia, la pesca a buccia gialla o la banana proprio non riescono a percepirle.

Non è mia intenzione denigrare la professionalità degli assaggiatori, sia chiaro, i quali il loro lavoro lo fanno bene; dico solo che non si può usare un unico linguaggio, sia per gli operatori del settore che per il distratto e frettoloso acquirente del vino.
La persona comune ha bisogno di tante altre informazioni per poter davvero imparare a conoscere il mondo del vino.

Eccomi dunque perfettamente daccordo con quanto, molto brevemente, ma altrettanto incisivamente con quanto ha espresso Stefano Cantiero, giornalista TV, autore e conduttore di “Mondo Agricolo”:
“ Quello che allora importa, è la capacità di far capire visivamente perché quel vino è buono e allora subentra il retroterra della preparazione di chi esegue il servizio....Occorrono sopralluoghi, verifiche, riscontri. Comunicare il vino in tivù almeno per come lo intendo io, parte da questi presupposti: valutare le fasi produttive, che sicuramente non trasmettono i profumi, ma che possono dare un’idea dell’amore (o meno) per il vino da parte di chi lo produce”.


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