Mondo Enoico
Luce verde per il vino biologico ed è già polemica
Il Comitato per la produzione biologica dell'Unione europea ha dato il via libera alla definizione di vino bio fin dalla prossima vendemmia ma piovono le critiche per un provvedimento troppo lassista
11 febbraio 2012 | R. T.
Il Comitato per la produzione biologica dell'Unione europea ha integrato la definizione "vino biologico" all'interno del quadro normativo comunitario, andando così a colmare una lacuna del regolamento CE 834/2007.
Dopo il voto nel Comitato permanente, il commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, Dacian CioloÈ, ha dichiarato: “Sono lieto che sia stato infine raggiunto un accordo su questo tema. Era infatti importante fissare norme armonizzate al fine di garantire un’offerta chiara ai consumatori, che sono sempre più interessati ai prodotti biologici. Constato con piacere che le norme adottate stabiliscono in modo trasparente la differenza tra vino convenzionale e vino biologico – come è il caso per altri prodotti biologici. In tal modo si dà ai consumatori la certezza che un “vino biologico” sia stato prodotto applicando norme di produzione più rigorose.”
Grazie alle nuove norme è possibile garantire una maggiore trasparenza e permettere un migliore riconoscimento da parte dei consumatori. Dette norme contribuiranno non soltanto a facilitare il funzionamento del mercato interno ma anche a rafforzare la posizione che i vini biologici dell’UE detengono a livello internazionale, dato che molti altri paesi produttori di vino (USA, Cile, Australia, Sudafrica) hanno già stabilito norme per i vini biologici. Questo atto legislativo completa la normativa in materia di agricoltura biologica dell’UE, che riguarda ora tutti i prodotti agricoli.
Se, fino a oggi, era possibile etichettare solo come "vino ottenuto da uve biologiche", dalla vendemmia 2012 sarà utilizzabile la definizione "vino biologico", con l'utilizzo del logo europeo e indicazione dell'organismo di certificazione.
Anche per i prodotti ottenuti nelle vendemmie passate, purchè sia dimostrrabile e certificabile il rispetto dei disciplinari attuali, sarà utilizzabile la dicitura vino biologico e il logo europeo.
Grande soddisfazione per questo passo avanti ma poca soddisfazione per alcuni elementi normativi che lasciano perplessi gli operatori del settore.
"La percentuale di anidride solforosa ammessa - sottolinea il segretario Assobio Roberto Pinton - è elevata, e cioè di 100 mg/l per i rossi (è 150 mg/l sul convenzionale) e di 150 mg/l per bianchi e rosati (è 200 mg/l sul convenzionale). Per gli spumanti si va dai 155 mg/l (contro 185 mg/l sul convenzionale) per i DOC e IGT, a 205 mg/l (contro i 235 mg/l) per gli altri. Si può arrivare a 270 mg/l (contro i 300 mg/l per il convenzionale) per Loazzolo, Alto Adige e Trentino passiti o da vendemmia tardiva, per il Colli orientali del Friuli Picolit e il Moscato di Pantelleria, a 370 mg/l (contro i 400 mg/l del convenzionale) per l'Albana di Romagna passito; ci limitiamo a segnalare le deroghe per i vini italiani (nelle diverse categorie sono presenti numerosi vini esteri). La riduzione dell'anidride solforosa è talmente limitata da non poter probabilmente essere spesa per la promozione del prodotto, che dovrà concentrarsi sugli aspetti ambientali e agricoli. Parte delicata è la previsione che, a fronte di condizioni climatiche eccezionali che conducano a una vendemmia con significativi problemi batterici o fungini, l'autorità nazionale competente possa autorizzare l'uso di solfiti fino alla soglia massima ammessa nei vini convenzionali. Sarà necessario vigilare sul fatto che al di là delle Alpi le deroghe non siano generalizzate e costanti, ma soltanto una tantum e riferite ad aree geografiche ben circoscritte e limitate”.
Approfondendo, il segretario di Assobio evidenzia come neppure l'ammissione delle resine a scambio ionico, dell'osmosi inversa, del riscaldamento fino a 65/70 gradi (ma non della crioconcentrazione), tutte prassi diffuse nell'enologia convenzionale, siano particolarmente utili per promuovere il vino biologico.
“E' previsto che i tannini debbano essere bio, ma non i chip di quercia (l'uso dei quali è da qualche anno ammesso nella produzione di vino in genere con funzione aromatizzante che simula l'affinamento in barrique: invece di mettere il vino nelle botti, si mettono le botti nel vino, con un processo che a tutti gli effetti è di infusione). Dato che anche sulle querce si ricorre a trattamenti (contro insetti defogliatori, xilofagi e funghi), non sarebbe stato inopportuno – conclude Pinton - prevedere che le essenze di provenienza dei chip non fossero state trattati con sostanze non ammesse in agricoltura biologica e che fosse richiesta quantomeno una dichiarazione del fornitore sulla situazione dei boschi di prelievo (non limitrofi a fonti di inquinamento quali inceneritori, discariche o centrali nucleari)."
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