Mondo Enoico
Nuove prospettive di lotta contro la flavescenza dorata della vite

Oggi la ricerca sta puntando soprattutto su resistenza genetica e resistenza indotta. Nuovi vitigni sono all'orizzonte ma la vera sfida è "risanare" le aree infestate dai vigneti in abbandono che sono le sorgenti di infezione di importanza primaria
23 settembre 2015 | Maurizio Conti
La Flavescenza dorata della vite (FD) , segnalata in Italia fin dal 1973, ha assunto importanza economica a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso diffondendosi in forma epidemica nell’Italia settentrionale ed in parte di quella centrale. L’improvviso incremento di virulenza è stato attribuito principalmente alla comparsa di nuovi isolati del fitoplasma agente della malattia (FD-C e –D, in particolare) dotati di maggiore potenziale di diffusione e patogenicità verso l’ospite.
Il piano di lotta contro FD, stabilito con Decreto Ministeriale del 31 maggio 2000 e tuttora vigente, è fondato sostanzialmente sull’eradicazione delle piante infette e su trattamenti insetticidi contro l’insetto vettore (la cicalina Scaphoideus titanus) programmati in funzione del rischio di infezione.
In pochi anni tali interventi hanno sortito risultati soddisfacenti nel Triveneto ma non nelle regioni nord-occidentali della Valle Padana, particolarmente nel Piemonte, che è tuttora la regione colpita più gravemente, soprattutto nella provincia di Asti e in qualche area del Cuneese. L’insuccesso della lotta in queste località è dovuto a vari fattori, tra i quali predominano il drammatico spopolamento delle campagne, l’estrema frammentazione del terreno coltivabile e l’ abbandono di molti vigneti, anche di modesta estensione, che divengono centri di moltiplicazione di FD e dell’insetto vettore in seguito al proliferare incontrollato delle viti portainnesto originarie.
Nel ricercare nuove strategie di lotta, l’attenzione si è concentrata recentemente su resistenza genetica e resistenza indotta. Nel primo caso, la ricerca di geni di resistenza o tolleranza in atto presso varie Istituzioni scientifiche ha fruttato primi risultati conoscitivi ma non ancora applicazioni pratiche. Nel secondo caso sono in corso indagini avviate con l’individuazione di vitigni non sintomatici all’interno di vigneti gravemente affetti da FD e quindi identificando e isolando in laboratorio i microrganismi simbionti delle loro radici. La capacità di contrastare gli esiti dell’infezione da FD di detti microrganismi è stata poi saggiata sia individualmente che in loro combinazioni assortite. Le specie di interesse sono state poi moltiplicate in condizioni controllate, in laboratorio, e utilizzate per allestire fertilizzanti biologici da applicare alle piante di vite. La sperimentazione in pieno campo di alcuni prodotti è già in atto.
Qualora, per una via o per l’altra, cultivar di vite resistenti o tolleranti alla FD fossero ottenute - come vi è da augurarsi - è però fondamentale che prima di procedere a diffonderle in pieno campo si provveda a ‘risanare’ le aree infestate dai vigneti in abbandono che, si ribadisce, sono le sorgenti di infezione di importanza primaria. L’eradicazione di questi incolti, ovunque necessario e quanto più accuratamente possibile, ridurrebbe infatti la ‘pressione di infezione naturale’ della malattia che, se lasciata agli attuali livelli, potrebbe facilmente indurre la selezione di nuove varianti del patogeno capaci di superare la resistenza introdotta nella Vite e quindi di cancellare in breve tempo il lavoro svolto.
Fonte: Accademia dei Georgofili - georgofili.info
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