Mondo Enoico

IL LEGNO E IL VINO, DALLA BOTTE ALLA BARRIQUE

Da un lavoro di Giacomo Tachis per la Regione Toscana, indicazioni, riflessioni e informazioni per quello che è diventato un coadiuvante tecnologico per affinare le migliori produzioni

06 dicembre 2003 | R. T.

Nel passato, in cui il legno era il contenitore universale del vino, se ne faceva anche un uso spropositato e si attribuiva poca importanza non solo al suo stato d’uso e alle sue conseguenze sul vino, ma alla qualità del legno stesso, inteso come essenza legnosa. Si può dire che, almeno per quanto riguarda la Toscana, i bottai lavoravano ben più castagno che rovere e addirittura i produttori più legati alle tradizioni cercavano la botte vecchia perché, secondo loro, “faceva diventare buono il vino”.
L’enologia moderna ha determinato la scienza di impiego del legno.

La ricerca tecnico-scientifica sull’invecchiamento del vino nel legno è rivolta più allo studio dell’evoluzione, ossia delle reazioni biochimiche e organolettiche di esso durante la sua sosta in botte o in barrique, che non alla composizione chimico.organolettica dell’essenza del legno. Nel legno verde la maggior parte dei componenti, in particolar modo glucidi, esiste in uno stato di combinazione ben più complesso di quelli del legno essiccato e stagionato. Ne legno stagionato all’aria le sostanze estratte e studiate risultano dei prodotti di degradazione delle componenti medesime del legno verde, degradazione avvenuta durante la fase di essiccazione; le stesse che poi si trovano anche nelle barrique e che vengono in parte cedute al vino durante la sua sosta in esse. L’essicazione del legno nei riguardi del risultato organolettico è importantissima, specialmente per quanto riguarda la barrique, dato il più intenso rapporto superficie/volume.
Bisogna tener presente che l’essicamento del legno è la risultante di due fenomeni ben distinti: la circolazione dell’acqua nel legno e l’evaporazione dell’acqua del legno sulle parti superficiali di esso. Con lo sfruttamento di temperature elevate e aria molto secca (sistema di essiccazione ad aria calda condizionata) questo fenomeno viene accelerato, ma i processi chimici ed enzimatici di idrolizzazione , di ossidazione, di polimerizzazione ecc delle sostanze estrattive del legno vengono quasi del tutto bloccati e il corredo enzimatico distrutto. La conseguenza di questa mancata evoluzione biochimica si ripercuote sul sapore del vino quando è a contatto delle doghe, con cessioni di flavour amari, aspri, erbacei e in parte astringenti. La stessa cosa si riscontra nel caso di raschiatura delle doghe da barriques, se l’essicamento non è stato lento, ossia naturale e alla temperatura dell’atmosfera.



Esaminata al microscopio una sezione di legno di barrique nuova presenta un tessuto ad aspetto omogeneo, con fibre ben allineate, ben riunite e alveoli pieni di sostanze estrattive. Il legno di una barrique vecchia invece presenta le medesime fibre, ma molto separate le une dalle altre, a causa degli alveoli vuoti. È il segno più evidente del processo di estrazione del vino e relativa cessione della doga durante la fase di invecchiamento. Le cellule a diretto e immediato contatto del vino vengono esaurite piuttosto velocemente: gli acidi fenolici, i tannini, le cumanine prima e la lignina subito dopo, vengono estratti e facilitano poi l’estrazione ulteriore degli altri composti.

L’evoluzione del vino in barrique si può quindi concepire in due processi importanti: arricchimento per solubilizzazione e incorporazione di estrattivi, quindi concentrazione di estrattivi, e azione dell’ossigeno, unitamente a reazioni enzimatiche, nonchè contemporanea evoluzione dei costituenti polifenolici, alcoli, acidi ecc del vino stesso. La velocità di invecchiamento diventa funzione della composizione meccanica del tessuto legnoso da una parte e dell’umidità dell’aria dall’altra e persino del livello del liquido contenuto nel fusto, ferma restando la perfetta tenuta del tappo e la sua posizione a “bonde de côtè”.

Gli scambi gassosi nell’ambito della barrique avvengono per mezzo della cellulosa la quale, pur costituendo le fibre tenere del legno, conferisce resistenza meccanica e porosità che permettono l’osmosi e la dialasi, fenomeni grazie ai quali vengono a formarsi sostanze del sapore, dell’aroma e del corpo, trattenute all’interno del fusto, perché le loro molecole sono più grandi di quelle dell’alcool e dell’acqua.

Ma i fenomeni più importanti che interessano l’enologo quando invecchia il vino in fusto sono quelli riguardanti i composti fenolici del rovere, e principalmente:
-le diverse evoluzioni che essi subiscono nelle fasi di preparazione dei fusti
-la loro estrazione a fusto pieno
-l’azione reciproca fra questo e il vino
In particolare l’interesse si focalizza sui tannini idrolizzabili e condensati, sui flavonoli, sulla lignina e suoi derivati.
La quantità dei tannini aumenta con l’avanzare in età della quercia e la sua stagionatura naturale ne rallenta la solubilizzazione nel vino, come conseguenza della diminuzione di solubilità delle sostanze estrattive del legno. Perciò essi restano le sostanze legnose più facili ad estrarsi, grazie anche all’intervento del pH. Inoltre l’idrolisi di questi composti apporta un sensibile miglioramento al loro sapore, facilitando l’ossidazione delle loro funzioni fenoliche, indotte spesso in reazione di glucosidificazione. Ad esempio esteri e glucosidi dell’acido di-gallico, presenti in particolare qualora la doga non sia ben stagionata, hanno un sapore astringente e amaro, attenuato però allorché, per azione enzimatica, questo composto viene scisso in due molecole di acido gallico dal sapore più dolce e gradevole.

Bibliografia

-Tachis Giacomo, 2000 - Italia: il legno, il vino dalla botte alla barrique - Dipartimento dello Sviluppo economico, Regione Toscana

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