Mondo Enoico
Ridurre il contenuto di ammine biogene nel vino
L'attenzione alla salute sta portando gli importatori di alcuni paesi a imporre limiti sempre più restrittivi. E' possibile intervenire attraverso estratti di funghi e quindi in maniera naturale?
05 maggio 2012 | Ernesto Vania
Le ammine biogene sono conosciute dai tempi di Ippocrate come responsabili di problemi fisiologici per l'uomo.
Fra queste sostanze, l'istamina, responsabile di reazioni allergiche e di mal di testa, è quella maggiormente determinata a livello di laboratori di controllo. In Olanda, vini contenenti più di 3,5 mg/L di istamina sono stati rifiutati dagli importatori. In Svizzera è stato fissato un tasso massimo di 10 mg/L.
Numerosi studi condotti su vini prodotti in diversi Paesi europei hanno evidenziato che la fermentazione malolattica è da ritenere la fase più critica per la produzione di amine biogene, sostanze che si formano in seguito alla decarbossilazione degli aminoacidi precursori per opera dei batteri lattici e che, essendo biologicamente attive sul sistema nervoso e vascolare, possono provocare nell'uomo mal di testa, rossori, palpitazioni e diverse reazioni allergiche in funzione della loro concentrazione e della sensibilità individuale.
La formazxione di ammine biogene si evita con l'utilizzo di uve sane e una fermentazione veloce. Accanto alla temperatura di fermentazione e al contenuto in sostanze nutritive del mosto, il pH svolge un ruolo decisivo e dovrebbe essere inferiore a 3,6.
Vi sono poi studi che dimostrano come un contatto prolungato con i lieviti (batonnage) dopo la fermentazione alcolica causi un aumento del contenuto di ammine.
Ma come diminuirle se fossero presenti in maniera eccessiva?
Uno spiraglio ci viene offerto da una ricerca spagnola del Consejo Superior de Investigaciones Científicas.
E' stato infatti riscontrato come alcuni funghi normalmente presenti nell'ecosistema viticolo siano in grado di ridurre il contenuto di ammine. E' stato riscontrato come specie di Pencillium citrinum, Alternaria sp., Phoma sp., Ulocladium chartarum e Epicoccum nigrum abbiano mostrato un'alta capacità di degradazione delle ammina.
I ricercatori si sono però concentrati su P. citrinum CIAL-274, 760 (CECT 20.782), coltivandolo su un substrato contenente istamina, tiramina e putrescina. Sono stati quindi condotti dei test su vini bianchi, rossi e sintetici volti a determinare la capacità di degrado delle ammine.
"Il trattamento consiste nell’impiego di estratti enzimatici del fungo Penicillium citrinum. Questo fungo proviene dalla vite, per cui la materia prima utilizzata per l’elaborazione del vino è anche fonte naturale del principio attivo", ha spiegato Victoria Moreno-Arribas.
Il ceppo di P. citrinum individuato dai ricercatori iberici è in grado di degradare alte concentrazioni di istamina, tiramina e putrescina, tre delle ammine biogene più abbondanti nei vini.
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