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Qual è il vino migliore? Anche gli esperti, talvolta, si lasciano influenzare

Il mercato del vino è un settore particolarmente interessante dal punto di vista delle neuroscienze e delle scienze comportamentali applicate. Alcuni elementi di contesto sono in grado di alterare le valutazioni delle persone, anche di intenditori e professionisti del settore

25 settembre 2015 | Giuliano Trenti

L’esperienza che si vive assaggiando un bicchiere di vino evoca emozioni, sensazioni e ricordi che modificano le nostre percezioni organolettiche. Diversi studi scientifici hanno dimostrato come, durante la degustazione, siano coinvolte alcune aree del cervello collegate alla percezione di piacevolezza che modulano dunque le nostre sensazioni di piacere. L’aspetto più affascinante di questi studi è legato al fatto che essi sono in grado di dimostrare che questa piacevolezza è influenzata in misura consistente non solo dal sapore del prodotto, ma da elementi estrinsechi, non direttamente legati al prodotto in sé. In altre parole, il gradimento può essere alterato dal tipo di informazione fornita prima del consumo. Pertanto un vino può “cambiare sapore” e diventare più gradevole se, prima di consumarlo, ci vengono date informazioni sul prodotto. Si pensi per esempio ai risultati del famoso esperimento di Plassman et. al. (2008) di cui si è già parlato in un precedente articolo, il quale dimostra come il prezzo possa influenzare il sapore percepito.

Quali altre informazioni possono variare la percezione organolettica ed, eventualmente, la disponibilità a pagare dei consumatori di vino?

A questo proposito Neurexplore, azienda con sede a Trento che fornisce servizi di consulenza nell’ambito del neuro-marketing e dell’economia comportamentale applicata, ha condotto un esperimento per valutare se l’informazione “territorio” avesse un’influenza sulle percezioni organolettiche di gradimento relative a colore e profumo, oltre che ad una valutazione generale sul prodotto. Si è inoltre considerato l’impatto della stessa informazione sulla disponibilità a pagare dei singoli soggetti. L’interesse della ricerca era dunque legato alla comprensione degli elementi cognitivi che spiegano il comportamento di scelta delle persone.

Al gruppo di partecipanti, composto in prevalenza da professionisti del settore, sono stati somministrati quattro bicchieri in cui era stata precedentemente versata la stessa quantità di un identico vino rosso. L’informazione a disposizione dei partecipanti era il territorio di produzione, indicata su apposite etichette collocate davanti a ciascun bicchiere. Nello specifico, ai partecipanti è stato comunicato che i vini erano provenienti rispettivamente da Basilicata, Trentino, Veneto e Piemonte.

I risultati hanno dimostrato che l’informazione della regione di provenienza ha modificato le percezioni dei partecipanti, evidenziando come tale effetto sia particolarmente rilevante non solo dal punto di vista del gradimento, ma soprattutto da quello della disponibilità a pagare. Infatti, alcuni territori riescono a determinare un aumento significativo – anche dal punto di vista statistico (p-value<0,05) - dell’ammontare di denaro che ogni persona è disposta a spendere. L’impatto dell’origine geografica non solo esiste, ma è misurabile e, di conseguenza, oggettivo.

In particolare, il vino giudicato migliore sia complessivamente, sia rispetto a profumo e colore, è quello piemontese (o meglio, quello che secondo i degustatori era stato prodotto in Piemonte). Coerentemente, i partecipanti hanno dichiarato di essere disposti a pagare di più per una bottiglia di quel vino.

Quali sono le ragioni alla base di questi risultati? Ma soprattutto, perché anche gli esperti del settore subiscono l’influenza di elementi di contesto?

La risposta può essere riassunta in un'unica, semplice parola: aspettativa.

Poiché i partecipanti avevano un pregiudizio in favore dei vini rossi piemontesi, sono state portate a pensare che un vino proveniente da una zona di produzione vinicola così rinomata come il Piemonte non possa che rappresentare l’eccellenza. Un’alta aspettativa di consumo scatena infatti l’attivazione di specifiche aree cerebrali, quale la corteccia orbitofrontale mediale, legate proprio alla sensazione di gradevolezza, che modulano il piacere provato durante il consumo.

Le implicazioni di questi risultati per il business sono di grande importanza e la loro importanza in termini operativi è evidente, perché evidenziano come la costruzione di una immagine territoriale possa creare dei pregiudizi che vanno a plasmare pesantemente le percezioni di chi gusta il prodotto.

Ma accade solo con l’informazione regionale? La risposta è no: accade la stessa cosa con i brand aziendali, il packaging e molto, molto altro.

Per questo motivo il mondo della ricerca neuro-scientifica e comportamentale e quello dell’impresa, in particolare quella operante nel settore agroalimentare, dovranno sempre più a intrecciarsi per imparare a comunicare, con l’obiettivo di utilizzare a proprio favore queste conoscenze e progettare nuove strategie basilari per il successo di lungo periodo sia in Italia, sia – e forse soprattutto - all’estero.

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