Mondo Enoico 26/03/2005

CONCIMAZIONE DELLA VITE, TRA PROFONDI CAMBIAMENTI TECNICO-OPERATIVI E EMPIRISMO. QUANDO APPORTARE GLI ELEMENTI NUTRITIVI? QUANTI SOMMINISTRARNE E SOTTO QUALE FORMA?

Da quando si pensava che la primavera, prima del germogliamento, fosse il momento ideale per distribuire un fertilizzante ternario e non pensarci più, molta strada è stata percorsa. Si guarda sempre più al rendimento qualitativo, fruendo di informazioni precise. Analisi del suolo e diagnostica fogliare sono strumenti indispensabili


La concimazione di produzione è sicuramente quella pratica agronomica che, insieme alla scelta varietale e ai portainnesti, ha subito più profondi cambiamenti tecnico-operativi.
Inoltre tra tutte le tecniche colturali viticole, la concimazione di produzione presenta all’agricoltore, tutti gli anni, scelte difficili: quando apportare gli elementi nutritivi? Quanti somministrarne e sotto quale forma?

Qualche anno fa, la primavera rappresentava l’epoca nella quale il viticoltore doveva, in qualsiasi modo e caso, concimare le proprie viti apportando magari in un unico passaggio un concime ternario composto da azoto, fosforo e potassio, quindi un passaggio di erpice e non vi pensava più fino alla campagna successiva.
Oggi, per i produttori più evoluti, non sempre è così.
Molto importante per il viticoltore è l’analisi del terreno che deve essere consultata ogni qualvolta sorgono dubbi. Non si può infatti prescindervi, neanche dopo il calcolo delle asportazioni e delle varie perdite, dovute principalmente alla natura del terreno e dalle variabili ambientali.



La concimazione va riferita sempre al rendimento qualitativo ovvero non dobbiamo stimolare lo sviluppo vegetativo a scapito della qualità del prodotto finito, il vino.

L’azoto che per antonomasia rappresenta proprio l’elemento simbolo dello stimolo vegetativo, è oggi il fattore più discusso nella moderna concimazione.
Il suo apporto dovrebbe essere frazionato in tre momenti: una parte (25% del totale) subito dopo la vendemmia, una seconda (40% del totale) dopo il germogliamento e l’ultima (35% del totale) dopo l’allegagione, questa in particolare andrà eseguita con nitrati, ovvero concimi a pronto effetto.
L’apporto di azoto deve variare anche in rapporto al tipo di vigneto ovvero in un vigneto vigoroso, come una grande maggioranza dei vigneti vecchi innestati su portainnesti vigorosi, come il Kober 5BB, apportare azoto significa indurre ancora di più lo stimolo vegetativo a scapito della produttività. In questo tipo di vigneto l’azoto potrebbe essere dato anche ad anni alterni.

Come d’uso potassio e fosforo nel periodo vengono apportati nel periodo autunnale, subito dopo la vendemmia.
Il fosforo non viene richiesto in grandi quantità (vedi tabella asportazioni) dalla vite, che invece è molto esigente di potassio. Proprio quest’ultimo rappresenta l’elemento indispensabile per l’accumulo di zuccheri. Di solito viene distribuito tutto in autunno sotto forma di solfato di potassio, includendo anche il magnesio (solfato di K magnesiaco).
Sebbene la concimazione al suolo possa risultare sufficiente, è utile tenere anche in considerazione l’opportunità di fertilizzazioni fogliari a base di potassio durante il periodo estivo in concomitanza con lo sviluppo dei frutti e dell’invaiatura del grappolo.
Usata in passato per sopperire ad una carenza, la concimazione fogliare della vite, è oggigiorno usata come normale tecnica di somministrazione di elementi nutritivi a completamento della concimazione di produzione data al terreno.
Grazie ad un adeguata analisi fogliare e peziolare è possibile fornire alla pianta elementi nutritivi adeguati ai consumi previsti.

A completamento delle operazioni di concimazione, un operazione ancora usata è la pratica del sovescio, in particolare di leguminose.
Quando si parla di favino, lupino e simili il pensiero corre subito all’azoto, allo sviluppo vegetativo, alla cattiva produzione.
Tale pratica agronomica non deve però essere intesa unicamente come apporto di elementi nutritivi, azoto in particolare, ma ragionando in funzione dei vantaggi che le leguminose possono offrire alle caratteristiche fisiche del terreno, l’aumento della sostanza organica nel suolo ha effetti sulla capacità di ritenzione idrica, nei terreni sabbiosi se ne aumenta la portanza e nei terreni argillosi si migliora la struttura.
La tecnica del sovescio prevede la semina di circa 80 Kg di seme per ettaro nel periodo autunnale e l’interramento della massa verde nel periodo primaverile in concomitanza con l’inizio delle lavorazioni ordinarie del vigneto.

Per concludere possiamo affermare che quando la concimazione del vigneto è divenuta una pratica più scientifica e meno empirica, più attenta alle reali esigenze nutritive di uno specifico impianto è anche migliorata la qualità delle uve prodotte e quindi del vino. Sono stati fatti realmente molti passi avanti rispetto a qualche decennio fa.

di Lorenzo Brugali