Mondo Enoico
La fillossera della vite preoccupa nuovamente il mondo viticolo
A volte ritornano. La generazione fillofaga ha fatto la sua ricomparsa in maniera sempre più accentuata in molti areali, anche italiani. A rischio potrebbe esserci la tolleranza dei portainnesti americani, anche grazie ai cambiamenti climatici. In Francia, durante il sesto simposio mondiale sulla fillosssera della vite, si è deciso di riprendere a pieno ritmo le sperimentazioni su nuovi metodi di lotta
06 novembre 2013 | R. T.
La Francia ha deciso di riattivare la propria ricerca sulla fillossera della vite, dopo anni di assoluta dimenticanza. In effetti la bibliografia recente su Daktulosphaira vitifoliae, questo il nome scientifico della fillossera, si può contare sulle dita di una mano.
Poco, troppo poco per un insetto che comincia a destare qualche nuove segnale di preoccupazione.
Secondo Peter Schwappach, dell'Istituto bavarese per la viticoltura, “qualora la tolleranza dei portinnesti attualmente in uso dovesse venire meno, cosa che peraltro in alcuni luoghi è già accaduta, sarebbe molto difficile trovare in breve tempo nuove varietà con le stesse performance”.
Il fattore chiave è la tolleranza dei portainnesti americani nei confronti della generazione radicicola dell'afide, una tolleranza su cui hanno vissuto, dalla fine del 1800, generazioni di viticoltori.
Oggi, però, i cambiamenti climatici in atto potrebbero portare a sorprese, come mutazioni dell'insetto anche grazie alle sempre più frequenti generazioni fillofaghe, con segnalazioni sempre più frequenti di attacchi, al momento non preoccupanti, in molti areali viticoli, anche italiani.
Il ciclo biologico della fillossera è infatti particolarmente complicato e mai studiato approfonditamente da quando è stata rilevata la tolleranza delle viti americane. E' noto, però, che il ciclo biologico può cambiare a seconda dei fattori climatici. L'intensità dell'attacco dipende dal rapporto tra neogallecole radicicole e quelle gallecole, rapporto che tende ad aumentare nel corso dell'estate. E' proprio su queste nuove generazioni radicicole che si sta concentrando l'attenzione, potendo più facilmente mutare grazie alle condizioni climatiche favorevoli che portano a sviluppare diverse generazioni nel corso di una stessa estate. Ancor oggi non si comprende però appieno il passaggio da ciclo fogliare a ciclo radicicolo, come sottolineato da Nathalie Ollat, genetista specializzata nei portinnesti della vite e Louis Bordenave, responsabile dei test di valutazione della fillossera presso l'Inra francese. E questo è un vulnus molto pericoloso. Fino ad oggi, infatti, grazie a condizioni meteo favorevoli, a colpire la radice dei portainnesti americani, era soprattutto la generazione radicicola svenrante, operante un paraciclo, tendenzialmente meno propensa a mutare.
Da che esiste la metodica del Dna, sono state poche le indagini, in giro per il mondo per capire le specificità genetiche delle sub specie di fillossera esistenti sul nostro pianeta e di come, eventualmente, un loro incrocio, possa creare un nuovo afide capace di procurar danni anche sulle viti americane.
In Europa, tra le Università più attive, vi è quella di Vienna. “Quando parliamo di fillossera ai viticoltori qui in Austria, ad esempio, riscontriamo la generale tendenza a negare che il parassita sia presente o possa costituire ancora un pericolo. Le nostre osservazioni, però, dicono che esso è presente, soprattutto laddove le vigne vengono abbandonate e i portinnesti vegetano offrendo alla fillossera nuovi habitat e la possibilità di diffondersi più facilmente anche per via fogliare” afferma Astrid Forneck, responsabile del gruppo di ricerca sulla fillossera presso l’università di Vienna.
Proprio l'abbandono delle vigne, o la loro minor cura, anche solo per ridurre i costi di coltivazione, può insomma procurare guai nel medio lungo termine, come sanno bene gli australiani che infatti hanno avviato da tempo programmi di monitoraggio genetico delle varie popolazioni di fillossera.
Anche la Francia, da qualche anno, ha deciso di riattivare, presso l'Inra, una linea di ricerca sulla fillossera che, qualche tempo addietro, aveva dato interessanti spunti per un controllo dell'insetto grazie ai nematodi. L'Università di Vienna sta lavorando invece nel contrasto alla fillossera grazie a batteri e l'Ungheria sui funghi.
Si cercano, insomma, nuove vie, oltre a quella dei portainnesti, anche perchè, nel caso di una mutazione e di nuovi focolai, occorrerebbe dare ai viticoltori soluzioni in tempi rapidi, che non prevedano l'espianto della vigna, soluzione invece obbligata alla fine del 1800.
Gli studi genetici sulla fillossera permetterebbero anche di indviduare i meccanismi di difesa/tolleranza più efficaci, così selezionando nuovi ibridi che potrebbero essere efficaci portainnesti.
Non è ancora il caso di creare allarmi ma il mondo scientifico si sta mobilitando sul problema anche perchè alcuni dei rimedi efficaci, proposti nei decenni passati, non sono più proponibili. Infatti il principio attivo che, singolarmente o in miscela, forniva buoni risultati con trattamenti invernali era il DNOC, non più in commercio in Italia dal 31 marzo 2000. Allo stesso modo risultavano efficaci le fumigazioni con bromuro di metile, non più utilizzabile dal 18 marzo scorso. Resta la possibilità di utilizzare altre tecniche di geodisifenstazione ma di efficacia non provata.
Non è un caso allora che l’Institut des Sciences de la Vigne et du Vin (ISVV) di Villenave d’Ornon, nei pressi di Bordeaux, ha ospitato alla fine di agosto 2013 il sesto simposio internazionale sulla fillossera della vite.
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