Mondo Enoico

Contenuto fenolico e influenza di pratiche in campo e in cantina

E' noto che esiste una correlazione tra il tenore in polifenoli e il colore del vino, oltre alla stabilità ossidativa. La scienza enologica si sta sempre più concentrando su questi composti

16 febbraio 2013 | Ernesto Vania

Negli ultimi anni il colore del vino ha assunto una sempre maggiore influenza sulle scelte del consumatore, tanto da essere ormai considerato complementare all'aroma. Certo, le preferenze sul colore, oltre ad essere soggettive, variano nel tempo, in ragione di trend, di mode, di fenomeni di costume.

Ecco perchè diventa importante, per i produttori, dominare questa variabile, offrendo ai consumatori la tonalità preferita, senza compromettere aroma e stabilità ossidativa.

Attualmente la sfida per tutti gli enologi è creare vini leggeri, ma strutturati, di colore intenso ma con tannini dolci.

Per far questo occorre conoscere molto bene la chimica dei vini, con particolare riferimento all'evoluzione dei polifenoli, che sono instabili per natura, dando luogo a notevoli variazioni nel tempo: aggregazioni, polimerizzazioni, copigmentazione.

Come regola generale, è noto che il contenuto fenolico di vini rossi diminuisce con l'invecchiamento, a causa della precipitazione e degradazione della componente fenolica, con conseguente perdita dell'intensità del colore.

Due le principali tecniche più utilizzate in cantina per aumentare tenore fenolico e stabilità ossidativa: macerazione idroalcolica delle bucce e utilizzo dei chips di legno.

Uno studio spagnolo ha evidenziato come queste due tecniche non abbiano però gli stessi effetti, nel tempo.

Infatti il semplice utilizzo dell'una o dell'altra tecnica ha mostrato risultati, misurati come IC (intensità di colore) assai minori rispetto all'utilizzo sinergico delle due nel breve-medio periodo, ovvero fino a 8 mesi di conservazione. Per periodi di conservazione più lunghi, fino a 16 mesi, la minore efficacia lo ha mostrata il semplice utilizzo della macerazione delle bucce, ancor più evidente a due anni dalla produzione.

Ne consigue, secondo il team di González-Lara, che il migliore risultato, anche in ragione di una stabilità ossidativa nel tempo, si ha con l'utilizzo della macerazione delle bucce e dell'utilizzo dei chips, in combinazione.

Non è tuttavia possibile intervenire solo in cantina per aumentare il tenore fenolico. L'utilizzo dell'irrigazione può influenzare molto la composizione e quindi la stabilità ossidativa. Com evidenziato da uno studio congiunto dell'Università di Stellenbosch (Sud Africa) e dell'Australian Wine Research Institute, uno stato di deficit idrico porta a un aumento significativo del contenuto di antociani e flavonoidi nei frutti. La conseguenza è stata che viti non irrigate hanno portato ad ottenere vini con un più alto tenore di antociani e flavonoidi. Non solo un livello più elevato di antociani e flavonoidi, con quindi un vino con una maggiore intensità di colore, ma anche dotato di una più elevata stabilità ossidativa. Infatti è stato dimostrato che molti di questi composti pigmentanti sono resistenti al bisolfito, rendendo più stabile il colore anche per 18 mesi.

 

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